«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
SOLARIS
Stanislaw Lem
Traduzione di E. Bolzoni
Mondadori 2003
Leggere “Solaris”, di Stanislaw Lem, produce un’emozione profonda, accende un battito sotterraneo, un’inquietudine che s’incanala sottopelle.
Farlo dopo tanti anni dalla visione del film di Tarkovskij, che per altro Lem disprezzò, ma che in generale è stato acclamato, rimescola ricordi lontanissimi, persi nel buio della memoria, con il mistero, il sapore dell’inconoscibile che sprigiona dalle pagine.
Solaris è unanimemente giudicato, da cinquant’anni, un capolavoro della fantascienza e su questo non c’è molto da aggiungere.
Certo, gli anacronismi emergono, “attendeva che si scaldassero le valvole”, non esiste neppure un computer nella stazione spaziale che fluttua sfiorando la superficie dell’oceano di Solaris, solo macchinari assortiti.
Ma che importa? A qualcuno importa? Forse, non so, lo si può leggere in molti modi.
Però il motivo per cui Solaris rimane un capolavoro anche oggi, continua a essere quell’oceano plasmatico dotato di vita, imperscrutabile, inconoscibile, incomunicabile, eppure potente, tanto sottile e onnipresente da guardare nei tre astronauti come fossero oggetti di vetro, leggervi anche ciò che loro stessi non sanno di conservare.
I pensieri si fanno copie di una realtà che man mano si riempie di nuova realtà, si fanno copie di persone e sempre più diventano persone reali, fino a riempirsi di vita, fino ad amare e a morire.
È un libro profondo Solaris, su ciò che non conosciamo, né mai conosceremo, quali figli di un Dio imperfetto.
fa parte della mia Libri & Genia, frammento di DNA che mi farebbe identificare “on the spot”, nessuno finora ha raggiunto Lem nella descrizione di cosa potrebbe divenire un Cervello staccato da un corpo, finalmente libero di evolversi, postilla: unico libro letto più volte, perché “mi fa qualcosa”, è difficile spiegarlo, ma agisce oltre la soglia della mia consapevolezza… e per dilungarmi: induce uno stato alterato di coscienza. Eleanor
Hai ragione, è un libro al quale ripenso spesso, uno di quelli che ritornano, purtroppo Solaris, e anche Lem, sono stati ingessati nella narrativa di genere; è un peccato.