2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

E adesso, pover’uomo? – Hans Fallada

E ADESSO, POVER’UOMO?
Hans Fallada
Traduzione M. Rubino
Sellerio 2008

Bruttino, troppo lungo, inutile e soprattutto causa di ultranoia sonnolenta.
“E adesso, pover’uomo?”, libro del 1932, è come il titolo: in tono minore. La storia, i personaggi, la costruzione, i dialoghi e l’idea stessa che l’autore sviluppa, tutto in tono minore.
Poi, se a qualcuno piace quella forma di sonnolenza insidiosa che scivola dagli occhi al cervello e causa una sorta di coma delle funzioni cerebrali, allora questo fa per lui o lei.
Non mi dilungo sul libro, invece, dico un’altra cosa, che è il vero motivo di questo commento.

Le due prefazioni.
Sì, perchè ci sono ben due prefazioni. E non due prefazioni sciacquetta, ma di pesi massimi come Beniamino Placido e Ralf Dahrendorf.
Roba che quando vedi i nomi, ti tiri un po’ su composto e pensi “Ah! Leggere con attenzione”.

Cosa dicono i due.
Più o meno la stessa cosa.
Che si tratta di un testo finalmente ristampato dopo lunga e dolorosa assenza.
Che all’epoca della pubblicazione, si era in piena Germania di Weimar, ebbe grande successo di pubblico.
Che l’autore, Hans Fallada, uno pseudonimo, fu interprete di primo piano di una nuova corrente letteraria, il Nuovo Oggettivismo, parente stretto del neorealismo, che si proponeva di parlare dei borghesi, in crisi, sempre più miserabili e avviati verso un destino fosco.

Certo, in retrospettiva tutto torna, il nazismo che attecchiva proprio tra quei borghesucci malandati, il tramonto di una società, i sintomi della catastrofe etc. etc.
In retrospettiva tutto ha un senso (“del senno di poi son piene le fosse”, come dice anche il blog), tutto si giustifica e si dispone in bell’ordine, e a tutto si assegna un valore. Anche a “E adesso, pover’uomo?” di Hans Fallada.

Invece per me ne ha ben poco, per quanto ne dicano Dahrendorf e Placido (anche se, rileggendole le due prefazioni, un certo stile didascalico da compitino del bravo recensore, forse si avverte, ma potrebbe benissimo essere l’ennesima fossa che si riempie).
In fondo, si dice che “i tempi cambiano, ma i difetti restano”, quindi come i nostri odierni best-seller sono per lo più spazzatura, anche nella Berlino del 1932, pur facendo tutti i distinguo, i best-seller forse non erano tutti dei capolavori, ma dei libretti di un qualche gusto adatti a lettori di poche pretese.
E, sempre premettendo un forse, per parlare della crisi dei borghesi tedeschi e descrivere le miserie della quotidianità non c’era bisogno di fondare un movimento letterario; di avanguardie ce ne sono sempre state molte, soprattutto in quell’epoca, ma ben poche hanno prodotto capolavori.

Mi sono fatto fregare dalle due recensioni.
Regola: mai fidarsi delle recensioni.

3 commenti su “E adesso, pover’uomo? – Hans Fallada

  1. Jonuzza
    30 dicembre 2012

    Fallada ha scritto il libro più triste che abbia mai letto “Ognuno muore solo”

    • 2000battute
      30 dicembre 2012

      Non l’ho letto, ora sono curioso di scoprire questo libro tristissimo.

  2. Stella Bonavolonta'
    27 aprile 2012

    Una recensione che non avrebbe potuto essere diversa da come e’ trattandosi di un libro scelto e letto nonostante titolo ed immagine di copertina urlassero “non mi leggere, non mi leggere”. Una leggerezza imperdonabile aver trascurato i codici scelti dall’autore per richiamare il pubblico a cui intendeva rivolgersi.

    La sottoscritta, che comme d’habitude commenta recensioni di libri che NON ha letto, sceglie le proprie letture non tanto dando credito a recensioni o prefazioni (per quanto di autori illustri) ma piuttosto secondo i propri agiti. Si avvale cioè, nella fattispecie si ammanta, di una presunta sensibilità o chiaroveggenza che le permettono di sottrarsi a letture noiose.
    Questione di fortuna? Certo che no, trattasi di intuito: con quel titolo e quell’immagine, non avrebbe potuto trattarsi che di un libro soporifero se non mortifero: un libro povero, che non vibra.

    Nell’immagine di un pannello promozionale delle Wordsworths Editions di molti anni fa compare un libro aperto il cui titolo e’ “You can bring a book everywhere & viceversa”.
    Ebbene, il nessun luogo ove potrebbe condurmi questo libro non e’ un luogo che mi attira.

    Di pancia, dunque, non posso che condividere la recensione ma non posso esimermi da notarvi, ancora una volta, una mancanza, una trascuratezza: possibile che l’Autore non abbia colto la somiglianza fra l’epoca in cui si svolge la narrazione ed i suoi interpreti, con le vicende di Palazzo d’oggigiorno?
    Eppure nel suo commento accenna ad una piccola borghesia velleitaria e cieca che inneggia ad un Potere che non le appartiene ne’ le apparterrà, ma che finirà con l’abbandonarla alle miserie di un quotidiano deprivato del futuro.
    Dunque a questo libretto non viene data alcuna chance? Forse per davvero non la merita, ma limitarsi ad una lettura annoiata che non cerca altri piani di interpretazione e’ invero una perdita di tempo.

    Dunque auguro buona lettura a chi ricerchi l’obnubilamento dei sensi; di certo non la scrivente :D
    Stellasempredifretta

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Questa voce è stata pubblicata il 24 aprile 2012 da in Autori, Editori, Fallada, Hans, Sellerio con tag , , .

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