«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
PAROLE IN CAMMINO
Eduardo Galeano
Traduzione di M. Trambaioli
Sperling & Kupfer 2006
Questo non è certo il libro più importante della produzione di Eduardo Galeano, nè il più incendiario, nè il più militante, nè il più poetico, nè il più complesso, nè quello che urla delle vene squarciate del Sudamerica e neppure quello dove la sua voce forte echeggia nella stanza, mentre leggi le sue parole.
È un piccolo libro.
Solo un piccolo libro, pieno di piccole storie.
E anche disegni, anzi incisioni, di José Francisco Borges, che non sapete chi è, ma tra poco ve lo dico.
Ma che razza di piccole storie sarebbero quelle di questo piccolo libro? Sono storie fatte di parole in cammino, Las palabras andantes, storie che viaggiano, con la loro carovana di parole, senza una meta, senza un motivo, senza un capo né una coda, senza importanza, senza voler insegnare, senza neppure voler essere vere, ma neanche false, insomma, non ci dovete credere, ma neppure dire “Ehi tu, storia, ma questo mica è vero!”
E quindi?
Perché forse una storia fatta di palabras andantes deve essere o vera o falsa?
Andancio vagabondava sulla Terra e alla fine divenne il mais.
Felicindo si mise la maschera che la vecchia gli porse. E divenne il Diavolo. Ma lui lo sapeva che quello era un problema che avevano tutti.
Cantalicio fece una barchetta con un tovagliolo di carta e provò a scappare. Ma Dolores lo riacciuffò mentre scendeva lungo il fiume.
E la storia degli abitanti della Luna? Riempirono il nonno di musica e la notte il suo corpo suonava. Quando morì non ci fu più la musica.
Sono piccole storie, così, come noi non siamo più capaci di raccontare.
E adesso vi dico chì è José Francisco Borges.
Sono andato nel suo laboratorio per chiedergli di lavorare insieme. Gli spiego il mio progetto: immagini sue, la tecnica d’incisione, e parole mie. Lui tace mentre io continuo a parlare, a spiegare. Ma lui niente.
E continuiamo così, fino a che me ne rendo conto: le mie parole sono vuote. Sto battendo sul tasto sbagliato. Ciò che non è reale non si spiega, non si comprende: si percepisce, si palpa impercettibilmente. E allora smetto di spiegare e inizio a raccontargli. Gli racconto storie di orrore e di delizie che voglio scrivere, voci raccolte per strada e sogni a occhi aperti, realtà farneticate e deliri realizzati, parole erranti che ho trovato o che mi hanno trovato.
Gli racconto le storie, e così nasce questo libro.
Come disse Gregorio, l’ultima volta che ci incontrammo, anni fa: “Conosci Eduardo Galeano? Leggilo, è uno dei pochi rimasti che vale sempre la pena leggere”.
Una voce come la sua in questo mondo di dispersi, manca moltissimo.
Rileggerlo è ristorarsi.
Una fiammata di luce che ancora non si è spenta nel firmamento in cui ora viaggia.
Struggimento medesimo.
perché le parole per andare nel mondo hanno sempre bisogno di una prima persona che le ascolta :-)