«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA PACE
John Maynard Keynes
Traduzione di F. Salvatorelli
Adelphi 2007
Straordinario libro di J. M. Keynes, di quelli che entrano direttamente nella categoria delle opere che trascendono qualunque classificazione e qualunque ordine di merito; una testimonianza storica talmente importante da divenire immortale per quanto sembra essere stata scritta da chi aveva il dono di vedere nel futuro della società e del mondo.
Pubblicato nel 1919 dopo che Keynes diede le dimissioni dalla delegazione inglese alla Conferenza di Versailles, successiva alla Prima Guerra Mondiale, mostra un uomo che non solo è stato un gigante dell’economia, ma sapeva, meglio di quasi chiunque altro, leggerne gli effetti e le conseguenze sulla vita, sui destini e su come gli ingranaggi del mondo degli uomini si sarebbero mossi. In questo caso in direzione di una tragedia talmente abnorme che nessuno sembrava neppure intuire.
Fatico a trovare parole adeguate a descrivere la grandezza di questo scritto. L’umanità, la lucidità, la disperazione, la saggezza e la forza premonitrice che trasudano da ogni pagina sono immense.
È un testo unico, un’analisi storica, economica, sociale, politica, antropologica meravigliosa e un’opera letteraria magnifica. Le prime cinque pagine di introduzione sono arte letteraria purissima; il sesto capitolo “L’Europa dopo il trattato” evoca un’angoscia e una disperazione infinite, quella di chi già vede, solo e inascoltato, la catastrofe che si sarebbe verificata.
Un senso di incombente catastrofe sovrastava la frivola scena; la futilità e piccolezza dell’uomo davanti ai grandi eventi che lo fronteggiavano; il misto di importanza e irrealtà delle decisioni; leggerezza, cecità, arroganza, grida confuse da fuori: tutti elementi della tragedia antica erano presenti. E stando seduti tra i teatrali ornamenti dei saloni di gala francesi, veniva da chiedersi se i volti straordinari di Wilson e di Clemenceau, con la fissità del loro colorito e l’immutabile caratterizzazione, fossero davvero delle facce e non le maschere tragicomiche di qualche strano dramma o spettacolo di burattini.
Un libro che consiglio nel modo più assoluto a chiunque.
Chiunque abbia sempre sentito parlare di Keynes come esponente di una scienza triste e arida, forse inumana, chiunque si sia mai domandato il perché di quella tragedia inconcepibile che è stata la Seconda Guerra Mondiale, chiunque si sia chiesto perché si fa la guerra e voglia capire da dove viene la nostra società, chiunque senta i morsi della fame di conoscere, anche sapendo che non arriverà mai ad essere soddisfatto.
Quando ho girato l’ultima pagina, il primo pensiero se ne è andato via confuso in preda alla sorpresa e all’emozione che mi colgono inerme quando ancora mi capita di leggere qualcosa di così straordinario. Il secondo pensiero si è fatto più razionale ed è stato: “lo sapevi da una vita chi era Keynes, ci dovevi mettere 40 anni per trovare questo libro, maledetto testone?”
E poi mi è venuta in mente una frase di Borges: “Menino vanto altri delle pagine che hanno scritto. Il mio orgoglio sta in quelle che ho letto.”