«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
AGLIO, MENTA E BASILICO
Jean-Claude Izzo
Traduzione di G. Panfili
E/O 2012
Librino editoriale postumo, di quelli che gli editori a volte pubblicano quando non saltano fuori inediti o materiale sufficiente da rimaneggiare come opera a sè stante.
L’originale francese, credo più ampio di questo, si intitola Marseille, e sarebbe stato un titolo più fedele.
Si tratta una raccolta di brevi scritti nei quali Izzo si racconta, più un brano con Fabio Montale. In genere sfuggo a questi libretti editoriali, ma per Izzo e i suoi colori e sapori e profumi, ho fatto un’eccezione.
Ne è valsa la pena.
Tutto non poteva filare liscio, però, sarebbe stato troppo semplice far parlare solo Izzo, senza aggiungere altro, in particolare senza aggiungere quel campanaccio stonato dell’introduzione di Massimo Carlotto. Fastidiosa e assolutamente fuorviante.
Tanto che uno, cioè io, mi sono chiesto se Carlotto abbia mai letto Izzo, poi, dopo avergli concesso fiducia, mi sono detto che deve averlo letto molto tempo fa e al momento di scrivere l’introduzione, evidentemente, non si ricordava un tubo.
Questo perchè Carlotto nelle cinque pagine che scrive dice due cose. Subito si pavoneggia del fatto di avere conosciuto Izzo (ma non è chiaro se Izzo abbia conosciuto lui, a dire il vero) e di averlo consigliato agli editori italiani. Bene, bravo, ma, cortesemente, saremmo interessati a Izzo…
Poi attacca con la teoria della “scrittura politica” e il noir mediterraneo interpretato secondo il gusto suo, cioè carlottianamente, ovvero in una maniera che non sta nè in cielo nè in terra, una maniera che se la inventa lui di sana pianta.
Cioè a dirla in altro modo, a sentire Carlotto, Izzo è uno scrittore di polizieschi che mira a criticare la globalizzazione e a denunciare i traffici criminal-mafiosi. E si capisce, visto che Izzo ha avuto una “lunga militanza nel giornalismo di sinistra”.
Allora, mettiamo i puntini sulle “i”. Primo, Izzo è stato attivista politico e iscritto al PCF, il che fa parte della sua storia e non si capisce perchè Carlotto lo ometta. Cos’è, c’è qualche problema? Non sta bene dirlo?
Poi, sulla faccenda delle denunce dei traffici, bastava leggere il libretto che introduce: “Tutto quello che scrivo sul coinvolgimento della mafia nella Provenza e in Costa Azzurra è vero. Il mio passato di giornalista forse c’entra qualcosa…”, non proprio il cuore della sua opera, insomma.
Infine, presentare Izzo come uno che scrive polizieschi o noir di taglio politico è semplicemente scandaloso, una falsificazione totale, un insulto a Izzo e alla letteratura intera.
Izzo è prima di tutto un poeta, di spirito e di fatto, e la sua opera è tutta dedicata all’amore, per Marsiglia, per le donne, per i vinti, per le persone, per i sensi, per i sapori, per i piaceri, per il cibo, per il vino, per la luce, per i sogni, per le rive del Mediterraneo, da Marsiglia a Napoli, Algeri, Palermo, Beirut, Alessandria, il sud culla della vita.
Ognuno trova in Montale l’amico che cercava […].
Spesso mi dicono che è cupo e pessimista, ma il più bel complimento che mi fanno regolarmente è che, quando si chiude Solea, si ha una fottuta voglia di vivere!
Con buona pace di Massimo Carlotto e della sua orrenda introduzione.
Leggetela o saltatela a piè pari o strappate direttamente le pagine, fa lo stesso.
Se volete una splendida introduzione a Izzo e alla sua opera, leggete quella di Nadia Dhoukar dell’edizione della Trilogia di Fabio Montale (ne ho scritto qui).
Veniamo ai brani raccolti nel libro, che regalano un piacere dolcissimo per chi ama Izzo, accompagnato da un velo di malinconia, perché lo si sta salutando.
Parla di Marsiglia, del mare, dei suoi sogni, del suo amore per i senza patria, i creoli, il meticciato, i sapori e i profumi che si fondono insieme.
Racconta chi era lui e quanto di lui c’era nei personaggi.
Leggendolo si ritrova il calore tipico della sua prosa, di Fabio Montale, di Rico, ma anche il pessimismo, la luce rosa sui tetti, il profumo speziato delle donne, la morte.
Racconta del noir mediterraneo, che finalmente ho capito cosa intende. Edipo Re, intende, Sofocle, la ricerca della verità su sè stessi che corre parallela all’indagine sulle condizioni sociali dell’uomo moderno. Il tragico moderno nelle nostre società. Sono parole di Izzo. In questo senso, e solo in questo senso, Izzo scrive noir.
Non credo fosse chiaro a molti.
Poi ci sono Aglio, Menta e Basilico, tre racconti sul piacere dei sapori forti, i sapori del Mediterraneo.
La prima ragazza che ho baciato sapeva d’aglio. Eravamo in un capanno, a Les Goudes, a quell’ora d’estate in cui i grandi fanno la siesta. Quell’anno, quello dei miei quindici anni, ho imparato ad amare l’aglio. Il suo odore nella bocca. Il suo sapore sulla lingua. E l’ebbrezza dei baci, del piacere. Poi venne la felicità del pane sfregato con l’aglio e del corpo speziato delle donne.
Infine, c’è un brano con Fabio Montale, che venne pubblicato su una rivista.
Con Fonfon, Honorine, i ricci di mare e il vino.
Il libro si chiude con l’elenco dei luoghi e della musica che Fabio Montale ascolta in tutta la trilogia.
Bello.
Lasciai vagare il mio sguardo sul mare. Verso l’orizzonte. Non avevo ancora trovato di meglio per dimenticare la schifezza del mondo.
Joëlle alzò gli occhi verso di me. Aveva occhi neri, splendidi. Avrei potuto essere un buon padre per lei? Oppure un bravo amante? Sarei riuscito a spiegarle la paura? Mossi la testa. Come per dire sì.
Sì, Joëlle. Più si va a fondo alle cose e più la differenza tra felicità e infelicità si attenua.
Sì, forse questo sarei riuscito a spiegartelo.
Vuotai il bicchiere tutto d’un fiato e mi alzai. Avevo voglia di andare a perdermi dentro Marsiglia. Nei suoi odori. Negli occhi delle sue donne.