«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
SABATO SERA, DOMENICA MATTINA
Alan Sillitoe
Traduzione di F. Bossi
Minimum Fax 2010
Bello, proprio bello, anche di più del precedente La solitudine del maratoneta per il quale Alan Sillitoe è famoso (qui da noi, almeno).
Siamo sempre là, negli squallidi sobborghi industriali di Nottingham, con il cielo di fango e l’aria di piombo, tra la povertà e il desiderio esuberante di vivere.
Arthur è un guascone saggio, e anche Sillitoe è un guascone saggio, si mette nei guai, litiga, scopa donne spostate, beve, vomita, lavora al tornio, picchia e si fa picchiare, sfreccia tamponando di qua e di là nell’ingorgo della folla di persone che si accalcano attorno a lui.
Perchè era sabato sera, il momento più felice e festoso della settimana, uno dei cinquantadue giorni di vacanza sulla lenta ruota panoramica dell’anno, un violento preambolo a una domenica di prostrazione. Il sabato sera esplodevano le passioni accumulate, e uno scoppio di vitalità ripuliva l’organismo degli effetti di una settimana passata a sgobbare in fabbrica. La parola d’ordine era: ”Sbronzati e sii felice”, allungavi con scaltrezza le braccia intorno alla vita delle donne, e sentivi la birra scendere benefica nelle tue budella ampie ed elastiche.
Inevitabilmente, come in qualunque città, la stretta della folla si chiude sempre attorno a chiunque.
Arthur gioca con la morte, o meglio, con la finitezza della vita, che la rende infinitamente preziosa e infinitamente insignificante allo stesso tempo.
Personaggio quasi classico, in una scena perennemente polverosa e schizzata di fango, di odori acri, di volti sfatti e parole che rotolano come sassi giù per una scarpata con gran frastuono.
Sillitoe, il guascone saggio, regala un sorriso.