«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
L’INFORMAZIONE – Una storia. Una teoria. Un diluvio.
James Gleick
Traduzione di V. B. Sala
Feltrinelli 2012
Questo libro lo lessi nell’edizione originale diversi mesi fa, quasi un anno forse, poco dopo l’uscita. Ho intravisto recentemente l’edizione italiana in una libreria e riprendendo le note che feci allora, vi propongo il mio commento.
Iniziamo con le solite invettive contro gli editori italiani che in casi come questo io non mi trattengo dal fare.
L’edizione originale, The information – A History, a Theory, a Flood costa: $29,95 in edizione con copertina rigida (e formato più grande), $15,95 in brossura e $11,99 in formato ebook.
Bene.
Feltrinelli non propone l’edizione con copertina rigida, e pazienza, non è necessaria, ma solo l’edizione in brossura e il formato ebook, rispettivamente al prezzo di €35 e €24,99.
Ripeto scandendo bene: tren-ta-cin-que-eu-ro per un libro in brossura e ven-ti-quat-tro-e-no-van-ta-no-ve per un ebook!
Io mi chiedo, sinceramente non retoricamente, in che mondo vivono quelli del marketing di questi editori. Ma a chi pensano di venderlo questo libro a 35 euro o, ancora peggio, il misero ebook a 25?
A me sembrano farneticazioni provocate da stati confusionali.
Fine della tirata, veniamo al libro che è meglio.
L’informazione è un libro degno di nota nel panorama della cosiddetta popular science, o divulgazione scientifica, uno di quelli che non solo per la fama dell’autore (ricordo che James Gleich è l’autore di Caos – La nascita di una nuova scienza, un bestseller di questo genere di saggistica), ma anche per l’interesse che è stato in grado di attirare quasi istantaneamente.
Sono apparse recensioni sulle principali testate e da parte dei commentatori più brillanti. Dal New York Times al Guardian. Da Nicholas Carr a Freeman Dyson per la New York Review of Books.
Tanta attenzione non è esagerata e non è solo per questioni contingenti, una moda, uno scandaletto, un libro fatto apposta per produrre pruriti o altre sciocchezze del genere.
Si tratta effettivamente di un libro vasto ed estremamente ambizioso, certamente di qualità elevata e per questo una sfida perfetta per commentatori alla ricerca di punti deboli, cedimenti o affermazioni opinabili. I ”Sarebbe stato meglio se…” spesso colgono nel segno, poiché è arduo immaginare che un’opera tanto ampia non offra molti appigli di questo genere.
Una delle recensioni più severe, e forse meno note, proviene dalla voce enormemente autorevole di Andrew Odlyzko ed è quella che tra tutte preferisco, anche se qui gioca di sicuro la personale quasi-venerazione per la persona in questione.
Queste citate trovo siano tutte ottime recensioni, il libro presenta alcuni capitoli evidentemente più deboli; talvolta Gleick, nella vastità del tema, sembra navigare in acque che non conosce a fondo e la scelta di sviluppare l’analisi mettendo al centro i grandi personaggi e le loro invenzioni o intuizioni fa inevitabilmente scivolare in secondo piano il contesto generale.
Comunque tutti, in generale, al di là delle puntualizzazioni o delle critiche, sono concordi nel ritenere L’informazione un saggio importante. E io con loro.
Soprattutto, almeno per me, la lettura de L’informazione ha offerto un piacere intellettuale intenso e uno stimolo continuo ai neuroni affinchè lanciassero sinapsi a destra e a manca, col risultato di aver visto idee navigare davanti agli occhi e avvertito intuizioni arrampicarsi su per la nuca.
Più in dettaglio, mi ha impressionato come Gleick sia riuscito a far emergere con forza l’inestricabile e complessa relazione tra informazione e significato, aspetto questo che le recensioni che ho letto non mi pare abbiano messo sufficientemente in evidenza.
La relazione tra informazione e significato, questa specie di rapporto carnale, amore-odio tra le due entità, o anche uno Yin e uno Yang, per chi preferisce metafore meno truculente, è il cuore e la spina dorsale di questo testo.
Rispetto a informazione/significato la struttura narrativa del libro è circolare.
Inizia con la storia affascinante come poche dei tamburi parlanti dell’Africa (talking drums), capaci di veicolare non solo semplici messaggi, ma interpreti di un vero e proprio linguaggio dotato di strutture semantiche e in grado di trasmettere significati complessi, frasi, discorsi, consigli, richieste.
A lungo gli esploratori e gli antropologi hanno ignorato l’enorme ricchezza espressiva di quei tamburi che ritmicamente risuonavano nella giungla. Era evidente che servissero a trasmettere informazioni da un villaggio all’altro o agli uomini nella foresta.
Ugualmente, era oltre ogni immaginazione che potessero avere quella potenza espressiva. Fu una scoperta che lasciò esterrefatti. E a rileggere la storia, anche oggi la reazione è esattamente la stessa: di trovarsi difronte a qualcosa che se non fosse stato dimostrato sarebbe inconcepibile, incredibile, una leggenda senza fondamento.
Il testo poi procede sviluppando la storia dell’informazione, con le sue invenzioni, le teorie e, soprattutto, con il lento cammino di avvicinamento alla definizione in termini matematici della natura dell’informazione e della sua descrizione formale.
Fino al trionfo di Claude Shannon, un eroe del nostro tempo e uno dei padri nobili di tutto ciò che di digitale possediamo.
Il concetto di informazione e la teoria dell’informazione hanno dato vita a nuove idee e progressi in un numero enorme di ambiti scientifici, dalla biologia alla fisica fino alla linguistica.
Gleick si sforza quanto più gli riesce di restituire la vastità e la profondità delle innovazioni che il concetto di informazione ha prodotto nella scienza, una sorta di effetto domino che ha cambiato il corso di molte discipline e ricerche.
Si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa, Gleick. Norbet Wiener, il padre indiscusso della cibernetica non deve essergli molto simpatico (a me neppure), visto che lo accosta a grandi figure del suo tempo descrivendolo come un bambino prodigio che spese l’intera sua esistenza cercando di capire quale fosse il modo migliore affinché la Storia lo ricordasse come un bambino prodigio.
Il concetto di informazione ha conquistato gloria eterna e di questo ne siamo tutti consapevoli.
A un prezzo però: il legame inscindibile, carnale, con il significato è stato reciso, lo si è dovuto recidere.
Il prezzo della gloria è stata un’amputazione drammatica.
L’informazione è diventata il cuore del mondo, ma solo rendendo il significato irrilevante.
L’informazione ha vita autonoma dal significato, è entità indipendente, con una sua natura matematica e una sua rappresentazione formale.
Poi, se serve, se si vuole, si aggiunge il significato, che ha invece natura umana. Il significato di un’informazione non è quasi mai un concetto formalizzabile ed univoco, ma un’interpretazione, un punto di vista, è materia malleabile e viscida. È fatto di ombra, non di numeri.
Per questo lo si è dovuto separare dal concetto formale, per rendere l’informazione il cuore di una teoria della conoscenza, della comunicazione, per definire un ordine e un’entropia, fino anche a spiegare la vita in termini di informazioni contenute nel DNA e nel RNA.
Faust in versione digitale, sembra voler dire Gleick.
Tuttavia, come per Faust, alla fine della storia dell’informazione, per come la conosciamo ad oggi, e in chiusura del libro, il significato amputato torna a farsi vivo e reclama, risorge dal brulichio generato dall’informazione quando questa è fiorita, si è moltiplicata, è cresciuta iperesponenzialmente ed ha riprodotto il caos.
Il significato è quello che manca nel mondo inondato di informazioni.
In un certo modo l’eco lontano, ancestrale, profondo della misteriosa lingua dei tamburi parlanti dell’Africa torna a farsi sentire.