«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
VITE BREVI DI IDIOTI
Ermanno Cavazzoni
Feltrinelli
Che vi devo dire?… Io provo sempre un gran piacere a leggere Ermanno Cavazzoni, ogni volta, anche quando mi capita di leggere questo VIte brevi di idioti e accorgermi a metà libro non solo di averlo già letto, ma anche di averlo comprato doppio.
Mi sa di scherzo di un destino sarcastico che mi sia capitato proprio con questo libro, di questo autore, e soprattutto con questo titolo; mi immagino Cavazzoni sghignazzante sotto i baffi guardarmi sguincio mentre io scrollo le spalle e dico: «Professore, ha ragione lei, cosa ci posso fare?»
Comunque, l’inciampo non ha fatto che aumentare ulteriormente la dose di divertimento della (ri)lettura, avvicinandomi a quei personaggi stralunati e squinternati dei raccontini di Cavazzoni, i quali si imbrogliano nei modi più comici e assurdi che vi sia mai capitato di ascoltare.
Anche se, come ricorda sempre Cavazzoni, «le mie storie non sono originali, io semplicemente guardo e dico la verità», affermazione questa profondamente vera, tanto più gli idioti delle sue storie sembrano un branco di matti da manicomio.
Iniziamo dall’inizio, dall’incipit, folgorante.
Questo che segue è il calendario di un mese; ogni giorno porta la vita di una specie di santo, che patisce e gode come i santi tradizionali. Poi il nostro mese finisce, perché a questo mondo tutto deve finire, anche le nostre brevi vite di idioti.
Poi inizia la giostra.
C’è Pigozzi che ha sentito di uno che si è costruito da solo un aeroplanino ed è volato dalla Germania Est alla Germania Ovest, allora decide di farlo anche lui, per volare via dalla moglie e dalla figlia, la sua Germania Est. Lo fa disarticolando una Fiat 850 e finisce male.
Raffaello Pelagatti è marxista ma anche crede che Cristo l’abbiano portato gli extraterrestri, che poi sarebbero i Re Magi e per questo finisce sempre a botte nella sezione del PCI, con Pelagatti che si avventa sul segretario ma i compagni lo sopraffanno. Allora Pelagatti si sfoga col prete, che ci prova di scappare, si barrica nel confessionale, ma alla fine Pelagatti lo pesta sempre. Finchè non incontra un prete che lo capisce. Si chiama Pelacani.
C’è un signore ossessionato dal fatto che la Terra va a 108mila chilometri all’ora e nessuno se ne dà cura; fanno tutti come se niente fosse, vanno al mare, si spogliano, quando appena pochi chilometri sopra le loro teste fa 55 gradi sottozero, che se venisse giù una folata improvvisa oppure la Terra, nella sua corsa da disgraziato che viaggia sparato nel buio più totale facesse un frontale con uno sbuffo di polvere cosmica, voi lo sapete cosa succederebbe a tutte quelle ragionierine mezze nude sdraiate sulla sabbia?
“Noi siamo una palla da schioppo – diceva – con una sola prospettiva molto semplice; è questione di poco, forse di ore o di minuti.” E la moglie che era stanca di questa ossessione, gli diceva per calmarlo ogni tanto: “Vuoi scommettere che non ci scontriamo con niente?”.
Lui diceva che era un discorso imbecille, un discorso di pura incoscienza, come scommettere su qualcheduno che faccia in motorino corso Vittorio Emanuele a 900 chilometri all’ora, cioè la velocità di un aeroplano a reazione: “Ci scommetteresti che non gli succede niente?”, chiedeva.
Govi Naldo lavorava al canile municipale e per l’ulcera gli era venuto uno “stato di cretinismo parziale lipomnemonico (cioè con vuoti della memoria)”.
Entra in casa e non riconosce più né moglie né figlio, anzi pensa che sia successo qualcosa, un’invasione all’incirca. Allora parla col dottor Prini e gli dice:
“C’è di là quella gente – diceva al dottore – c’è una signora di mezza età, e poi c’è un ometto – era suo figlio – che fa un po’ schifo.” […]
Questi due albanesi s’erano impossessati di casa sua e la usavano di giorno come friggitoria, e come dormitorio la notte. In particolare la donna dormiva nel letto con lui. “Meglio lei che l’ometto,” pensava il Govi, anche se tra i due non sapeva chi gli faceva più schifo.
C’era una donna, grassa e con la testa piccolissima, che abitava nella piazzetta di Caliceto. Si chiamava Rosa Maria Bianconeri e pensava che tutti la insultassero, gli uomini del paese, in particolare, la insultassero perchè erano interessati a lei ma lei non si concedeva. C’era uno che passando dalla piazza muoveva le spalle come se stesse remando, voleva dire che lei era una barchessa, cioè una signora barca, una grassona. Poi Panzieri, uno che un tempo le faceva proposte schifose, si era fatto crescere una barbetta arricciolata e passeggiando se la tirava apposta per dirle: puttana fallita, perchè faceva venire la barba. Anche il signor Contento, lo spazzino comunale, era della banda visto che spazzava facendo dei gesti sessuali. Volevano tutti insultarla dicendole che era un gran puttanone e allora lei da dietro le persiane gliene diceva quattro: ripetenti rabbini (cioè che non erano originali e facevano venire la rabbia).
… e così via, una dietro l’altra, assurdissimamente bellissime, una gabbia di matti che non fanno altro che ribaltarsi in terra e non c’è speranza, ma proprio non c’è nessuna speranza che ce la facciano a star dritti.
Genio allampanato Ermanno Cavazzoni, un grande tra gli scrittori italiani e anima nera di una banda di matti – Ugo Cornia, Daniele Benati (qui e qui), Dino Baldi, Paolo Nori – che rendono la letteratura italiana di oggi un posto molto più piacevole di quello che sarebbe altrimenti.
Vorrei tanto leggere questo libro ma non lo trovo né nuovo né usato. Quando ho letto che qualcuno l’ha comprato persino due volte mi si è accesa una lampadina… non è che mi venderesti la tua seconda copia? :)
Dovrei prima riuscire a recuperarla negli scatoloni del trasloco. Se riesco, senz’altro
Grazie mille!
sì, l’ho letto. l’ho letto e sorridevo a me stessa in modo beato, ebete. Al mondo c’è davvero spazio per tutti, ho pensato. Ho pensato che è un libro assai democratico, che sono queste “deviazioni” dalla strada dell’ambizione, del successo a tutti i costi che rendono il mondo un luogo in cui posso stare anch’io, anch’io con i miei pasticci, imbranataggini, insomma, coerenti e pervicaci insuccessi.
Ne sono rimasta confortata e rilassata. lo consiglio vivamente. Se posso (sì, sì, posso!!), consiglio anche il povero e caro Giorgio Messori, con il suo Paese del pane e dei postini. Anche lui, assai poco bravo a vivere, poteva starci, ma c’è stato troppo poco.
Saluti.
Silvana
Grazie del suggerimento. Cercherò il libro di Giorgio Messori.
Un saluto,
Marco