«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
PORNOGRAFIA
Witold Gombrowicz
Traduzione di V. Verdiani
Feltrinelli 2005
Primo mio incontro con Witold Gombrowicz; avevo due opzioni: Ferdydurke o Pornografia, ho scelto quest’ultimo così appena Google lo indicizza il post riceverà una vagonata di visite di arrapati digitali e software aggregatori di pornazzi e in questo modo mi permetto anch’io una specie di taroccamento come quelli che si comprano i follower di Twitter o i Mi piace di Facebook e dopo fanno i fighi dicendo che loro sì che sono dei fighi.
Potenza della rete, mica pizza e fighi.
Va bè, basta, scusate per la cretinata iniziale, il commento inizia qui, quello sopra fate finta che non l’abbia mai scritto.
Adesso dico per davvero come mi è arrivato tra le mani questo libro, a parte averlo comprato, ma questo è solo un dettaglio tecnico: me lo ha detto Milan Kundera di leggerlo.
“In che senso?”
Nel senso che lo dice ne Il sipario, parla di Gombrowicz, che conoscevo ma solo vagamente, e dice di leggerlo, assolutamente di leggerlo, Ferdydurke e Pornografia, entrambi se possibile, uno o l’altro altrimenti. E se lo dice Kundera, io ascolto con molta attenzione.
“Sì, ma allora perché non hai letto Ferdydurke, che viene prima, che andrebbe letto prima di Pornografia se si volesse essere dei bravi lettori storicamente fedeli alla tempistica della produzione letteraria?”
Mah… un po’ perché non sono troppo storicamente fedele, almeno nella scansione, poi ricostruisco, ma preferisco andare per intuito e poi perché sì, lo ammetto, mi incuriosiva da bestia, questo libro che si annunciava come superbamente scandalosissimo mi incuriosiva da non poter aspettare di fare il didascalico, e quindi ho preso su Pornografia e lasciato in attesa sulla scrivania Ferdydurke.
Che leggerò presto, comunque, trainato da questo che è sì scandalosissimo, ma è anche bellissimo, libro carico di un fascino spettacolare.
Vi ho incuriositi? Un po’? Allora adesso smorzo le scalmane.
Pornografia, pubblicato nel 1960, è un titolo ironico, come dice lo stesso Gombrowicz, però solo fino a un certo punto, dico io, anzi, per un certo verso, perché dall’altro, di verso, invece, non è per nulla ironico, anzi, non c’è affatto ironia nel testo, così come non c’è alcuna pornografia esplicita, però il testo e la storia e tutto ciò che evoca durante la lettura sono immersi in una pozza densa e profumata di puro erotismo dalla quale si alzano esalazioni indubbiamente pornografiche, nella sua accezione sia carnale sia metafisica.
Pornografia metafisica, così la definisce Konstantin Jeleński, critico letterario e amico di Gombrowicz e così lo stesso Gombrowicz commenta il proprio libro.
E così, quindi, ultimo anellino di una catena di commenti, lo commento anche io.
La storia si può riassumere in modo semplice e ancora faccio uso delle parole di Gombrowicz, tratte dall’ottimo apparato critico che segue l’opera in questa edizione di Feltrinelli:
due signori di una certa età incontrano una coppia di adolescenti che sembrano violentemente attratti da un sex-appeal reciproco. I giovani però non hanno l’aria di accorgersene il che esaspera i due signori, che vorrebbero veder realizzata tutta quella bellezza, veder esplodere quella giovane poesia. Essi cercano quindi di svegliare il ragazzo e la ragazza, di indurli ad amarsi, di buttarli l’una nelle braccia dell’altro.
A poco a poco i due signori, affascinati dalla bellezza giovane, si innamorano della coppia. Vogliono a tutti i costi penetrare dentro quel fascino, legarsi ai giovani… e scoprono che un delitto, un peccato commesso insieme a loro può farli intrufolare in quella intimità altrimenti impenetrabile. Organizzano un assassinio in comune.
Questa è la trama, in sintesi.
Ma la trama vuol dire poco, se non strizzare l’occhio per attirarvi nella trappola che tende Gombrowicz. E la trappola è di spiazzare completamente il lettore; continuamente l’autore instilla una fascinazione morbosa, lascia una scia ferormonica che iniziate a seguire inebriati, poi svolta e riprende a lasciare la scia e voi dietro, risvolta ancora e voi sempre dietro a quell’aroma sensuale, così fino alla fine in un gioco di sottintesi mai risolti e false piste per ritrovarsi immersi in un libro che è tra i più realmente scandalosi (nel senso di scavare nel profondo del senso di scandalo, non di lanciare palate di dozzinale carnazza) che siano mai stati scritti, per come riesce a trascinare il lettore, in modo sia esplicito sia subliminale, ma sempre attraverso la poesia e il teatro dell’essere umano, in quelli che Gombrowicz definisce «il “sub-valore”, “l’insufficienza”, “il sotto-sviluppo” [che] sono più vicini all’uomo che non tutti i valori», in altre parole, ma sempre parole dell’autore:
«La giovinezza mi appare come il valore supremo della vita… ma un valore con una particolarità che solo il diavolo poteva avere inventata: in quanto giovinezza, si trovava a un livello inferiore rispetto a tutti i valori.»
Ecco quindi il tema centrale di Pornografia: la giovinezza e l’erotismo che la condizione di “valore supremo” della giovinezza ma “a un livello inferiore rispetto a tutti i valori” fa scaturire violento; morboso, beffardo, spontaneo, supremo.
È da questa rivelazione che Gombrowicz costruisce questo libro ammaliante, raccontando attraverso un personaggio che ha il suo stesso nome, è lui o sembra lui, brancolante in una nube di follia erotica insieme al suo alter-ego, Federico, affilato, segaligno, febbricitante della stessa follia sensuale, attratti dai due adolescenti, Carlo ed Enrichetta; due uomini attempati attratti tra di loro ma anche astiosi uno con l’altro, e insieme presi in un vortice di attrazione erotica per i due ragazzi che li obbliga a cercare di unirli.
Questo è un libro che dipana mille fili, una ragnatela di eccitazione dei sensi tra i personaggi, via via che la descrizione avanza, con un tono semplice, quasi fosse un racconto campagnolo, ingenuo, candido e allo stesso tempo morbosamente perverso con due vecchi che plasmano due giovani, ma in realtà ne vengono plasmati, quasi beffardamente, in un gioco erotico dai tratti, sì, ha ragione Jeleński, metafisici.
Nel libro ci sono alcune scene che sono delle perle: il deflagare della seduzione erotica durante una Messa cancella completamente il rito sacro per far spazio alla carne degli uomini; la complicità, vera o fittizia?, nel calpestare un verme, erotismo e sofferenza e sadismo fusi insieme; il ritratto lunare e madreperlaceo di una composizione da quadro vivente ancora una volta ambigua nei sensi e doppi sensi; alcuni scatti di violenza verbale che sembrano inneggiare allo stupro… sembrano, ma chissà! forse è ancora una volta un’illusione ottica…
«Che vergogna!», ancora citando lo stesso Gombrowicz.
E infine, nella tensione erotica si innesta una seconda storia, di uomini, partigiani della resistenza polacca contro i tedeschi e dei morti ammazzati, accoltellati; ma di nuovo, anche la morte violenta si mescola e annega nella metafisica erotica dell’ossessione dei protagonisti.
Ecco un piccolo assaggio.
Immoto come un ranocchio. Non riuscivo a capire che cosa gli ribollisse dentro. Orgoglio? Gelosia? Risentimento? Oppure anche lui si sentiva a disagio e non sapeva che pesci pigliare con la ragazza… Avevo voglia di gridargli: “E abbracciala, mettile le mani addosso! Non vedi che è l’unica possibilità di scampo! L’unica ciambella di salvataggio!” Le mani di Venceslao, posandosi su di lei, avrebbero recuperato la virilità, poi sarei accorso a metterle addosso le mie ed era fatta! Violenza! Violenza in quel salotto! E invece niente. Il tempo passava. Lui non si mosse. Sembrava un suicidio: fiasco, fiasco, fiasco completo. La ragazza si alzò e se ne andò… e io dietro.
Romanzo ipnotico e seducente.
Gran libro, gran libro.