«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
IL CANTIERE
Juan Carlos Onetti
Traduzione di Enrico Cicogna
Feltrinelli 1972
[Libro Disperso]
(Nota 25.03.2013: rimuovo Il cantiere dalla famiglia dei libri dispersi perché da poco ripubblicato da Edizioni SUR in nuova traduzione.)
Ancora Onetti. Per la terza volta in poche settimane. Forse vi sto tediando. Lo so. Forse direte che sono un fissato. Lo capisco e vi do ragione. Forse sono un fissato, un maniaco e un intossicato. Fa niente. Ancora Onetti, sì ancora Onetti, perché non si può tradire un’ossessione, non ci si può liberare da un soffio che ti entra nella bocca e scende nello stomaco e riempie ogni pensiero.
Mi ero anche detto che avrei fatto una pausa con Onetti, per non ossessionarmi e non tediare chi ha la pazienza di leggermi, avevo detto a una persona che avrei aspettato marzo quando Il cantiere uscirà per le Edizioni SUR, e dicevo sul serio. Dicevo quasi del tutto sul serio, rimaneva un dubbio che stava cominciando a unghiare dopo aver letto La vita breve e da poco iniziato Raccattacadaveri, il dubbio dell’incredulità. Lo leggerò anche a marzo quando Il cantiere uscirà in nuova traduzione, sono curioso di vedere se la follia di Onetti avrà contagiato la nuova traduttrice come fece con Enrico Cicogna.
Il fatto è che se si legge La vita breve si entra nel mondo allucinato di Onetti e della sua scrittura fantasmagorica e divina, e si incrocia l’alba della nascita di Santa Maria, la città immaginaria nella quale Brausen, il personaggio principale de La vita breve, si dissolve. SI conosce il dottor Diaz Gray e si ha un presentimento come di essere all’inizio di qualcosa, come se si vedesse Onetti impugnare una matita davanti a un foglio bianco e ci si mettesse in attesa di vedere il disegno.
Poi si apre Raccattacadaveri e subito, con quell’inizio folgorante, si incontra Larsen, proprio lui, Raccattacadaveri, Raccatta, e le sue puttane. Osservate: Onetti ha iniziato a tracciare un segno sul foglio bianco, con mano ferma.
Larsen.
Non ha un nome. Solo alla fine de Il cantiere si scopre che è E. Larsen, “e puntato” Larsen, solo questo.
Larsen è uno dei personaggi più straordinari della letteratura, immortale e indimenticabile, un Raskolnikov, un Bardamu, un Seymour Glass, uno dal quale ci si fa ossessionare felici.
Onetti ha iniziato a tracciare il suo segno: è un cerchio.
Leggete il meraviglioso Raccattacadaveri e la mano ferma, nonostante le scodate dell’allucinazione, ne ha tracciato metà, perfetto. Un semicerchio perfetto, la storia del postribolo di Santa Maria.
Ecco la spiegazione. Lo sapevo che Onetti non si sarebbe fermato, sapevo che con Il cantiere avrebbe proseguito quel segno, l’ossessione era diventata irresistibile.
Il cantiere chiude il cerchio perfetto di quel personaggio meraviglioso che è Larsen, e se qualcuno di voi vorrà leggere Onetti per conoscere Larsen, forse farsi ossessionare e intossicare e disciogliere, può iniziare da La vita breve, come sarebbe giusto fare, anche se lì Larsen non c’è, poi però legga prima Raccattacadaveri, lo cerchi in una biblioteca o in una libreria dell’usato, faccia addirittura un viaggio per recuperarlo, dopo legga Il cantiere, magari nella nuova edizione delle Edizioni SUR.
Così avrà di fronte lo spettacolo del cerchio perfetto e non fa nulla se cronologicamente Il cantiere è stato pubblicato prima di Raccattacadaveri – nel 1961 in primo, nel 1964 il secondo – questo è Onetti e con lui i piani non sono mai nell’ordine dove ci si aspetta di trovarli.
Se in Raccattacadaveri è straordinaria la carnalità languida della miscela che si forma tra la storia che inebria e la scrittura che sorprende, Il cantiere è altrettanto straordinario per essere la rappresentazione del nulla e del suo dissolvimento, entrambi raccontati con un flusso di immagini accavallate, con descrizioni minuzioni prive di oggetto e con una storia che racconta dell’assenza e si riempie di infinite assenze, in spirali, con il passo appesantito di Larsen e dei suoi tacchi strascicati.
Questa è la storia di Larsen, Raccatta, prima, Direttore Generale poi, dalla vacua carnalità languida al nulla che si dissolve in nuova carnalità. Ma ora bisogna che faccia parlare Onetti, per sentire la voce di Larsen che parla e si dissolve.
Udì, rauco e debole, non convincente, un ululato di sirena sul fiume, ripetuto tre volte. Palpò le tasche, per le sigarette, e non ebbe la forza di liberarsi del soprabito che l’avvolgeva, seducendolo, con un odore triste e codardo, con un profumo di risacca e di antichissime lozioni che gli erano state frizionate nei capelli in botteghe di parrucchiere che la serie di specchi rendevano infinite, forse demolite in anni remoti, ormai incredibili, in ogni caso. Sospettò, all’improvviso, ciò che tutti riescono a capire, prima o poi: che era l’unico uomo vivo in un mondo popolato di fantasmi, che la comunicazione era impossibile e perfino indesiderabile, che faceva lo stesso, tanto l’odio quanto la pietà, che una nausea tollerante, una partecipazione condivisa tra il rispetto e la sensualità era tutto ciò che poteva essere richiesto e che conveniva dare.
La prosa perfetta, la costruzione della frase perfetta, immagine su immagine, aggettivo dopo aggettivo, sorprendente, spiazzante, pennellate ripetute, sensuale, avvolgente come quel soprabito logoro, vecchio, ma seducente.
Qui è Larsen, Direttore Generale del cantiere, dopo un colloquio con Petrus, il vecchio proprietario. Il cantiere con un Direttore Generale, un Direttore Amministrativo e un Direttore Tecnico e basta. Il cantiere non esiste, è solo ruderi, solo ammassi di ferraglia arrugginita, progetti sparsi in terra in mezzo ai cocci e i calcinacci, il vento e la nebbia che entrano dalle finestre ormai senza vetri, spettrale ma coerente, insensato e normale.
Larsen vaga per Porto Cantiere, un buco di baracche sede del cantiere, ormai da Santa Maria è stato scacciato dopo la faccenda del postribolo. Vaga, nella notte. Poi entra in un caffè e Onetti regala una descrizione strepitosa.
C’era già odore di pesce morto quando scoprì la luce giallastra del caffeuccio, e, mezzo isolato dopo, la musica, il dondolio rapido del valzer sulla chitarra. Aprí la porta e trafficó per chiuderla, alle sue spalle, intanto che guardava il fumo, le teste scure, la povertà, il conforto fugace, il rancore indolente, la faccia sempre sconcertante del passato. Si avviò verso il banco, con un’aria misurata di sfida, celando la propria emozione finché non avesse trovato il modo di comprenderla.
“Non si salutano gli amici? Barreiro, si ricorda?”
Dall’altra parte dello zinco l’uomo giovane sorrideva, incongruo nella giacca bianca e sudicia chiusa fino al collo, sporco di barba, stanco e animoso.
“Barreiro, come no,” disse Larsen, senza sapere con chi parlava, tendendo la mano, battendo su quella dell’altro prima di stringerla. Parlarono del tempo e ordinò un’acquavite. Falsamente appoggiato al banco, girato a mezzo verso la sala, Larsen considerò con calma, non curioso, facile da accontentare, coloro che erano stati in quest’altro mondo, durante un tempo morto e sepolto.
Il cantiere è la storia del nulla e delle menzogne, scambiate, ripetute, confermate, fingendo ognuno di crederci ma non credendo a nulla o impazzendo, infine credendoci perchè solo con le menzogne si riempiono i vuoti in dissoluzione, si dà forma a un nulla animato da uomini, donne, baracche, cani, corpi, Larsen che parla con il dottor Diaz Grey in un dialogo teso come una sfida e allo stesso tempo languido come un tango. Larsen che si svela:
Allora pensò: “Questo corpo; le gambe, le braccia, il sesso, le budella, ciò che mi consente l’amicizia con la gente e con le cose; la testa che sono io e perciò non esiste per me; ma c’è vuoto del torace che non è più un vuoto, pieno di resti, di trucioli, di limature di polvere, dei rifiuti di tutto ciò che è stato importante per me, tutto ciò a cui ho permesso di rendermi felice o disgraziato in quell’altro mondo. È con vero piacere, e sempre pronto a cominciare, se mi avesse lasciato rimanere là o se avesse potuto”
Il cerchio si sta per chiudere, tutto si sta per dissolvere, Larsen, il lenone del postribolo, Raccattacadaveri divenuto Direttore Generale del cantiere inesistente, come inesistente è Santa Maria, inesistenti tutti i suoi abitanti, inesistente il dottor Diaz Gray, tutti parto di Brausen de La vita breve, Brausen statua di eroe cavallerizzo sulla quale si poggiano i piccioni, inesistente pure lui, creazione di Onetti, ma non importa, fa lo stesso “tanto l’odio quanto la pietà”, e allora Larsen, vecchio, ingrassato, ingrigito, scivola nel fango da dove è venuto.
Tornò a prendere coscienza dell’inverno e della vecchiaia, del bisogno di una compensazione, di durezza e pazzia. RIpercorse la strada verso il cantiere, schivò a piccoli passi le depressioni fangose del terreno incolto, si lasciò guidare alla fine dello splendore giallastro della baracchetta. Salì le tre tavole ed entrò nel rifugio senza vedere la donna. I cani gli si avvicinarono per annusargli il freddo; li scostò a calci, cercando di colpirli sui musi, e andò a sfiorare con la faccia il foglio del calendario sulla parete. Così, spassionato, seppe che il sole era tramontato alle 18,26 e che la luna era piena e che ci si trovava, lui e tutti gli altri, nel giorno del Cuore Immacolato di Maria.
Infine l’epilogo. Così ebbe inizio l’ultima calata di Larsen verso la città maledetta. E la fine.
Il cerchio perfetto è sul foglio: la storia di Larsen, meraviglioso bastardo.
Ciao 2000 battute,
ho appena finito di leggere Il cantiere del magico Onetti e come sempre sono rimasto folgorato dalla splendida lingua che usa. Un maestro vero e proprio. Devo dire che quest’ultimo mi e` piaciuto di piu di Raccattacadaveri. Sempre grazie a te per avermi fatto scoprire questo immenso autore.
A breve leggero La via breve in modo da chiudere, passando dal principio, con Santa Maria
onettiani si diventa e poi si rimane, mi sa. quale traduzione? il grande pirotecnico Cicogna o la recente composta Carmignani? Io ho una passione per la traduzione di Cicogna.
Vorrei un consiglio. Ho letto “La vita breve” e ovviamente non posso che continuare con Onetti. Sono riuscita a procurarmi con molte difficoltà “Raccattacadaveri” e, per fortuna, facilmente “Il cantiere”. Quale mi consigli di leggere per primo? E poi devo partire alla ricerca degli altri. Qual è secondo te l’ordine preferibile di lettura di tutto il ciclo? Grazie, anche per tutti i tuoi preziosi consigli di lettura.
Ciao, non so se hai guardato la pagina link “Il Grande Onetti”, lì ho cercato di dare una mia interpretazione dell’opera di Onetti, con anche disegnino.
Comunque, sul ciclo di Santamaria (o Santa Maria o Santamária), se hai letto “La vita breve” hai la fondazione e la figura di Brausen, oltre a quella del Dott. Grey.
Ora devi, secondo me, procedere in senso anticronologico rispetto le edizioni:
– Raccattacadaveri
– Il cantiere
– Per una tomba senza nome
Ti accorgerai, penso, che Raccattacadaveri+Il cantiere (in questo ordine) sono sostanzialmente le due parti di un’unica opera, è la storia di Larsen, per me uno dei più grandi capolavori mai scritti. Per una tomba senza nome inizia ad aprire rami secondari rispetto quella storia ed è stupendo. Poi se hai voglia tutti gli altri del ciclo di Santamaria (vedi il la pagina di prima) e se vuoi quelli invece autonomi.
Questo è il consiglio che ti do io, che non ho trovato spesso, anzi molto raramente, perché la cronologia delle edizioni ha tratto quasi tutti in inganno.
Ma questo è Onetti, riuscirà sempre a ingannarti.
ciao
m