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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Antifragile – Nassim Nicholas Taleb

antifragile

ANTIFRAGILE – Prosperare nel disordine
Nassim Nicholas Taleb
Il Saggiatore 2013

Aggiornamento 28 agosto 2013: esce domani l’edizione italiana, cambio copertina, sottotitolo ed editore. Il presente commento, del 3 aprile 2013, si riferisce alla lettura dell’edizione di Random House del 2012 “Antifragile – Things that gain from disorder”. Confido che la traduzione sia fedele.

Taleb è autore di saggistica famoso e largamente citato nel discorso ricorrente sui guasti dell’economia e della tecnocrazia; troppo citato, a sproposito spesso, troppo a sproposito. In Italia Il Saggiatore ha pubblicato i suoi libri precedenti, dei quali Il Cigno nero è certamente il più celebre, tanto che ormai l’espressione cigno nero, usata (malamente, molto malamente) per indicare un generico evento raro e con conseguenze significative, la si legge nei testi più disparati scritti dagli autori più diversi. Un evidente caso di maccheronicismo virale dal gusto tecnoeconomico pecoreccio che intronfia chi lo evacua… Sentito che robbba? Cigno nero! Te sai che vuol di’ cigno nero? Io sì e tu no, quindi io c’ho ragggione e te nun ce stai a capì n’cazzo… molto simile alla distruzione innovativa, altro motivetto ultra-citato senza che quasi nessuno abbia letto le fonti e il contesto nei quali venne pronunciata quell’espressione (ad esempio, vedere la distruzione creativa di Thomas Schumpeter poi il più recente Clayton Christensen, ma volendo sarebbe da andare molto a ritroso fino a Engels e Marx del Manifesto del Partito Comunista e Marx de Il Capitale), oppure, per rientrare sui classici, della stessa famiglia del birignao intellettual-chiccoide dei francesismi a balengo o del latinorum da presidenti di squadre di calcio. Taleb, da questo punto di vista, è da considerarsi un autore culto, se il culto per un autore lo misuriamo col grado di diffusione di vanterie discorsive da nulladicenti a lui riferite.

Il Cigno nero fu un buon libro, anche se già zoppo per i difetti che anche in questo Antifragile si riproducono e si amplificano. Divenne ultra-celebre perchè previde, in una certa misura, la crisi economica del 2008, anche se non fu né l’unico né il più accurato (vedi ad esempio Robert Schiller, ma anche, molto prima di lui il grande Benoit Mandelbrot, al quale Taleb deve praticamente tutta la sua fama); tuttavia per un meccanismo, come già detto, di maccheronica viralità innescata dal cigno nero, ripetuto babbuinescamente da orde di inconsapevoli, Taleb e il suo libro divennero emblematici, tanto che ci furono pure babbuini che lo minacciarono, come se lui e il suo cigno nero fossero stati non solo dei semplici testimoni ma addirittura i mandanti o le anime nere della crisi del 2008. Pare incredibile ma è davvero avvenuto, Taleb per un certo periodo dovette pure assoldare guardie del corpo per proteggersi dai babbuini delle stock option o dei derivati colati a picco per la loro avida stupidità. Siamo dalle parti della fatwa di Khomeini contro Salman Rushdie, ma la cosa, stranamente, è passata sotto silenzio.

Nonostante questo polverone montato attorno a un libro da una banda di babbuini isterici e fanatici (molti dei quali oggi ripetono cigno nero senza minimamente sapere cosa stanno ruminando ma con quel certo tono supponente da tecnoesperto globalizzato), è il precedente libro, Giocati dal caso, a mio giudizio il migliore come qualità saggistica per un pubblico non completamente sprovveduto o a digiuno dell’argomento. Insomma c’era della sostanza, che via via è andata scemando con le pubblicazioni successive, molto più farcite di chiacchiericcio e di aneddotica di scarsa rilevanza e molto meno approfondite. Diciamo che il target dei lettori presunti di Taleb  si è abbassato e lo stile è mutato, da saggio divulgativo di un certo rigore a pamphlet con invocazioni messianiche. Spero che non vorrà proseguire oltre in questo trend.

In estrema sintesi, quindi, la saggistica, ma anche le pubblicazioni scientifiche, di Taleb, il quale ha una lunga esperienza come broker di Wall Street, ruotano attorno all’uso malfermo, distorto, probabilmente perverso, sicuramente ignorante e schematicamente fanatico della statistica applicata alla finanza, all’economia, alla tecnologia e alla società in genere.

Con il primo libro, Giocati dal caso, torna su un tema già ampiamente affrontato da molti autori ma sempre colpevolmente ignorato dal pubblico, inclusi i professionisti e gli accademici, ovvero i limiti della modellazione statistica e i concetti, insidiosi, di casualità e causalità, troppo spesso confusi.

Con Il Cigno nero batte su un tasto, anch’esso ben noto a chi studia seriamente il problema, della rappresentazione statistica di trend e serie storiche, tradizionalmente e, di nuovo colpevolmente, spesso ancorata alla comoda distribuzione normale (la campana gaussiana, per intenderci), quando invece molti, moltissimi fenomeni, non si comportano come quella vorrebbe. Ad esempio, mostrano l’insana tendenza a produrre eventi estremi che secondo la borghese gaussiama dovrebbero accadere sì e no una volta o due nell’intera vita dell’universo. Per semplificare, è la nota faccenda delle fat tails, le code grasse o grosse, pubblicizzata da quel furbacchione di Chris Anderson, fondatore di Wired, che, secondo lo stile della casa e dei suoi epigoni, ne ha fatto un best-seller raccontando delle mezze verità-mezze fesserie. Il problema di fondo del cigno nero sta nelle assunzioni che si pongono alla base della modellazione di fenomeni reali e di processi dinamici complessi. Basta poco, a volte pochissimo, un piccolo errore nelle assunzioni, che il risultato cambia drammaticamente, effetto questo dei sistemi complessi popolarizzato, maccheronicamente ancora una volta, come l’effetto farfalla: un battito di ali di farfalla a Singapore provoca un uragano a Rio de Janeiro (non mi ricordo quali siano le località che vengono sempre citate nella retorica della farfalla, ma sono luoghi esotici, non chiedetemi quale sia il motivo, penso serva solo a fare scena… perché come disse il vate Guccini: «e poi lo traduci in italiano e in italiano dici: quella sera partimmo con la vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant’Anna Pelago… non è la stessa cosa! gli americani ci fregano con la lingua, capisci? non è la stessa cosa… un du tri quater…»).

(il video lo metto per chi vuole fare una pausa o per chi ora ha la nostalgia dei vecchi tempi)

Taleb è analista acuto ed estremamente polemico, oltreché autore abile nel cogliere temi caldi, riprendere le fredde e prolisse e accademiche analisi scientifiche per imbastirle in una forma accattivante, narrativa e provocatoria. Certamente uno dei migliori in circolazione nel fare questo. Come accennato ha nel suo carniere la collaborazione con una delle figure di spicco dell’analisi statistica ed economica, Benoit Mandelbrot, il padre dei frattali e di testi fondamentali quanto semi-dimenticati e questo, visto che ben pochi possono vantare collaborazioni con giganti del pensiero come Mandelbrot, lo pone al riparo da molte accuse pretestuose che il mondo accademico (oltre ai babbuini della finanza) gli muove contro per le invettive che Taleb rivolge ad esso (oltre a quelle che rivolge contro la finanza e la stirpe intera degli economisti). Personaggio poliedrico e vulcanico, quindi, che scrive in modo provocatorio ed estremo, pur con una solida base scientifica e documentale.

Tutto questo è anche il suo grande limite. Inevitabilmente personalizza il discorso e meno inevitabilmente fa di se stesso la star, la prima donna del palcoscenico, ricama sulle sue avventure o disavventure personali, fa di aneddoti una regola, e quel che peggio di aneddoti personali.

In quest’ultimo Antifragile va oltre, eccede decisamente estrapolando bizzarrie fatte sistema dal suo esercitarsi nel sollevamento pesi o dalla propria reazione emotiva a seguito delle minacce di cui fu oggetto. Eccede anche nel messianesimo, che può intrigare chi è digiuno dell’argomento, ma nausea velocemente chi invece cerca profondità di analisi, facendosi portatore di una sorta di visione classicista, ellenista soprattutto, secondo la quale ogni spiegazione la si ritrova nell’antichità classica. Non lo dice esplicitamente, ma l’insistenza che pone nel rievocare i classici è francamente eccessiva. Allo stesso modo eccessivi sono i rimandi a Il Cigno nero, con il proseguire di alcune ilari scenette tra personaggi introdotti nel libro precedente. No, non c’è alcun bisogno di leggere Il Cigno nero per comprendere i temi di Antifragile, può essere utile, completa, ma quei richiami sanno di pubblicità lontano un miglio.

Ma cosa vorrebbe dire antifragile? Antifragile è il terzo caso della natura di molti artefatti, sistemi, fenomeni o processi. Esistono quelli fragili, ovvero che sottoposti a un evento fuori della norma si spezzano, falliscono, crollano, si fermano. Ad esempio la finanza, o il vetro, o molti sistemi informatici o alcune persone. Poi esistono quelli robusti: quelli che invece resistono in modo stabile a sollecitazioni anche estreme, non degradano drammaticamente, non implodono o esplodono, non entrano in una crisi sistemica, ma reggono l’urto. Infine, trascurati, considerati a torto casi episodici, esistono quelli antifragili, sono quelli che si esaltano quando sono sottoposti a pressione estrema, rispondono scatenandosi, amplificandosi, diventando ancora migliori; sono quei sistemi o processi o nature che fanno della dinamicità nell’incertezza la propria linfa vitale.

Nell’analisi di Taleb, molti sistemi o processi o tecnologie o nature potrebbero essere antifragili, ma vengono impossibilitati dalla gabbia che teorie ottuse, modelli ipersemplificati, analisi miopi, preconcetti stantii, convenzioni accademiche e manageriali fondamentalmente sbagliate chiudono attorno a essi rendendoli in tal modo fragili, capaci di funzionare bene solo quando tutto scorre placidamente, come un bel fiume sereno, ma debolissimi non appena sale la piena, quella grossa e cattiva, inevitabile, come ben sanno le genti di fiume. Questo è l’errore fondamentale che Taleb mette nel mirino e che completa la trilogia iniziata con i primi due libri.

Più specificamente, il discorso ruota attorno ai comportamenti non lineari, agli effetti dell’inevitabile disordine, ai limiti o alla follia dei metodi previsionali e alle caratteristiche affascinanti e perfide dei sistemi complessi. C’è quindi dietro al discorso, eccessivo e barocco, di Taleb una storia scientifica e di analisi ampia, composta da decine e decine di studi di ricercatori, di pubblicazioni e di dibattiti. In nessun modo quanto dice può essere liquidato come la farneticazione di un invasato o il teorizzare vano di un catastrofista. Quello che fa, la parte buona, tolti tutti i limiti di cui vi ho detto, è di rendere molto visibile l’esistenza di una corrente di pensiero e molto, moltissimo, lavoro che sta andando in direzione opposta a quella del mainstream che, invece, spesso viene spacciato come l’unica direzione ragionevole, da correggere eventualmente, ma priva di alternative. Nulla di più falso.

In questo Antifragile, nonostante Taleb lo presenti come il summa della sua riflessione e il punto d’arrivo, distillato, di un percorso iniziato molto addietro, il risultato è il meno convincente tra i suoi lavori. Lungo in modo oltremodo eccessivo rispetto al contenuto reale, spesso ripetitivo, sempre in bilico tra l’impressione di un eterno prologo e improvvise avventure nell’aneddotica personale, non viene al punto, inveisce e si agita ma non riesce a farsi cinico e profondo, sembra spesso che non faccia altro che riprendere cose già dette infiocchettandole ogni volta in modo diverso, il tutto inframmezzato da sprazzi di analisi lucida, tecnica e dettagliata, gran parte della quale era già comunque apparsa nelle pubblicazioni tecnico-scientifiche precedenti.

Come vedete, sono anche io incerto tra la critica forte e l’apprezzamento. Ci sono entrambi. Le critiche ve le ho esposte, l’apprezzamento comunque c’è perché Taleb centra criticità di fondamentale importanza e allo stesso tempo largamente ignorate. Ha ragione da vendere quando sostiene che il concetto di antifragilità (o termini sinonimi) sia quasi bandito dal discorso della comunità economica e finanziaria e che tutte le enormi criticità che esso concentra siano colpevolmente ignorate dall’accademia, dai programmi di formazione e dalle conoscenze dei presunti esperti. Ha ragione da vendere quando ne fa un problema culturale, prima che tecnico o di altra natura.

Infine ha ragione da vendere quando inserisce il suo discorso nell’alveo della critica crescente, ma ancora minoritaria (enormemente più minoritaria di quanto potrebbe intuire chi ricava informazioni da fonti molto sbilanciate, come alcune comunità online o alcuni commentatori), all’impostazione tecno-centrica e tecno-adorante che imperversa nell’economia, nella finanza, nella società e perfino nella politica. La fiducia in alcuni modelli matematici e nell’efficienza forsennata dei computer nell’eseguire operazioni finanziarie rapidissime sconfina ormai nell’adorazione di neo-dei pagani, così come la stessa fiducia da folle che guida bendato in autostrada nell’inevitabile progresso e innovazione e miglioramento portato da qualunque tecnologia o soluzione che includa una predominante componente tecnologica.

Ciò che si perde, in un mondo orientato alla banalità della fragilità, è la complessità del reale, che non si adegua, né mai lo farà, alle ipersemplificazioni di chi usa modelli matematici come oracoli cretesi invece che come semplici utensili di lavoro; si perde la capacità di analisi e di indagine approfondita, quella che scava nei dettagli, dubita sempre di ogni assunzione, gira e rigira il problema per scoprire le sfaccettature nascoste; si perde la capacità di insegnare e di apprendere, insegnare ad apprendere e apprendere ad apprendere soprattutto, prima di addentrarsi nell’infinita gamma di dettagli tecnici che ci attende; si perde anche l’onestà intellettuale, merce rara e preziosissima per affrontare qualsivoglia analisi o discorso.

Insomma, come quasi sempre accade con questi saggi divulgativi di analisi critica dell’attualità, occorre un’accurata operazione di separazione del grano dal loglio. In questo caso la faccenda è un po’ più delicata che in altri, visto che il grano non è molto ma quel che c’è è di qualità sopraffina, mentre il loglio, piantaccia infestante, è parecchio.
Uscirà per Il Saggiatore, non so quando, non ho trovato indicazioni più precise di “tra qualche mese”, appena le vedo aggiorno il commento.

 

Note: 

1) Per chi fosse interessato ad approfondimenti, alcuni riferimenti interessanti sono:

[PDF] A focus on the exceptions that prove the rule
B Mandelbrot, N Taleb – Financial Times, 2006

[PDF] Black swans and the domains of statistics
NN Taleb – The American Statistician, 2007

[PDF]  Mild vs. wild randomness: focusing on Those Risks That Matter
BB Mandelbrot, NN Taleb – The Known, the Unknown, and the …, 2010

[PDF] The six mistakes executives make in risk management
NN Taleb, DG Goldstein, MW Spitznagel – Harvard Business Review, 2009

[PDF] Black Swan of Cairo: How Suppressing Volatility Makes the World Less Predictable and More Dangerous
NN Taleb, M Blyth – Foreign Aff., 2011

[PDF] Living in a world of low levels of predictability
S Makridakis, N Taleb – International Journal of Forecasting, 2009

[PDF] Why did the Crisis of 2008 Happen?
N Taleb – Available at SSRN 1666042, 2010

2) Suggerimento per citazione alternativa, e di maggior senso, spesso, del Cigno Nero.

3 commenti su “Antifragile – Nassim Nicholas Taleb

  1. alessiogr
    22 luglio 2013

    L’ha ribloggato su flaneurkh.

  2. Amleto
    18 giugno 2013

    ciao, senti condivido in parte quello che dici su Taleb. Ha un approccio un pò pretenzioso sebbene io non lo demonizzi per essere o essere stato un trader. Un pò il problema sta in quanto dici tu, in parte sta nel fatto che vari altri autori specialmente di Information Theory, Complexity and Resilience avevano anticipato un pò tutto. L’elogio dell’errore non è una novità. Tuttavia, giusto per essere precisi, Taleb non dice affatto che c’è il fragile, il robusto e l’antifragile. Non è questa la storia. In Information Theory, come sai, l’entropia di un sistema esiste nello scambio, vale a dire che l’energia di uno fluisce dentro l’altro e viceversa. Antifragile è, come tu giustamente dici, un sistema resiliente che fa tesoro degli STRESSORS,cioè dell’informazione. I sistemi robusti cadono. Attenzione. Non è come tu dici che non subiscono delle crisi. E’ il contrario. Antifragile viene dalla crisi dei sistemi robusti. Comunque il problema di Taleb, come ha detto GILDER, sta nel fatto che viola alcuni principi di InformationTheory (entropy eccetera). Scusa ma non credo siamo in tanti ad aver letto questo libro come anche Black Swan. Non credere sia molto popolare tra i manager italiani. Ultima cosa: attenzione a trattare come non credibili coloro che si fermano un pò sulla superficie. Sai che Bekenstein ha dimostrato che la quantità di informazione on the SURFACE è la stessa dell’informazione on the VOLUME per dirla veloce. Comunque grazie per il tuo blog. Molto interessante. Belle letture.

    • 2000battute
      22 giugno 2013

      Ciao. Taleb classifica i sistemi in fragili, robusti e antifragili, lo fa fin dal Chapter 1, questo non è che lo dico io.
      Poi certo, l’analisi non si limita a quello e si amplia rispetto la classificazione.
      Sui sistemi robusti, forse mi sono spiegato male, cadono, superati certi limiti di stress anche loro falliscono, come tutti i sistemi.
      Però, per come ho inteso io, il concetto di antifragilità non è tanto correlato alle crisi dei sistemi robusti, dei quali Taleb parla poco, perché poco reattivi rispetto alle dinamiche, che sono il vero punto del saggio, quanto a quelli fragili.
      Dice: “Indeed, when one writes things down mathematically, antifragility is fragility with a negative sign in front of it”, ovvero una correlazione negativa tra i sistemi fragili e antifragili rispetto le dinamiche e le sollecitazioni.
      È questo il punto che sviluppa Taleb concentrandosi sui sistemi antifragili, ovvero il fatto che, quando sottoposti a stress, tali sistemi migliorano le prestazioni o la risposta. In questo senso non lo vedo direttamente connesso alle crisi dei sistemi robusti.
      Per fare un esempio: i sistemi robusti possono avere una capacità di resistenza agli stress che decresce linearmente (sto semplificando), quelli fragili una resistenza che crolla a una soglia e quelli antifragili una capacità di resistenza che **aumenta** all’aumentare dello stress, entro un certo limite.
      È questa dinamica controintuitiva che discute Taleb, per cui il suo concetto di antifragile non è esattamente quello di resilienza, mi pare.

      Neanche Black Swan dici che hanno letto i manager italiani? Ok, non fatico a crederlo, il fatto che citino “cigni neri” a destra e a manca non implica che sappiano di cosa stanno parlando, hai ragione.
      Grazie per la citazione di Bekenstein, perfetta. Non volevo sostenere che rimanere alla superficie implichi necessariamente il non essere credibili, ma che nel caso di questo saggio, Taleb abbia chiacchierato e divagato troppo attorno al punto di discussione, raccontando la stessa cosa romanzandola un po’ troppo invece di ampliare l’analisi.

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