2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Storia dei capelli – Alan Pauls

storia-dei-capelliSTORIA DEI CAPELLI
Alan Pauls
Traduzione di M. Nicola

Edizioni SUR 2012 

Cosa succede quando ci facciamo cogliere di sorpresa? Dipende da che genere di sorpresa. Giusto, allora, devo precisare meglio. Una sorpresa positiva. Com’è che si reagisce a una sorpresa positiva? In tanti modi, naturalmente, non c’è un’unica reazione, però ci sono alcune reazioni molto comuni. Una di queste reazioni comuni, a parte quelle più comuni di tutte, intendo, come strabuzzare gli occhi, sorridere insistentemente, lasciar cascare la mandibola, emettere versi gutturali, gesticolare e cosí via, è di ricostruire una storia, dotarsi di una narrazione.
Proprio cosí, perché la sorpresa, la reazione emotiva innescata dalla sorpresa, quella scossa che ci fa dimenare come tarantolati, è la conseguenza di un fatto imprevisto, qualcosa che è avvenuto e che ci ha colti impreparati, non era annunciato, non segue l’ordine logico delle cose che secondo noi sono ‘le cose che succedono’, diverse da ‘le cose che non succedono’; è questa carica di imprevedibilità, che altrimenti chiameremmo incertezza, che si concretizza nella nostra coscienza, che sarebbe a dire che noi non sospettavamo che ci fosse questa incertezza, o se anche l’avevamo messa in conto ci sembrava più un gioco combinatorio che una possibilità e quindi, quando ci facciamo cogliere di sorpresa, quando succede l’imprevisto, noi, esseri umani, reagiamo automaticamente cercando di rimuovere l’incertezza, per questo ricostruiamo una storia fatta di passaggi logici, di eventi prevedibili che portano inevitabilmente al fatto imprevisto, improvvisiamo una narrazione.
In altre parole, ci inventiamo di sana pianta un passato inesistente. È automatico, atavico, rettiliano, quasi.

Questo per dire che io non avrei scommesso due soldi bucati su questo Storia dei capelli, solo per il titolo non ci avrei scommesso, e invece per un motivo o per l’altro, ma più che altro per nessun motivo, sono finito a leggerlo. Risultato: sorpresa, imprevisto.

Storia dei capelli è bello-bello! Un romanzo geniale, denso, teso, divertente, stralunato, malinconico, elettrico, martellante, acuto, sospeso e da meditare. Leggerlo dà un piacere intenso che pulsa pagina dopo pagina.
Gran scrittore Alan Pauls e ottima traduzione di Maria Nicola che non ha perso un colpo nel seguire il ritmo tambureggiante e lisergico di Pauls.

Il personaggio principale di Storia dei capelli, raccontato da una voce fuori campo frenetica e piroettante su passi di tango, è facile inquadrarlo come un tizio ossessionato dai propri capelli: i lunghi capelli biondi dell’infanzia, poi quelli ribelli dell’adolescenza e infine la stagione dei capelli dell’età adulta, quando perdono la leggerezza e il lucido dei primi anni e si fanno pesanti, opachi, stanchi. Questo è quello che è facile dire e che troverete riportato un po’ dappertutto, e bisogna pur dirlo, in effetti, ma cosí non si capisce niente del motivo per cui Storia dei capelli è un gran libro.

Il fatto è che il titolo è fuorviante: non è una storia dei capelli, ma una storia, una lunga storia, personale, sociale e anche politica, dell’Argentina raccontata dal punto di vista dei capelli del personaggio, è un romanzo di formazione mettendo i capelli al centro della formazione stessa, cosí come in tanti altri romanzi una storia è stata raccontata mettendo al centro della narrazione gli amori, le passioni, la natura, il gioco, i vizi, i crimini, gli eroismi, le automobili, o qualunque altro elemento iconico della parabola personale di un protagonista e della corrispondente metafora della vita in una certa epoca e in un certo luogo. Pauls fa dei capelli l’ossessione e l’ispirazione e la guida emotiva del personaggio. Geniale, bizzarro e riuscitissimo.

Un pezzo.

Perché c’è una questione che viene prima, ed è questa: come mai proprio lui, che è un caso patologico, come mai lui, con il problema che ha, continua ad andare da parrucchieri dove non è mai entrato prima? Come mai persevera nello sfidare la morte in questo modo? Eppure è così: persevera. Non può farne a meno. È la legge dei capelli. Ogni negozio di parrucchiere che non conosce e nel quale si avventura rappresenta un pericolo e una speranza, una promessa e una trappola. Potrebbe sbagliare e precipitare nel disastro, però, e se fosse il contrario? E se finalmente trovasse il genio che cerca? E se per paura non entrasse e mancasse quell’unica occasione? È un passo temerario, che in genere non compie senza garanzie o senza avere esaurito dentro di sé una lunga serie di dibattiti sterili.

‘Persevera a sfidare la morte’ entrando in parrucchieri sconosciuti. Sorpresa? Vi sono salite le sopracciglia, quei buffi ciuffetti che sventolano poco sopra gli occhi, su verso l’attaccatura dei capelli? Io dico di sí e allora un altro pezzetto.

Da quand’è che i capelli lo ossessionano, lo tormentano, lo rodono?
Non saprebbe dirlo. C’è un momento nella sua vita in cui comincia a pensare ai capelli come altri pensano alla morte. Non è che, di punto in bianco, ah, già, i capelli! Non scopre all’improvviso una cosa di cui ignorava l’esistenza. Ha sempre saputo che i capelli sono lì, da qualche parte, in agguato, ma è sempre riuscito a vivere senza pensarci, come se non esistessero. Non è un’esperienza, quella che scopre, ma una dimensione; non una cosa che fino ad allora non avesse fatto parte della sua vita, ma qualcosa che da sempre era dentro di lui a roderlo in silenzio, con la pazienza di un ruminante, in attesa del momento giusto per destarsi e dare i primi segni di vita visibile. La morte è l’esempio classico. Si sa che «c’è la morte» come si sa che il destino di ogni corpo è cadere o che l’acqua si trasforma in vapore a una data temperatura.

Adesso sentite di sicuro quella strana sensazione un po’ acidula e un po’ fumosa che si chiama ‘sospetto’. Sospettate. I capelli e la morte? I capelli e l’esistenza? I capelli e tutto quello che di naturalmente inevitabile ci accompagna?
Non è una storia di sciampiste e di acconciature, quindi? No, infatti non lo è.

È una storia sentimentale e sociale con un protagonista che attraversa gli anni Sessanta, Settanta, Ottanta fino ai giorni nostri, crescendo, da bambino a uomo, vivendo in un’Argentina prima gaudente, poi agitata, poi oscurata dalla dittatura e infine maliconicamente ripiegata. Come i suoi capelli, morbidi, biondi e lunghi, poi sporchi e impiastricciati per rincorrere la moda afro, poi ancora in cerca di identità fino a trovare quel ‘genio che cerca’ in Celso, un immigrato paraguayano sublime con le forbici e randagio nella vita.

La voce narrante scandisce il ritmo, frenetico, surreale, ironico; i personaggi colorano la storia di malinconia e di senso di deriva; Pauls scarta secco nell’epilogo, quando sembra uscire dalla storia e dai capelli e fa parlare la voce straniera di un esule, un esule di ritorno, doppiamente esule, marginale  e paradossalmente, ma non troppo, calvo, in cerca di una parrucca, quella di Norma Arrostito, celebre militante montonera.

E a un certo punto, così come un altro potrebbe mostrare un album di fotografie, o una collezione di dischi, o un fascio di lettere, più per il loro valore sentimentale o semplicemente biografico, che per quello pecuniario, il veterano di guerra gli mostra la parrucca.

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Questa voce è stata pubblicata il 6 luglio 2013 da in Autori, Editori, Pauls, Alan, SUR con tag , , , .

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