«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
L’INNOMINABILE
Samuel Beckett
Traduzione di A. Tagliaferri
Sugar 1960
(copertina dell’edizione di Sugar non disponibile)
[Libro disperso]
La copertina che mostro non coincide con titolo ed editore indicati. Lo so. La copertina è quella dell’edizione Einaudi della trilogia di Beckett, Molloy–Malone muore–L’innominabile, del 1997 con traduzione di Aldo Tagliaferri. Introvabile. Il libro che ho letto, trovato in Sala Borsa a Bologna, è la prima edizione di Sugar del 1960 de L’innominabile con traduzione di Giacomo Falco. Non c’è la copertina originale, altrimenti avrei fotografato quella e non sono riuscito a trovare neppure un’immagine.
Da qui l’incoerenza. Me ne scuso, ma quasi quasi è meglio così, come fosse stato un monito a mettermi in guardia da quello che sarei andato a scrivere in questo commento. Questa sera, sotto la doccia, il monito ha parlato chiaro.
Ecco qui quello che ho da dirvi.
Se ci fosse tra voi un lettore fedele ai miei commenti, forse ne ricorderà uno nel quale parlavo del fatto che io non so a chi mi sto rivolgendo quando scrivo queste righe; vedo uno schermo, un computer e dietro un muro bianco e nessun volto, immagino che chi leggerà sia dietro quel muro bianco. Io e voi non abbiamo contatti diretti. Non so neppure se ci siate realmente. Conosco qualcuno di voi, ma pochi. Vedo i numeri che WordPress registra e di quelli sono pochissimi quelli che io conosco. Quindi io non vi conosco e neppure so se esistiate realmente o se io semplicemente scriva al muro bianco. Ma non importa, non fa una grande differenza, non è una cosa che influisce sul mio scrivere o non scrivere, come scrivere e cosa scrivere. Il mio è un monologo, non una declamazione.
C’entra questo con L’innominabile e la trilogia di Beckett? Sí, naturalmente c’entra.
C’entra perché questa volta la regola si infrange e per scrivere questo commento ho bisogno di un interlocutore, nel senso che questa volta devo rivolgermi a qualcuno. Tu. Devo pronunciare ‘tu’, tu che mi leggerai, tu che mi ascolterai, ‘tu’, non ha nessuna importanza chi tu sia, ma questa volta tu sei di fronte a me e io mi rivolgo a te, a te direttamente, siamo io e te che parliamo, non è proprio così perché tu non parli con me, ma io invece parlo con te, io parlo con te.
Tu che leggi; tu che leggi non so perché tu legga, avrai i tuoi motivi, come io ho i miei per scrivere, ma è possibile, e non ci sarebbe niente di male se così fosse, che tra i tuoi motivi per leggermi ci sia quello di farsi consigliare, di ricevere suggerimenti. ‘Ah sembra interessante questo’ ‘Ah mi hai incuriosito’ ‘Ah non lo conoscevo, adesso lo leggo anche io’. Non c’è niente di male se lo fai, non perché quello che dico io abbia un qualche valore, ma perché è normale farsi consigliare, suggerire, incuriosire. È così che viviamo, io, te, tutti, quasi tutti.
Magari lo hai anche già fatto di farti incuriosire da un mio commento. In fondo è anche per questo che scrivo, certo che è anche per questo, o almeno, che pubblico quello che scrivo, perché mi piace pensare che qualcuno si possa far incuriosire e quindi decida di leggere lo stesso mio libro. Non ci guadagno niente, tanto più che non lo so se lo facciate oppure no, mi piace pensare che possa accadere. Tutto qua, non c’é niente di male.
Magari lo hai anche già fatto di farti incuriosire da un mio commento.
Magari lo hai anche già fatto di farti incuriosire da un mio commento.
Magari lo hai anche già fatto di farti incuriosire da un mio commento.
Lo hai già fatto?
Sei stato contento? Sei rimasto deluso?
Non lo so, non me l’hai detto e hai fatto bene a non dirmelo. Perché avresti dovuto?
In ogni caso, anche se ti ha deluso, è stata una cosa così tremenda?
Spero proprio di no. Anzi, io direi di essere sicuro che non lo è stato.
È solo un libro, abbiamo letto lo stesso libro, ma tu hai letto il tuo e io ho letto il mio. Piace, non piace, chi lo sa, io non so neanche se un certo libro piacerà a chi conosco benissimo, figuriamoci se posso sapere se piacerà a chi non so nemmeno se esista davvero o sia solo un numero di WordPress, e poi succede a tutti di leggere libri che non piacciono, come di fare cose che non piacciono. In generale, pazienza. Passiamo al prossimo, no?
Mi stai seguendo? Non importa se ti stai chiedendo dove voglio andare a parare, te lo dico tra poco, ma mi hai seguito fino qui?
Andiamo avanti.
Quindi, continuamente, in modo diretto o indiretto, volutamente o meno, si danno consigli, suggerimenti; e si ricevono, alcuni si accolgono, molti no. È un dare e un avere, una corrente nelle due direzioni.
Ma cosa c’entra la copertina sbagliata con tutto questo? Cosa c’entra Beckett? Ho detto che c’entra e tu ti starai chiedendo ‘cosa’ ‘come’ ‘dove’ c’entra.
E poi perché ‘tu’, che storia è questa del ‘tu’?
Io scrivo commenti ai libri che leggo, non dimenticarlo. Scrivo quello, poi magari divago, ma tutto ruota solo e soltanto attorno al libro, non lo uso mai a pretesto per ciancicare a caso. Quindi anche tutto questo brano è già il commento a L’innominabile, ancora non ti ho spiegato in che modo lo sia, ma tieni presente che ci muoviamo di moto rotatorio e al centro c’è questo libro e quella copertina incoerente; ecco l’eccezione di questa volta, l’elemento che sbalza i piani e confonde la logica. Ecco il monito di cui dicevo, quello che mi ha parlato sotto la doccia. I piani si sono sbalzati questa volta. Molto sbalzati.
Tu, che magari lo hai anche già fatto di farti incuriosire da un mio commento. Questa volta non devi farlo. Non devi farlo. Non devi farlo per nessuna ragione. Devi resistere e non farlo.
Se senti che ti sto incuriosendo è male. È molto male. Devi saperti frenare, devi saper tenere il controllo delle tue emozioni, non devi delegarmele questa volta, non devi farti affascinare, non devi farti turbinare, non devi farti risucchiare nel gorgo. Devi tenere tu il controllo.
Ne sei in grado? Se non lo sei o se ne dubiti fortemente fermati qui. Non continuare a leggermi. Ignorami e dimenticati de L’innominabile, della trilogia e di Samuel Beckett.
Ci ritroviamo la settimana prossima, non preoccuparti, la settimana prossima i piani si sono ristabiliti e tutto torna normale, io ti suggerisco, tu, se vuoi o se capita, ti fai incuriosire e va bene così, siamo tutti salvi, io di qua, tu di là.
Dico sul serio. Prendi seriamente quello che ti sto dicendo. Non è un trucco. Fermati qui e ci risentiamo la prossima settimana. Se vuoi puoi scrivermi (la mail la trovi se guardi su 2000battute) e dirmi che sono uno stronzo ad averti messo in un angolo in questo modo. Oppure puoi usare i commenti, qui sotto. Non ti blocco, non ti cestino, non ti sberleffo. Non faccio nulla. Leggo e ti comprendo. Ok? Sto parlando sul serio.
Non farti incuriosire questa volta.
Non farti incuriosire questa volta.
Non farti incuriosire questa volta.
Perché, vedi, ci sono libri e libri. E già lo sai senza che te lo dica io. Ma, ci sono libri molto particolari e ci sono gli altri libri. Allora, non è la stessa cosa suggerire o farsi incuriosire dal libro che ha vinto il Premio Strega, senza nulla togliere al libro che ha vinto il Premio Strega, o dai libri della cinquina del Premio Strega, non che ce l’abbia con il Premio Strega, è solo che è il più famoso e c’è appena stato, e farsi incuriosire da L’innominabile di Samuel Beckett che è un libro ma non è solo un libro perché è un unico libro con gli altri due della trilogia anche se non si tratta di un unico libro, sono diversi, sono molti diversi e anche molto simili, sono, appunto, libri o un libro molto particolare, per questo che io non abbia trovato la copertina e abbia messo quella della trilogia cade alla perfezione, è di una perfezione tale come solo il caso riesce a produrre, perché sto parlando dell’ultimo libro, L’innominabile, ma devo includere l’intera trilogia, non è scindibile e neppure possono essere messi insieme.
Non sto insinuando che questo libro e questa trilogia siano libri “pericolosi”, non esistono libri pericolosi, e questi non lo sono neanche un po’, ma particolari sì, molto particolari. E allora, tornando ai consigli o i suggerimenti, anche impliciti, anche solo di quelli che leggono un libro e twittano ‘È bellissimo’, basta solo questo, per non dire di quelli che dicono ‘Mi ha cambiato la vita’, cose così, anche molto emotive, un po’ sentimentali, anche romanticherie da adolescenti, sono tutti suggerimenti, dietro ci sta ‘Leggilo! Leggilo!’, è vero? Per non dire di quelli che sembrano degli uffici stampa e forse lo sono o più probabilmente lo vorrebbero essere, va tutto bene, basta ignorarli, ma anche se ci si fa incuriosire sono in definitiva innocui, male che ti vada ti ritrovi a leggere un libro della cinquina del Premio Strega, pazienza, fallo e passa al prossimo.
Poi ci sono i libri particolari, come L’innominabile e tutta la trilogia di Beckett con i quali i piani sobbalzano e allora ti può capitare di trovare uno che l’ha letto e che lo commenta, io ad esempio, magari per caso o perché mi conosci o perché conosci 2000battute, e non sai, e quello che sto cercando di fare è invece di fartelo sapere, che quelli come me, quelli che leggono libri particolari e li commentano, che sembrano tutto sommato un po’ lo stesso tipo di persone di quelli che leggono un libro della cinquina del Premio Strega e scrivono ‘Mi ha cambiato la vita!’, sì magari non siamo proprio uguali, le differenze si vedono, ma, insomma, voglio dire, sempre gente che legge un libro e dice la sua siamo, no? e quindi è questione di gusto personale, uno si fa incuriosire dal cinquinaro del Premio Strega e tu da uno dei libri di 2000battute, va bene, il mondo è bello perché è vario e non siamo tutti uguali per fortuna, che problema c’è?
E invece no, c’è un problema. Il problema è che ‘Mi ha cambiato la vita!’ detto del cinquino del Premio Strega è innocuo come una pubblicità di un deodorante, male che ti vada per una volta ti puzzeranno le ascelle, pazienza, lo cambi. Invece quelli che usano gli stessi trucchi, solo un po’ più sofisticati e ricamati, per incuriosirti a leggere un libro particolare come L’innominabile sono (siamo) dei bastardi. Sì, dei bastardi. Sono/siamo dei bastardi perché ti spingiamo con l’inganno o dentro un banco di nebbia che ti uccide per la noia generata come meccanismo di difesa di fronte al totalmente incomprensibile oppure ti spingiamo in un maelstrom letterario che rischia di sbriciolarti il cervello perché là dove ti spingiamo c’è un bivio, da una parte si va nella direzione della follia, nella foresta buia dei pazzi, dall’altra si entra nell’empireo della parola sublimata, resa incorporea, scarnificata, strappata dal reale e dalla carne dell’uomo e resa fluttuante in un universo di parole e di leggi fisiche fatte con parole che producono parole e sostengono catene di parole.
In altri termini, siamo dei bastardi se non ti mettiamo in guardia, ecco il monito della doccia, di non farti incuriosire come potresti fare con un libro comune, perché con i libri comuni si sfocia in una valle placida; con questi libri particolari ci si spinge ai confini della letteratura, agli estremi della parola, di qua si va in un mondo che può essere orribile o sublime. Tu devi guidare te stesso con prudenza e con mano ferma. Non io. Io non ti devo incuriosire, io ti devo mettere in guardia e dissuadere.
Non leggerlo. Non mi credere. Io ti sto mentendo. Io ti sto ingannando. Sono solo trucchi quelli che ho usato fino ad ora. Ti ho preso in giro. Ti ho menato per il naso. Ti ho usato come un pupazzo. Niente di quello che ti dico è reale. Niente di tutto questo è vero. Solo menzogne. Solo illusioni. Solo immagini accattivanti per condizionarti. Io non sono sincero. Io non sono onesto. Io non sono tuo amico, non ti voglio bene, non me ne importa niente di te. Leggi la trilogia di Beckett. Leggila tutta. Molloy, Malone muore e L’innominabile. È un capolavoro, uno dei più grandi, uno dei più misconosciuti e indecifrabili, una follia lucida. Falso, falso, falso. Ricorda, ti sto mentendo. Ricorda che tutto quello che dico ruota intorno a un libro e una copertina e i due sono incoerenti, i piani sobbalzano. Solo a quello io penso, solo quello a me importa. Non ti fidare di me. Non mi credere.
Beckett scrive la trilogia ossessionato da Joyce, dall’Ulisse certamente, forse anche da Finnegans Wake, che io non ho letto ma so cos’è e non mi considererò mai un buon lettore finché non avrò assorbito anche Finnegans Wake, l’incomprensibile, l’insensatezza per eccellenza. Non a caso in molti hanno scorto legami evidenti tra Molloy e l’Ulisse. Vero, confermo, l’ho anche scritto.
Con la trilogia Beckett uccide lo spettro di Joyce. Lo uccide, sì, non semplicemente lo esorcizza, ma lo uccide e per farlo uccide, letterariamente, se stesso come autore, dilania la letteratura, la sua letteratura, sventra la forma del romanzo, della narrazione, e tutto con il fine ultimo di stritolare il flusso di coscienza di Joyce, di scrivere un libro che non è un libro ma sono tre, ma non sono semplicemente tre ma tre ed uno, uno e trino, potrei dire blasfemicamente, tre libri per tre fasi, tre fasi della morte, tre vite della morte, dei personaggi, della narrazione, dei romanzi e delle parole in forma di flusso di coscienza. Beckett si rende folle per distruggere il flusso di coscienza rendendolo il delirio di un pazzo, poi il vaneggiare di un moribondo e infine una nuvola di parole pronunciate da un uomo che non si sa più neppure se sia vivo o morto, se sia ancora un essere umano o sia diventato un baccello, un grumo di carme putrida, uno spirito, un ricordo, un vaneggiamento che vaneggia, un nulla la cui sola essenza sono le parole che pronuncia, una linfa vitale la cui vita non è biologica ma dialettica, nella quale al respiro si sostituisce un monologo, insensato, come lo è il riciclo di aria nei polmoni.
Per questo è un gorgo o un banco di nebbia, dipende dal ramo che percorri di quel bivio.
Mi stai ancora seguendo, ‘tu’?
Allora ti chiedo di fare un’ultima cosa.
Ascolta questo brano musicale. È celebre. Si tratta di John Cage, il titolo è 4’33”. Ascoltalo per favore. Per favore.
L’hai ascoltato. L’hai ascoltato TUTTO?
No? Va bene. Allora riprova, per favore. Per favore.
Ora? L’hai ascoltato tutto?
No neppure questa volta? Allora davvero, non leggere L’innominabile, non leggere la trilogia di Beckett.
Leggere L’innominabile non ha senso, come leggere il Paradiso della Divina Commedia senza avere prima letto l’Inferno e il Purgatorio. È insensato.
Puoi leggere Molloy, che è un capolavoro, ed ha ancora una storia, anche se già in parte dilaniata. Poi decidi. TI fermi? Ok. Procedi? Va bene, allora leggerai Malone muore che, come quasi sempre accade nelle trilogia, è il ponte tra l’apertura della rappresentazione e l’epilogo, è il libro di passaggio nel quale avviene la metamorfosi ma non si completa, si scarnifica, la narrazione inizia a sbriciolarsi, Malone è un moribondo in un letto quindi niente più si sposta, il personaggio è in un letto non si sa dove, ma ancora racconta storie, quindi si seguono le storie irreali e deliranti che racconta finché queste prendono a confondersi, a ritorcersi, non s capisce più bene di chi sia la voce, di Malone, dei personaggi delle storie, del narratore onnisciente, tutto sembra fluidificarsi e mescolarsi in un senso crescente di irrealtà e incomprensibilità. Poi, di nuovo, decidi. Ora forse vorrai fermarti. Ok. Ma invece ti sei fatto incuriosire e vuoi arrivare in fondo, ne manca uno solo, L’innominabile. E lo leggi. Credi di leggerlo. E invece sei al bivio, forse l’hai già superato, forse era verso la fine di Malone muore, nascosto nel rimescolio. O forse no, forse ti ci stai avvicinando. Chissà. Leggi L’innominabile, credi di leggerlo, ma non sai cosa stai leggendo perché Beckett ha scarnificato tutto, ha stretto il gorgo letterario fino a frantumare la forma letteraria e restituire parole. Lo dice l’innominato, lo spiega anche, ma è talmente bizzarro che forse non lo hai colto o forse non hai immaginato il significato perché assurdo, infatti lo è, assurdo, spingere la narrazione fino a una nube di parole in modo tale che le parole stesse costituiscono la propria forma.
L’innominabile è bellissimo tanto quanto può essere bellissimo 4’33” di John Cage, oppure allo stesso modo può essere solo noia o solo coreografia o solo esibizione surreale.
Dipende da te, non da me.
Io non ti posso spiegare niente, posso solo mentirti, come ho fatto, dall’inizio alla fine.
Posso solo chiederti se hai sentito la musica e le voci quando hai ascoltato 4’33”.
Se non hai sentito musica e voci, allora non leggere L’innominabile e nemmeno la trilogia. Non perdi nulla. Solo un silenzio.
Non ti posso spiegare il perché di un silenzio.
Se invece le hai sentite, musica e voci, secondo me faresti bene a provaci, se vuoi.
Come faccio, in queste condizioni, per scrivere, a non considerare che l’aspetto manuale di questa amara pazzia? Non so. Potrei saperlo. Ma non lo saprò. Non stavolta. Sono io che scrivo, io che non posso sollevare la mano dal mio ginocchio. Sono io che penso, giusto quanto occorre per scrivere, io che ho la testa lontano. Sono Matteo e son l’angelo, io venuto prima della croce, prima del peccato, venuto al mondo, venuto qui.
“Questi Murphy, Molloy e Malone vari non mi imbrogliano più. M’hanno fatto perdere tempo, mancare il mio dolore, dandomi modo di parlare di loro, quando bisognava parlare soltanto di me, per poter tacere. […] non hanno sofferto i miei dolori, i loro dolori non sono nulla in confronto ai miei, nient’altro che una piccola parte dei miei, quella dalla quale pensavo di potermi distaccare, per contemplarla. Ora se ne vadano, loro e gli altri, quelli che mi hanno servito e quelli che ancora aspettano, che i restituiscano quello che ho loro inflitto e spariscano, dalla mia vita, dalla mia memoria, dalle mie vergogne, dalle mie paure. Ecco, non ci sono più che io, qui, nessuno mi gira intorno, nessuno viene verso di me, davanti a me nessuno ha mai incontrato nessuno. Queste persone non ci sono mai state”.
—
Samuel Beckett, “L’innominabile” (1949), trad. di Aldo Tagliaferri, Einaudi, 1996, 2018
Contrordine!! L’ho trovato epub! Saluti!
Disperso. Devo rassegnarmi a non leggerlo? Che senso ha? Bah..
Per farla breve, dove lo trovo. Ho trovato Molloy e Malone muore. Attendo grato.
qualche biblioteca ce l’ha, altrimenti non so
entro nella mia libreria preferita e vedo sullo scaffale in alto una vecchia edizione de l’Innominabile con una sdrucita copertina recante due occhi obliqui che mi ricordano gli occhi del Buddha dipinti sugli stupa nepalesi ( ahimè mio adorato Nepal) e dietro fanno capolino gli altri due volumi della trilogia.
il libraio mi dice che sono una vecchia edizione lasciata in conto vendita da un signore che non ha resistito , vedendoli su una bancarella e già possedendoli li ha riacquistati perchè non poteva lasciarli lì e così adesso sono in vendita alla cifra di 200 euro.
per passare un Natale fuori dall’ordinario, che dici, li compro???
io non sono un collezionista, per cui non consiglierei mai di spendere 200 euro per un libro che dovrebbe essere in vendita a un decimo. Einaudi mi fa veramente infuriare ogni volta che ci ripenso
il tuo ragionamento non fa una piega.
non ho resistito e li ho acquistati.
un pò perchè li devo avere, un pò perche’ sono datati 1960 ( anno della mia nascita) e un pò perchè ci sono le foto dell’autore nel risvolto di copertina bello e allucinato.
adesso puoi detestarmi ….ciao 2000 , ti auguro un felice 2016!
non ti detesto, ti invidio moltissimo. Buon anno
Ho letto il tuo lungo articolo sull’Innominabile, che sto per terminare di leggere. Ci ho messo un mese. Per poco più di 150 pagine è la media di 3 pagine al giorno, una lentezza disarmante, lo ammetto. Ma continuo a non riuscire a leggere per più di qualche periodo, nè ho intenzione di rileggerlo a breve. La trama non esiste, ma non è questo il punto. Non esiste nemmeno il senso della lettura, si potrebbe leggere una pagina si, una no, due pagine in avanti, due indietro, mezza pagina, poi tre quarti di pagina e infine 3 pagine di seguito, senza pause o con pause di sei ore. Non conta.
E’ bellissimo lo stesso.
Hai ragione, non ci avevo pensato. Si potrebbe leggerlo come dici tu e rimarrebbe insensato e bellissimo uguale. Quando l’ho letto io ero invece piombato come dentro un incubo di quelli dai quali non riesci a uscire né ti puoi svegliare e quindi andavo avanti senza pausa come scavando la terra in fondo a un pozzo, era delirante ma non riuscivo a staccarmi. Un libro inimitabile.