«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
TRATTATO DELLE PASSIONI DELL’ANIMA
António Lobo Antunes
Traduzione di R. Desti
Feltrinelli 1998
[Libro disperso]
Sì…ma.
No…però.
Sono indeciso se per me questo sia un libro Sì…ma oppure un libro No…però.
Penso Sì…ma, con qualche dubbio tuttavia dovuto al fatto che riconosco di avere un debole per Lobo Antunes che, nonostante sia portoghese, ha molto in comune con i miei amatissimi argentini per quel senso estetico barocco, carico di sfumature, con le coluriture degli aggettivi che procedono a ondate di un mare che si ingrossa, spuma, cavalleggia, romba e puzza di putrido scaricando sulla battigia pesci morti e alghe marce e con stormi di lugubri gabbiani e albatri che biancheggiano urlando nervosi per strappare brandelli di quei cadaveri.
Riconosco anche a Lobo Antunes di essere un maestro degli epiloghi. Scrive per l’epilogo, i suoi libri, almeno i due che fin qui ho letto, e questo ancor più del primo, sono delle costruzioni ridondanti, fatte di tanti piccoli frammenti accatastati uno sull’altro, a strati, insistenti, mai leggeri perché impregnati di acqua, di pioggia sporca colata da grondaie rugginose, acqua di pozze fangose, acqua di fiume paludoso, acqua pesante. Lobo Antunes costruisce questo Trattato delle passioni dell’anima come un lungo e lento prologo, molto lungo, molto lento, concentrico con ampie volute che talvolta divagano, sembrano quasi uscire dai binari della spirale, quasi traggono in inganno fintando in una direzione nuova per poi rientrare immancabilmente in traiettoria, quella traiettoria che lentamente, molto lentamente, affannosa, surreale, ansimante precipita sull’epilogo, il cuore e il polmone del libro.
Epilogo a sua volta lungo e lento, inesorabile, annunciato, ve lo dico subito, i due muoiono, l’Uomo e il Giudice, sparati, mitragliati, come cani lebbrosi, non c’è suspense, non c’è noir negli epiloghi di Lobo Antunes, non è quello lo scopo, quanto di stringere lentamente e inesorabilmente la spirale.
Gli epiloghi di Lobo Antunes sono spietati e meravigliosi nella loro lentezza inesorabile, come il tempo di una vita che passa, lento e inesorabile, indifferente a qualunque scodata, agitazione, slancio o porcheria.
Prima dell’epilogo viene la storia, la baracca miserabile della vita dei protagonisti.
Due: l’Uomo e il Giudice, il terrorista e il suo inquisitore, i due amici d’infanzia, il figlio del signore e il figlio del fattore, i due opposti uguali, la contraddizione coerente, la spietata treccia nella quale si avvinghiano le esistenze.
Il Portogallo del Trattato delle passioni dell’anima è lercio, decadente, miserabile, perverso, violento, crudele, spietato, inumano. Tutti i personaggi ne sono pervasi, ne sono figli legittimi, funghi cresciuti sullo stesso humus. Le vittime sono colpevoli quanto i carnefici, quanto gli oppressori quanto i miserabili quanto gli animali, le case, la vegetazione, gli adulti e i bambini, i terroristi e i poliziotti, i potenti e i cenciosi.
E su tutto e tutti, volteggiano gli uccelli, bianchi ed enormi: cicogne, gabbiani, albatri; volteggiano come spettri come monumenti come demoni come mangiatori di carogne come angeli lugubri. Gli uccelli, ossessione di Lobo Antunes e sua figura iconica della inestricabile fusione tra bellezza e orrore.
DI nuovo, come in Spiegazione degli uccelli, Lobo Antunes spesso appesantisce il tratto con inserti che dal surreale virano nel grottesco, dall’ironico al sarcastico, dalla tensione della ridondanza alla mollezza del ridicolo. Non so se sia una scelta stilistica precisa, io la trovo inutile, anzi dannosa, come uno stridore eccessivo in una cacofonia, uno strepito in un vociare, un profumo sul fetore.
Di nuovo questa è la mia perplessità su Lobo Antunes, il mio Sì…ma.
Le pagine si susseguono con continui salti di voce, di prospettiva e di tempo, la storia avanza come una collezione di inserti, non è lineare, ma cresce per sedimenti che si accumulano. Talvolta avanza faticosamente, talvolta la prospettiva sembra smarrirsi e talvolta si sbuffa alle gigionerie di Lobo Antunes.
Può stancare, certo. Ma vale la pena pazientare e tollerare, perché è tutto e solo un lungo prologo per arrivare finalmente a poter dare il via all’epilogo, dove Lobo Antunes spiega le ali della sua scrittura frammentata e disarticolata, ali candide, enormi, implacabili, inspiegabili e lugubri come quelle di un grande albatro del Tago.
La barra del mulino aveva smesso di girare in cerca di vento, gli alberi di fico, senzaluce, mettevano in mostra le cartilagini delle radici, gli agapanti brusivano febbricitanti nelle zolle delle aiuole, i colombi, senza orizzonti di olmi, perdevano l’orientamento all’altezza di Monsanto, e mio padre, accovacciato nel solco dell’irrigazione, con la bottiglia fra le ginocchia, assisteva perplesso al rantolo di broccoli e rape. Persino le statue di ceramica del giardino erano invecchiate di secoli, a petto scoperto, ostacolate nel respiro dal crepitio dei roseti. Rimanevano le galline che, in mancanza del becchime, beccavano esasperate le loro stesse uova, e i pettirossi che mordicchiavano le ciliegie lasciate cadere per terra dagli alberi.
Il libro è disperso, talmente disperso che non riesco neppure a trovare un’immagine decente della copertina e mi tocca ritornare in biblioteca per fotografarla. Ma guarda te se Feltrinelli mi deve costringere a questa seccatura, ma io dico… non lo so… non si fa, ecco, neanche un’immagine decente della copertina, santiddio?
Poetella , anche “Le Navi” è un gran romanzo, ma “In Culo al Mondo” è un capolavoro assoluto. Io tuttavia non apprezzo tutta l’opera di Lobo Antunes. Perché ha un certo punto ha cambiato moduli narrativi, orientandosi verso forme quasi sperimentali e tradendo, non sempre peraltro, le premesse liriche e le densità dei suoi primissimi romanzi?
Alleluiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Finalmente qualcuno che parla del mio amore!
Finalmente qualcuno che lo conosce!
Adoro Lobo Antunes…
Ho già letto 9 (nove) suoi libri. Sempre in estasi.
Pochi giorni fa sono riuscita a trovare persino Le navi, da tempo esaurito e ora, pare, ristampato…Io ne ho trovato una vecchia copia quasi per miracolo.
Se volessi, se ti interessasse, c’è una mia prova di recensione al suo ultimo (ultimo da noi, che lui ne ha già scritti altri tre, ma non sono ancora stati tradotti) Arcipelago dell’insonnia…
Questo il link…se ti interessasse…
http://poetella.wordpress.com/2013/06/13/poetella-ci-prova/
Ciao. Sono ferlice che finalmente qulcuno ne parli. Mi sentivo sola.
non sei sola, fidati, qualcuno, non so, forse una decina, di lettori di Lobo Antunes ci sono in giro.
certo, lo leggo il tuo commento, quel libro non lo conosco e mi incuriosisce, anche se ora stacco che vado a leggere un po’ e non ci crederai cosa sto leggendo ma è proprio così… In culo al mondo.
ciao
è straordinario!
Buona lettura.
Ma di Lobo Antunes non hai ancora letto lo straordinario “In culo al mondo”?! Uno dei più bei romanzi degli ultimi decenni!
Mi hai letto nel pensiero, l’ho giusto comprato una settimana fa per cui presto lo leggerò.
alla fine lo hai trovato! In Sormani?
eleanor
A Bologna Sala Borsa