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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

I due allegri indiani – J. Rodolfo Wilcock

i due allegri indiani

I DUE ALLEGRI INDIANI
J. Rodolfo Wilcock
Adelphi 2011 

Ristampa dell’edizione del 1973 quando il genio di J. Rodolfo Wilcock, di nascita argentino, italiano d’adozione e strepitoso giocoliere della lingua italiana lo partorì.
Definirlo demenziale non gli rende merito, stupendamente demenziale ci si avvicina già di più, ma forse è definendolo una spettacolare presa per i fondelli che si riesce a condensare in pochi termini questo libro, I due allegri indiani, divertentissimo, irriverente, caustico, demenziale, per l’appunto, sovranamente spernacchiante rispetto gli usi e costumi italici e, come già accennavo, frutto della penna di un funambolo della lingua italiana.

Per farvi capire, il libro è la storia della scrittura del libro a puntate I due allegri indiani, i cui trenta capitoli compaiono sulla rivista di ippica Il Maneggio, più altre lettere, testi, suppliche e apocrifi sparsi che tinteggiano l’uscita dei trenta capitoli. L’autore dei trenta capitoli è tal Vincenzo Frollo in arte Fanalino di Coda. Inizialmente, Fanalino di Coda.

Via via che scrive i trenta capitoli il nome d’arte, se così si può dire, diventa: F. di P., F. di Co., FANDICOD, Poet Doctor di Coda, FANALINO DI CODA, Vincenzo F. di C., Fanalis Codae, F. di Coda dell’Alala, Fanalino (Fany) di Coda, Filottete di Coda, V. F. C., Fany de Cody, Sandro l’Egiziano (Fan Alala), Fanfrollo, Nguyen Fan Codong, F. von Cod, Fanin Kodaly, F. Di Coda marchese De’ Gatti, Monsieur De Kodak, Vinitius Frollovič Codaev etc. etc.; poi riparte con le variazioni di Vincenzo Frollo, il quale a ogni comunicazione cambia alloggio, sempre se così si può dire, e deperisce per via di un inspiegabile malanno a un piede.
Gli alloggi o residenze o bivacchi del grande poeta sono: Albergo del Popolo (Centro Ricettivo Gioventù Maschile), Casa dello Studente, il Bar sotto l’Albergo del Popolo, Libro-Cartoleria La Dispensa, Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (durante il suo periodo mormone), Basilica Neopitagorica di Porta Maggiore in Roma, Canile del dott. Parrelli, «Happy-Foot Cisterna» (una vetrina espositiva al Prenestino) e, infine, una roulotte abbandonata in Via del Mandrione di fronte al 72, sempre in Roma.

Ma che senso ha che io abbia trascritto questi elenchi strampalati?, chiederete voi, forse. Nessuno. È pura insensatezza. I due allegri indiani è un coacervo di insensatezza, assurdità e ridicolaggine con questi due indiani, Daino Rosso e Cavallo Alto, come protagonisti di storie indiane, anche se quell’India, che poi non è l’India visto che sarebbero indiani americani, somiglia stranissimamente a Roma e all’Italia, ci assomiglia talmente tanto che a leggere uno gli sembra proprio che sia ambientato nell’India romana, invece che americana o propriamente indiana, e che le storie dei capitoli, scritti in modo grottesco e senza alcuna logica, siano in realtà storie non proprio indiane, ma romane o italiane.

Poi si aggiungono le lettere dei lettori, i concorsi per i lettori, le lettere agli associati, le minacce della moglie inferocita e pure un po’ bottana del Frollo Vincenzo, il piede malandato, i continui traslochi, le finte lettere dei lettori, il truffatore italo-americano e insomma, mettete tutto insieme questo circo di vagabondi farneticanti e ottenete, come dicevo, una strepitosa, strampalatissima e divertentissima presa per i fondelli.

Geniaccio di J. Rodolfo Wilcock, quanto ho riso.
Vi lascio con un pezzetto demenzialissimo.

L’ESPERTO RISPONDE

Signori Autori del Romanzo
MANEGGIO

Spettabile Ditta:
Vorrei precisare che queste straniere potrebbero essere un po’ più pudiche e riservate, giorni fa passando sul piazzale della stazione Termini, mi vergognai io per loro!
Un gruppo di cinque o sei turiste forse tedesche facevano schifo, con i loro calzoncini cortissimi e un minuscolo reggiseno senza spalline!
Una in particolare mi colpì, aveva un paio di calzoncini leggerissimi quasi trasparenti, attillati che sembravano, anzi ebbi la sensazione che fossero proprio mutandine di nailon uso biancheria! E portava qualcosa sotto… forse assorbente.
Certo un uomo non rimane insensibile a certe spudoratezze. Anche gli agenti e i vigili nascondono un uomo sotto la divisa, come tutti. E quindi di che si lamentano? Trovano proprio quello che cercano.
Io sono una donna seria e moderna, ancora trentacinquenne, porto i calzoncini anch’io a volte ma con decenza e ho il fidanzato. Invece a queste turiste dovrebbe essere vietato girare in città perché non sono quello che vogliono far credere.

Una vostra giovane lettrice
Rossana De Angelis
Via Casilina 275

L’esperto risponde:
Trovansi in commercio presso le ditte specializzate utilissimi fogli di ogni larghezza e lunghezza di plastica colorata per accappatoi o mantellette non perforabili anche nei colori della propria scuderia.

***

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Questa voce è stata pubblicata il 21 settembre 2013 da in Adelphi, Autori, Editori, Wilcock, J. Rodolfo con tag , , , .

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