«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
L’EPOCA GENIALE E ALTRI RACCONTI
Bruno Schulz
Traduzione di Anna Vivanti Salmon
Einaudi 2009
(Questo è il commento numero 200. Piccola festa con gli autori, 2000battute e Cornelio Nepote, e tutti quelli che passano da qui. Non poteva esserci modo migliore per festeggiare di avere il grandegrandissimo piacere di leggere il meraviglioso Bruno Schulz. La fortuna bacia i fortunati, come direbbe qualcuno.
Grazie a tutti. –2000battute
Tengo la commozione per chista sceneggiata strappacore (e ‘na cipolla in mano). –Cornelio Nepote)
Non conoscevo Bruno Schulz. Solo il nome, quello sì, e che era polacco. Un genio della scrittura. Di più, un funambolo, un giocoliere dell’arte del raccontare. Sì, già, un giocoliere, avete presente i giocolieri del circo? Avete mai visto un giocoliere veramente bravo, uno straordinariamente bravo, talmente bravo da sembrare irreale quello che fa, tanto che aguzzate la vista per capire il trucco perché non può, è impossibile che riesca a fare quello che sembra fare, guardate e riguardate e alla fine vi convincete che lo fa veramente, ma il sapere che non c’è trucco lo rende ancor più irreale così continuate ad ammirarlo increduli, ammaliati, senza più neanche cercare di capire come possa riuscirci, lo guardate piroettare, turbinare, far volare palle, anelle, bastoncini, farli rotolare, saltare, ininterrottamente, come guidati da un filo che non c’è, come sospesi da una mano invisibile, come mossi da un motore nascosto, assistete al grande spettacolo dell’irreale con gli occhi sgranati. il sorriso sulle labbra, il cuore che accelera e una cascata di colori che vi sommerge. Se non l’avete mai visto, questo giocoliere esiste e si chiama Francis Brunn.
E a guardarlo, tornate bambini. L’irreale messo in scena vi entra negli occhi ricoprendoli di una polvere d’oro, scivola veloce lungo i canali del cervello, svolta alla prima chiusa, svolta alla seconda, precipita da una cascata, prende ancor più velocità e si interra, come un fiume carsico scende negli strati profondi, si apre una strada sotto i detriti del tempo e della vita fino a raggiungere la grotta azzurra della vostra infanzia, là dove siede ancora e gioca e balbetta e s’incanta il bambino che foste, il bambino che siete, il bambino dal quale venite. E la grotta s’illumina di polvere d’oro.
Questo è anche Bruno Schulz, senza palline e bastoncini, ma con le parole e i suoi racconti. Un giocoliere fenomenale che fa piroettare le immagini, roteare le frasi e saltare ininterrottamente le storie che racconta.
Nella mia cosmogonia degli scrittori, ci sono gli dei dell’Olimpo, i sovrani delle lettere, gli immortali Maestri dell’arte del romanzo. Poi ci sono altre creature, divine, o metà divine e metà umane, più per gioco che per rango, creature dei boschi, dei laghi e delle nuvole, figli, fratelli, sorelle degli dei, sono i giocolieri, sono gli artisti della parola, coloro il cui talento è talmente grande che non importa cosa raccontino, non importa chi siano i personaggi, dove li situino, quando ambientino le loro storie. Non importa. Qualunque storia fa lo stesso per loro, che sia d’amore, di famiglia, di caccia, di donne, di uomini, di mare, di lago o di montagna. Loro prendono qualunque storia e da quella aprono il sipario sul grande spettacolo dell’irreale. Loro ci ricordano, per chi li vuole ascoltare, che non solo siamo stati bambini, ma che quel bambino che eravamo c’è ancora in noi, noi lo siamo ancora. Nulla si perde.
Sono Boris Vian, Witold Gombrowicz, Georges Perec e Bruno Schulz e forse molti altri che non conosco. Sono quelli per i quali il mondo non è un dato di fatto ma argilla da plasmare dentro le loro storie, quelli per i quali l’inanimato può animarsi, l’umano diventare animale e l’animale umano, anche i sassi o gli alberi possono diventare umani, anche il sole, anche la luna, anche l’amore, la pazzia, il dolore e la morte possono diventare umani e colorati e vivi e il bambino può inventare un nuovo gioco. Un gioco grande come una vita alla quale non smettere mai di sorridere.
L’epoca geniale è una raccolta di dieci racconti tratti da Le botteghe color cannella e Il Sanatorio all’insegna della Clessidra, le uniche due opere che Bruno Schulz ci ha lasciato, oltre a qualche saggio e dei disegni prima di essere ucciso da un ufficiale nazista nel 1942. I racconti sono stati scelti da David Grossman, noto scrittore israeliano, che aggiunge un saggio finale sulla figura e l’opera di Bruno Schulz. Un saggio toccante per l’amore che gli dedica e la gioia che gli ha lasciato. Era un uomo piccolo Bruno Schulz, timido, incolore, quasi inespressivo, incapace di difendersi. Tutto l’opposto di Boris Vian, ad esempio, vulcanico e ipercinetico. Eppure, forse nella loro grotta azzurra, i due bambini erano simili come gocce d’acqua e non smettevano mai di giocare a chi riesce a immaginare il mondo sciogliersi, ribaltarsi o farsi di gomma per inseguire un racconto irreale come il giocolare di Francis Brunn.
Bellissimo leggere Bruno Schulz, davvero bellissimo. Mi ha portato via il cuore e fatto sgorgare una lacrima di gioia. Ora nulla per me ha maggior priorità rispetto a leggere Le botteghe color cannella e sorridere ancora a quelle storie pazze e a quel turbinare irreale di parole e immagini.
Io lo sto leggendo adesso. E mi domando come ho fatto fin’ora a vivere senza.
E poi, Perec è anche per me nella cosmogonia.
Perec ha l’abilità di sorprendermi ogni volta. Un talento smisurato.
E dire che descrive per lo più. E descrive da Dio. Racconta di uno sviluppo narrativo descrivendo.