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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Racconto del fiume Sangro – Paolo Morelli

Cover-Morelli-Sangro-bRACCONTO DEL FIUME SANGRO
Paolo Morelli
Quodlibet Compagnia Extra 2013 

(Premessa: questo commento consiste di una montagna di fesserie tanto per dire, come minimo per tutti i primi cinque (5) paragrafi. Dopodiché dico qualcosa del libro. Vi ho avvertiti, non vi lamentate.)

Sorpresa! Ve la ricordate la storia di come ho scelto Lauro, di Vodolazkin? Quella strampaleria da porno rabdomante feticista che palpeggia i libri e sente le voci? Vi ho fatto tutto un pippone esoterico sulla musica della carne dei libri che toccandoli… Ve la ricordate? No? Non l’avete letta? Vabé, se volete andate a leggerla poi tornate, se no andiamo avanti che fa pure lo stesso per me, io le cose le dico, poi, se a voi interessano e le leggete, bene, se non vi interessano io non so cosa farci, non è che vi devo dare il supporto psicologico o la pacca sulla spalla o la palpatina come con i libri, io vado avanti uguale, Chi mi ama mi segua, Chi non mi ama si faccia i fatti suoi senza rognare dicendo «Ah ma a me non mi interessava quello là, quindi ora tu me la ripeti tutta da capo la storiella porno» Eh no! E poi cos’è che vuoi anche? Già non mi vuoi bene, e passi, ma in più pretendi di farti servire, Oé ciccio (o ciccia)! Passi lunghi e ben distesi, cammina, vattela a leggere oppure non seccarmi con le tue magagne che io ho le mie e te tienti le tue.

Chiuso il siparietto, che però ci sta sempre bene quando si tratta di un libro di quella congrega di assidui frequentatori di osterie emiliane che si cela dietro il nome di Quodlibet Compagnia Extra. Son così loro, cavazzoniani, cioè un po’ asociali, un po’ arruffati, dei caratteri ursini, di quelli che ti guardano di sbieco ridacchiando e lo sai che o stanno rimuginando una gran cazzata oppure una grande verità, ma in entrambi i casi non c’è da prendersi troppo sul serio, perché se frequenti le osterie, e io le frequento da una vita, sai perfettamente che quelli che si danno delle arie, i figaccioni, i sofisticati, gli smalticolorati, gli sbiancadenti e i salutisti, quando entrano si riconoscono subito che sembra gli abbiano infilato una pertica su per il culo appena hanno aperto la porta da tanto che sono rigidi e quindi, la gentaglia da osteria, tipo i cavazzoniani di Quodlibet, ma lo faccio anche io con quei selvatici coi quali ci vado da decenni, ti prendono di mira e ti squadrano sghignazzando e non vedono l’ora di dire una roba roboante che l’imperticato si drizza sul palo e non capisce se è una gran cazzata o una grande verità perché da dove viene lui (o lei, per cavalleria non escludiamo il gentil sesso) nessuno parla in quel modo, sugoso e scalciante, ma soffiano, zufolano, arrotano, sfarfallano e svaporano quando parlano e così è la faccenda. Chiudiamola qua.

Comunque, dicevo mezz’ora fa (il bello è che a volte mi dicono che scrivo troppo e io dico Sì è vero, hai ragione che poi si annoiano e non mi vogliono più bene, poi invece allungo ancora di più, ma mica apposta, viene così e io dico che come viene viene è il modo migliore di parlare di un libro, un po’ come fare all’amore, come viene viene che se no se uno inizia a calcolare il logaritmo della tangente della parabola priapica finisce in quattro e quattr’otto a scrivere business plan e strategie digitali anche per copulare e io, sinceramente, preferirei morire sereno quando sarà il momento, mica pensando al business plan lasciato a metà).

Dicevo, trequarti d’ora fa, Sorpresa!
Questo libro l’ho comprato la stessa sera di Lauro, sempre alla Libreria Utopia, ma con una tecnica completamente diversa dall’amplesso rabdomantico. Una ne faccio e cento ne penso eh?! Che volpone che sono, vi ho ingannati, ne ho più di una di tecniche per scegliere un libro. La tecnica usata per Racconto del fiume Sangro è ispirata agli studi sulle tendenze maniaco-compulsive e propensione alla dipendenza, che hanno trovato in questo caso un’applicazione pratica.
Funziona così: serve in primo luogo almeno una dipendenza, in questo caso io ne ho due, la dipendenza dalla produzione letteraria di quegli ubriaconi di Quodlibet della quale sono vittima da tempo e la dipendenza dai racconti di fiume che mi attirano come, anzi forse pure di più, di una minigonna; poi serve una tendenza compulsiva che faccia muovere e decidere ancor prima che le sinapsi neuronali si attivino, cioè in atre parole, vi dovete muovere come un pazzo che prima fa poi, forse, capisce cosa sta facendo; terzo, aiuta un sesto senso olfattivo per dirigersi alla cieca nel posto giusto.

Detta questa montagna di fesserie, quel che è successo è avvenuto prima della storia porno rabdomantica della scelta di Lauro, diciamo che è il prequel, e si è svolto nel modo seguente. Sono entrato nella Libreria Utopia, senza dire buongiornobuonasera o fingere di barcollare un po’ di qua e di là, sono partito a gran falcate verso l’angolo nord-est del secondo tavolo sul quale sono esposti molti libri, a circa tre metri dall’obiettivo ho scorto la tipica copertina bianca lucida di Quodlibet, sono piombato sul libro… Racconti del fiume SangroPaolo Morelli… mai sentito, né titolo né autore… fiumeQuodlibet… fatto, uno scelto. Durata dell’azione, meno di un minuto.
Poi dopo è cominciata la faccenda rabdopornomantica di Lauro.

Circa un’ora fa, i pochi superstiti giunti fino qui (bella anche questa cosa di scrivere un commento a un libro che abbatte come un’ombra di passo [cit. Il Maestro] la gran parte dei volonterosi che avevano iniziato la lettura ancor prima di aver detto una sola parola sul libro, non riesco a immaginare niente di più osceno per un’ufficio stampa o un qualsiasi marchettaro di recensore da quattro soldi bucati), dicevo, forse, [i superstiti, appunto, il soggetto della frase c’era 10 minuti fa se qualcuno se l’è dimenticato nel frattempo] desideravano sapere qualcosa di questo libro.

Adesso ve lo dico. O se non c’è più nessuno, lo dico da solo, parlo da solo, come in quella pubblicità che c’era una volta, com’è che era? Uno spermatozoo in una bottiglia d’acqua minerale che diceva «C’è neeessunooooo?»… non sono sicurissimo che fosse così, che uno spermatozoo in una bottiglia d’acqua minerale come c’è finito dentro non si sa, non è semplicissimo, mah, non domandiamocelo, fate finta di niente e procediamo a spron battuto.

Il libro è così. C’è Paolo Morelli, che credo sia una specie di vecchio fricchettone irsuto e scorbutico, ma anche gran scrittore, che va al Rifugio del Diavolo, che sta al passo del Diavolo, dove c’è la sorgente del fiume Sangro. Se avete un principio di tachicardia mentre annaspate nel granaio della memoria per collocare nello stivalone italico il fiume Sangro e, visti i potenti mezzi digitali di cui disponete, state per avere anche voi un impulso maniaco-ossessivo che vi scaraventerà su Google, relax and take a seat, baby… ci sono qua io che vi aiuto.
Sta llà, come dice la mia amica de Roma, in Abruzzo, tra Abruzzo e Molise, ma più in Abruzzo che in Molise.

(Fonte: Wikipedia)

(Fonte: Wikipedia)

Quindi, Paolo Morelli va lassù e inizia a percorrere il corso del Sangro. Però non lo fa come lo hanno fatto altri, Guido Conti o Gianni Celati lungo gli argini del Po, spesso spostandosi in auto e un po’ a piedi, o Mark Twain su un battello (mi vengono in mente questi), lo fa in maniera irsuta e selvatica, cioè camminando più spesso che può lungo la riva, in mezzo agli sterpi, alle frasche, nella fanghiglia, scavalcando recinzioni, arrampicandosi sulla roccia, saltando sui sassi e a volte guadandolo per passare da una riva all’altra. Poi ogni tanto risale sulla strada, attraversa un ponte o va in paese per passare la notte. Ma non sempre, ogni tanto si accampa alla vecchia, alla selvaggia.
Per cui, immaginatevi Paolo Morelli vestito da escursionista avventuroso che si inzacchera tutto, si sbraga un pantalone e un pezzo di gamba, si impuzzolisce, insomma diventa un vagabondo fissato col fiume.

Il tutto per un motivo preciso: l’acqua. Il libro è una storia dell’acqua di un fiume, non delle storie di un fiume, degli eventi del fiume, della navigazione di un fiume, della gente di fiume, del fiume come via per il destino, metapsichico e divinatorio. È l’acqua e l’esperienza che Morelli fa seguendo l’acqua che scorre dalla sorgente alla foce. Per cui non c’è una vera storia, perché non è neppure la storia di Morelli che fa la mattata e ce la racconta, non è quello il senso del libro, non è l’avventura in sedicesimo di uno squinternato di scrittore lungo quello sfigato di un fiume che è il Sangro invece che lungo, che so, fiumi mitici come il Mekong o il Gange o il Don. No. È l’acqua. Tenetelo a mente.

E allora si capisce anche cosa ha scritto Morelli, perché l’ha scritto in quel modo e cosa vuol dire. Racconta l’acqua, solo che a prima vista è sempre uguale, o meglio, partendo dalla sorgente e scendendo cambia, certo che cambia, prima fa delle pozze poi un rigagnolo poi un bisciolino poi un ruscelletto poi prende a ingrossarsi poi curva poi salta poi si stringe poi si quieta poi si imbizzarrisce poi arriva un affluente poi cangia di colore poi si sfilaccia poi si infossa poi c’è la chiusa poi riparte e così via, ma capite bene che non è facile scrivere un libro guardando continuamente l’acqua e raccontando delle peripezie per starci il più vicino possibile per non perderla di vista.

Bisogna scrivere in un modo che rispecchi l’acqua. Perché non è solo quello che si dice, ma anche come lo si dice che permette di rispecchiare l’acqua. Non c’è verso. Morelli lo sa. E lo fa. Per questo è un gran scrittore. Scrive selvatico, da taccuini riassestati con giunte e piallature, ma comunque è scrittura grezza e allo stesso tempo raffinatissima, cento e più volte descrive come appare la superficie dell’acqua e cento e più volte trova il modo di dirlo in forma diversa. Bisogna essere bravi, ma bravi parecchio. Scrive adattando la scrittura a quello che fa l’acqua. Quando l’acqua si quieta la scrittura si quieta, quando l’acqua accelera la scrittura accelera, quando salta salta anche la scrittura, quando l’acqua è musica, la scrittura diventa musica.
E quando l’acqua diventa noiosa, quando il Sangro giunge a valle, tra capannoni industriali, superstrade e fino alla foce, banale, modesta, niente di epico come la foce del Po, per dire, una foce dismessa, anche la scrittura diventa noiosa, sembra non poterne più, non vede l’ora di concludere, per cui ripete, girovaga, si azzoppa, si ammoscia. Ma va bene così, è perfetto così, proprio con quel finale che ti vien da dire «Che due palle ’sto Sangro, speriamo che si sbrighi ad arrivare al mare e facciamola finita.»

Eh! Libro da Quodlibet al 100%, per devoti della scrittura raffinatissima e ignorante, fuori dagli schemi, dai giri, dalle mode, dalle zufolate, senza pertiche nel culo e senza prendersi troppo sul serio, come invece fa il Sangro quando arriva a valle, che fiumetto sfigato era e rimane anche se gonfia la pancia, e lo stesso vale per molta gente. Non so se Morelli sarebbe d’accordo con questo paragone, sa un po’ di antropomorfismo del fiume, cosa che disdegna e fa bene, ma io lo faccio lo stesso.

Un pezzetto di poesia bellissima che si apre tra gli affanni della discesa lungo la riva.

Dopo la secca e il ghiaccio invernale il terreno ora è vivace, il colore si è scurito, l’erba è nuova. Un macero di antiche foglie autunnali fa una specie di tappo su una delle vie, ma l’acqua ci va sopra come su uno scivolo, prende vigore, difatti lì si immette più impunemente, quasi da sotto in su. La voce del fiume non sembra divisa, quasi scomparsa invece, talmente facile pare l’approccio, del resto un lago affascina anche per il silenzio che vi è contenuto, un silenzio pieno d’acqua con sotto il passato di quando il lago non c’era e si coltivavano i campi. Il colore è diamante grezzo.

Se qualcuno ha resistito fino qua, lo stringo in un abbraccio fraterno.

2 commenti su “Racconto del fiume Sangro – Paolo Morelli

  1. Anna
    7 dicembre 2013

    Anch’io ti abbraccio ma il libro non lo leggo.

    • 2000battute
      7 dicembre 2013

      se ne dispiaceranno i signori di Quodlibet, io invece sono già contento così.

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Questa voce è stata pubblicata il 7 dicembre 2013 da in Autori, Editori, Morelli, Paolo, Quodlibet con tag , , , , .

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