«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
DOV’È FINITA DULCE VEIGA?
Caio Fernando Abreu
Traduzione di Adelina Aletti
laNuovafrontiera 2011
Commento di Cornelio Nepote
Compaesani, amici, parenti, voi non ci crederete a quel che mi è successo! Ma vi spergiuro che è successo così come ve lo racconto per filo e per segno.
Sarò circostanziato. Tutto ebbe inizio ieri mattina. Era una bella giornata di sole primaverile dicembrino, quando, rincasando dalla nottata trascorsa nella bisca di Arcadio Fragonara mi dissi “Eccellenza, perché avvizzirvi in lugubri stanze dedite al praticantato notarile invece di godere di questo miracolo della natura che è il sole che ci dona vita, allegria e buona salute?”
“Appunto”, risposi alla questione, “non vedo motivo per privarmi di un dono tanto prezioso” e quindi mi incamminai baldanzoso per Via Caracciolo allo scopo di godere della rinfrancante frescura del tiepido lungomare steso su una di quelle belle panchine di basalto vesuviano.
Quando ne trovai una di mio gradimento, soleggiata ma non troppo, arieggiata senza eccesso, mi ci sdraiai arrotolando il paltò di vigogna e facendone un confortevole sostegno per il mio capo desideroso di riposo. Rimasi in quella postura riflessiva con i raggi di sole che riscaldavano i peli della barba e la brezza salmastra che li accarezzava per lunghi minuti che mi parvero perfino ore e forse, in effetti, vi rimasi almeno tre o quattro orette buone, giungendo quasi la metà mattina.
Ritemprato e rinfrancato nel corpo e avendo meditato profondamente sulla natura umana, decisi quindi di darmi alle letture adatte alla lunga notte insonne trascorsa praticando giuochi d’azzardo che la Buoncostume ha avuto il cattivo gusto di dichiarare illegali.
Letture del genere soporifero, romanzi che accompagnano ineluttabilmente nel sonno anche il più incallito degli insonni, noie micidiali e tormenti letterari senza capo né coda. È un genere ricchissimo, milioni e milioni di titoli, autori che hanno dedicato intere esistenze e talvolta anche diverso tempo dopo l’esistenza terrena a rifornirci di sonniferi naturali, i migliori, i più efficaci, una vena produttiva in continua espansione, un’eruzione di pagine che cadono lievi come foglie d’autunno ma, appena si posano sulle palpebre, assumono la densità chimica del plutonio.
Sono le mie letture preferite, io le amo, amo quegli autori apparentemente inutili che si sono accaniti con ardore e perseveranza ammirevoli nella miniera delle storie prive di interesse e nelle costruzioni letterarie desolanti. Quel borghesuccio di Roland Barthes diceva: Leggere con attenzione massimizza il piacere del testo, santo cielo che spiagnucolata da bottegaio! Ma lasciate perdere quel lagnoso di Roland Barthes e ascoltate Cornelio Nepote! Leggere per indurmentarsi fa sognare l’abbraccio del sole, i baci della luna e spesso molte belle donne. Io farei un monumento in ogni città, come ci sono le statue cavallerizze di Garibaldi o quelle grifagne dei grandi scienziati, io erigerei statue allo Scrittore Noioso e all’Artista Soporifero. I Futuristi o gli Avanguardisti o gli Psichedelisti, tutti reazionari incapaci di un briciolo d’immaginazione, sarebbero svenuti dalla gioia se ci fossi stato io a suggerir loro un’idea come questa.
Avevo all’uopo portato meco fin dalla sera prima quel capolavoro del genere soporifero che è Dov’è finita Dulce Veiga? di codesto Caio Fernando Abreu, sia lodato e ringraziato sempre il giorno che ha iniziato a scrivere, lui e i milioni di suoi colleghi. Aprii dove indicato dai 100 euro falsi che utilizzo come segnalibro e iniziai a leggere e contemporaneamente a scivolare nel mondo di Morfeo.
Lessi:
Profumava di Paco Rabanne, pour homme
e immediatamente caddi in un sonno profondissimo, oserei dire omerico, come se avessi ingerito una pozione stregonesca sprofondai nella più beata e piacevole delle incoscienze.
Mi risvegliai che era ormai sera avanzata, forse le ventidue o le ventitré, vidi le luci globulari dei lampioni galleggiare a mezz’aria, le screziature violacee del cielo sull’orizzonte e avvertii una certa scomodità. Ero ancora lungo disteso sulla panchina come mi ricordavo di essermi acconciato prima del grande sonno, eppure qualcosa era cambiato. Il paltò di vigogna! E le scarpe! Rubati, entrambi!
E pure il portafoglio, rubato pure quello! Non che ci fossero soldi… sapete, la bisca… ma la carta d’identità! Per quella mi dispiace, ne andavo fiero. Era intestata a Camillo Benso (nome) Conte di Cavour (cognome), me l’ero fatta dare da Pasquale o’tipografo per l’affaruccio del passaggio di proprietà di un carretto per la vendita del ghiaccio. Mi fermavo apposta a tutti i posti di blocco delle guardie solo per mostrare la carta d’identità e ogni volta era una festa di lazzi e battute con quei bravi guaglioni.
E pensate voi che brutta gente gira, mi hanno rubato anche il libro di Dulce Veiga! Ero arrivato appena a Paco Rabanne, pour homme, appena a metà, che disdetta! Che delinquenti sciagurati che girano a piede libero! Era bellissimo, efficacissimo, meglio del Tavor sciolto nel bicchiere di whisky torbato delle Highland scozzesi che mi serviva Costanza, la mia povera governante, quando ancora era tra noi.
Oh povero me! Maledetti! Malfattori!
Uggiolavo guardando ammirato i calzini bucati quando scorsi ai piedi della panchina un fazzoletto stropicciato recante una scritta. Mi incuriosii e osservai meglio.
Ecco cosa vidi.
E quindi, voglio dire a quel gran fetente cornuto di 2000battute che se scopro che ‘sti furconi, che non so che fetenzia siano, sono amici suoi, perché io lo so che sono amici suoi mandati da lui apposta a farmi questa malefatta, questa volta, quant’è vero iddio, gliela faccio pagare cara, ma così cara che poi viene in ginocchio a chiedermi scusa e mi riporta tutto quello che ’sti fetenti mi hanno rubato e soprattutto la carta d’identità del Conte di Cavour e anche Dulce Veiga.
Mi hai capito bene, fetente cornuto?
Mi scusino quelle sfavillanti comete natalizie delle signore in ascolto per questo linguaggio maschio e adirato, ma considerino le circostanze straordinariamente malvagie delle quali sono stato vittima e si guardino sempre dal concedere credito a un teppista amico di teppisti come 2000battute.
Cornelio Nepote Conte di Cavour
(Nepote, questa volta Lei ha passato ogni limite con le sue fanfaronate e le sue insolenze che si capisce benissimo che se l’è scritto da solo quel foglietto da demente. Avrei anche potuto sorvolare sul “ fetente cornuto” per dimostrare la sua macroscopica irrilevanza, ma “amico dei forconi” ci sarà lei, non insulti i miei amici, si vergogni degenerato!, glielo dico per l’ultima volta poi la querelo per calunnia e la denuncio a Lei per furto visto che Dulce Veiga è mio e Lei me l’ha trafugato e poi la denuncio anche per il discredito che getta su questo piccolo blog modesto ma dignitoso, ha capito? —2000battute)
(Macché io agg’scritt lo smuzzelettino? Ué, ma che insinua che Cornelio Nepote è un disonest’uomo? E poi chi so’ ’sti furconi che quel nevrastenico disarticolato lessicale di 2000battute se la prende tanto? —Cornelio Nepote)
– Niente, nemmeno si rende conto di quel che dice… Ma che devo fare io con Nepote? Lo strangolo? Gli do il veleno per i topi?
– Ragazzi’, ma che c’avete sempre da angustiarvi? Battete i piedi, v’accigliate, vi scatafalcate… ma non va bene, voi 2000battute siete troppo temporalesco, voi vivete sempre in una bassa pressione atlantica invece di sorridere al sole del Mediterraneo, alla luce e all’amore sensuale come faccio io. Imparate da me, emulatemi, plagiatemi e non ragionate sempre in partita doppia che ci s’attrista a ragionierare sempre in quel modo.
– Senta! Io… lei… (uggiolando come un bastardino bagnato)
– Come diceste?
– Nulla… non ho detto nulla, è inutile, tutto è inutile.
– Santi Dei che malinconiata… su su, è quasi Capodanno, sorridete e illudetevi.
– Certo, come no… a proposito almeno per la fine dell’anno, visto che per Natale non l’ha fatto, riesce a comportarsi da persona educata e a fare gli auguri a quegli sventurati che la leggono?
– Ma perbacco! Ci mancherebbe, gli onorevoli signori e le ninfe dei boschi delle signore sono sempieternamente nel mio cuore. A Natale non ho fatto gli auguri perché è pure il vostro compleanno e non volevo avvitarvi ulteriormente nel convincimento che il giorno del vostro compleanno tutti si fanno gli auguri ma nessuno di quelli è per voi. Come vede, mio giovane allievo, io penso al vostro bene.
– (sguardo attonito e mani nei capelli)
– Comunque, vabbuò, ‘uaglioni tutti, vicini e lontani, scarrafoni e principini, e damigelle ombrose come giumente purosangue o eteree come la divina Eleonora Duse abbiate tutti un buon duemilae14 e ‘nto culo al duemilae13. Vi abbraccio tutte quante.
– Eh, vabé, a modo suo gli auguri li ha fatti… Senta, ma magari anche una parola gentile a quei poveretti che lei maltratta con le sue inveterate?
– Maltratto, maltratto… io so’ nu pezz’e pane, sono altri i maltrattamenti, che saranno mai due paroline… comunque, io voglio bene pure a loro, io voglio bene a tutti, anche ai Savoia e ai Borboni che piglio a calci ‘nto culo. E allora, faccio tanti auguri grandi come o’Vesuvio di anno buono anche agli Scrittori Noiosi, agli Artisti Soporiferi e a tutti i bravi ‘uaglioni e ‘uaglione degli editori che senza di loro il sole del Mediterraneo sarebbe un poco come quello della Siberia. Siete contento adesso, 2000battute?
– Sì, tanto (tirando su col naso)
A proposito di … fetente cornuto … ascoltate i fatti che mi accingo a narrare.
Oggi, poco prima di rientrare a casa verso le 13,15 insieme mia moglie, dopo aver fatto la spesa e ripassati da due fratelli gommisti che si spacciano, cosa detta da un altro meccanico tre officine prima, per meccanici, sempre due. Ebbene uno dei due, circa una quindici di giorni fa, ha tamponato la macchina di mia moglie che stava facendo la spesa dal fruttivendolo Peppino ‘o Chiattone che si sveglia di notte e si fa delle abbuffate di mozzarella tipo un chilo. Oltre a fette e cozzotielli di pane(la parte finale di ambo le parti del palatone che è un coso chiatto e lungo il contrario della pagnotta) che da queste parti è ancora saporito e cotto a legno, fascine per la precisione. Ebbene questo qui, uno dei fratelli meccanici, pardon gommisti, dopo aver tamponato l’auto di mia moglie dice di non aver tamponato l’auto di mia moglie e non aver procurato nessun danno. Il danno c’è e mia moglie lo fa notare, ma il gommista dice che no, non c’è nessun danno. mia moglie dice: – Vabbuò, vorrà dire che vado in mani all’avvocato – A sua volta quello risponde: – Vabbuò facite chello ca vulite vuje – E contrariato e addirittura offesa se ne va.
Il lunedì, sul tardi pomeriggio, una bussata ci citofono e la solita domanda che si pone chi riceve una bussata di citofono, non sapendo chi bussa, si chiede chiede: – Chi è che bussa?, per cui, anche mia moglie si aggiunge alla lista di quelli che chiedono: Chi è, chi sarà colei/colui che bussa? Dopo aver chiacchierato al citofono mia moglie rivolgendosi a me, dice – Era Peppino il fruttivendolo, mi ha detto che quello che ha tamponato la nostra auto vuole riparare il danno da un suo meccanico di fiducia –
– Vabbuò -, rispondo.
Solitamente prima di rientrare io e mia moglie facciamo una sosta al bar e quando il tempo è piena dii sole come stamattina, passeggiamo lungo il corso, in modo da permettere a Sara di farsi un abbuffata di negozi e vetrine e chiaramente qualche compera di collane, sciarpe e similari.
All’altezza di un negozio di vestiario abbiamo incontrato Arturo, un nostro vicino di pianerottolo con cui abbiamo parlato del film musicale di Turturro Passione andato in onda ieri sera alle 21,15. E tra una digressione e l’altra sui cantanti e le canzoni non presenti nel film e che avrebbero meritato anch’essi la ribalta, a un certo punto Arturo, parlando di moglie e mariti. ci ha detto: – Sapete come dicono qui a Marano a proposito del piatto da mangiare del cornuto? –
No! abbiamo risposto stupiti.
– La carne alla pizzaiola – risponde Arturo.
– E perché la carne alla pizzaiola? ho chiesto.
– Perché è un piatto che si prepara in poco tempo. Per cui il cornuto crede che sua moglie sia rimasta a casa a cucinare, mentre in realtà, lei è rientrata a casa poco prima del marito, cioè il cornuto.
A mia volta, ho chiesto a Arturo: – Conosci la differenza tra cornut’ e scurnacchiat’?
Arturo, con mio stupore, a risposto di no, non conosco la differenza. Il cornuto è colui che non sa di avere le corna; ‘o scurnacchiat’, invece, sa di avere le corna ed è contento.
E mentre ridendo stavamo lasciandoci, in direzioni opposte, mia moglie Sara ha ingenuamente ha chiesto ad Arturo: – Dov’è tua moglie Clara? –
– Mi ha detto che andava al supermercato a fare la spesa .-
– Artù scommetto che Clara ti ha preparato la carne alla pizzaiola –
Mentre scoppiavano altre risate, Sara ha aggiunto: – Dai che volete che siano le corna, tanto oggi vanno di moda – e di nuovo a ridere col sole che ci scaldava.
Giunti quasi vicino alla nostra auto in sosta, dubbioso, ho chiesto a Sara: – Secondo te i due meccanici, cioè volevo dire i due gommisti, so’ curnut’ o scurnacchat’ cuntent’ ‘o cient’ pe’ cient’?
* * *
‘Na domanda pe’ Cornelio Nepote.
Cornè, ma chi è cchiù figlio ‘e ‘ntrocchie tra te e chillu quattrocchie ‘e 2ooobattute. Cornè, a ninete a niente, quanno tu e 2000battute passeggiate insieme, tu per non farlo perdere nell’intrico dei vicoli, gli tieni la mano, ‘nu poco comme Totò e peppino quanno scendono dal treno nella stazione dei treni di Milano e si tuffano nella metropoli tentacolare? Nepò, penso ca tu a chillu scavarachiuv’ di 2000battute le vuò bene, ma ‘nu bene assaje assaje, forse, pure pecché, è nato ‘o bammeniello ca so’ duemilanne ca nasce ‘o vintiquatto dicembre e nun s’è ancora sfasteriato. Nepo’ tu e 2000battute pe’ quante v’appiccicate, però, tenete pe’ libbre ‘a stessa costanza ‘e gesù (e ‘o pataterno)ca nasce ‘ rinasce ‘o vintiquatto. ‘Na precisione cchiù preciso ‘e ‘nu rilorgio svizzero.
* * *
Cumpagn’ ‘e scritture e letture, vi auguro tutt’o bbene d’o munno sano.
Massì, in fondo è un vecchio matto che non fa del male a nessuno, povero Nepote, sono gli ultimi fuochi i suoi, e ogni tanto c’ha pure un po’ di ragione, se solo non mi facesse venire dei nervi, dei nervi che non so cosa gli farei quando s’inventa quelle fesserie.
Transit, carissimo, ti auguro un Buon 2014 per tutto.
–2000battute
Oe’ fessacchiotto di 2000battute, tié! tié! e tié! cornacchia jettatore, tié! i vostri ultimi fuochi ve li pigliate indietro e ve li riportate a casa vostra e “vecchio matto” ve lo dite alla faccia vostra quando vi ricordate di lavarvi la mattina, che voi bacereste anche il pavimento di Sante o’ letamaro se aveste un centesimo delle mie fan, tutte donne bellissime, sinuose e fascinosissime che mi mandano i biglietti e le rose e mi chiamano dalla finestra dicendo: Cornelio, Cornelio siete stupendo noi vi amiamo, siamo le vostre ancelle… e io magnanimo le invito a salire offrendo loro una tisana mentre un amaro piglio io. Vecchio matto… Transit, compare, ma sentite cosa devo sopportare da quel guaglioncello che manco l’hanno svezzato? Mamma mia, c’ha una testa dura peggio d’un somaro.
Voi solo mi capite, insieme alle centinaia di fan sinuosissime, e quindi, vi auguro pure io tutt’o bbene d’o munno sano, a voi e alla vostra stimata signora.
–Cornelio Nepote