«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
CORTOCIRCUITO
Yehoshua Kenaz
Traduzione di Elena Loewenthal
Nottetempo 2007
Per questo libro c’è stato un piccolo mistero poiché non riuscivo a capire che libro fosse della bibliografia di Yehoshua Kenaz e quindi neppure quando fosse stato scritto. Il che ha un’importanza anche ai fini di quello che vado a scrivere (e a me interessava per questo, devo ben sapere cosa sto scrivendo, mica per erudizione o brama di informazione bibliografica). Il titolo originale è They Burn Fuse Boxes e non compare in nessuna bibliografia di Kenaz che ho trovato e quindi capite che ero perplesso e mi domandavo “Ma da dove diavolo l’hanno tirato fuori quelli di Nottetempo?”. Poi googlando (vi piace il neologismo “googlare”? Lo sapevate che il verbo to google è stato aggiunto all’Oxford English Dictionary il 15 giugno 2006 e al Merriam-Webster Collegiate Dictionary nel luglio 2006? Ma si scrive con una o con due “g”? …“googglando”, “googglare”?… io voto “googlare”, “googlando”… ah ecco, la Treccani l’ha inserito, si scrive con una “g” – attenzione, attenzione, ne parla perfino l’Accademia della Crusca, con tono un po’ schifato, mi sembra, si chiamano verbi denominali e deaggettivali – deaggettivale è una parola bellissima che devo assolutamente imparare a usare – quelle robe tipo “googlare”, lo sapevate? io no, è interessantissimo questo pezzo della Crusca, si sente che a loro fanno proprio schifo questi verbi denominali e deaggettivali – ma qualcuno ha notizie del Devoto-Oli e dello Zingarelli? Che fanno, si immolano sulle barricate o si slanciano verso il sol dell’avvenire? …va bé basta col dire cretinate e vado avanti), quindi dicevo, googlando con un po’ più di impegno ho trovato che They Burn Fuse Boxes è uno dei due romanzi brevi o racconti lunghi che sono apparsi nel 2000 in un volume dal titolo Landscape with Three Trees. L’altro si chiama come il volume.
In Italia il secondo è apparso separatamente nel 2009, sempre per Nottetempo, col titolo Paesaggio con tre alberi e traduzione della stessa Elena Loewenthal.
Bene, svelato il mistero ora so cosa dire.
È posteriore a Voci di muto amore, questo mi serviva sapere. Avete letto il commento a Voci di muto amore? No? Allora prima leggete quello, poi tornate (la gentilezza dei miei modi è sempre squisita, non crediate che non lo sappia).
Carissimi che ora avete letto il commento a Voci di muto amore, vi ricorderete certamente del paragrafo conclusivo nel quale criticavo il finale del libro dicendo che Kenaz avrebbe dovuto chiuderlo prima, con l’uscita di scena di Jolanda Moskovitch dall’ospedale e senza aggiungere quella coda posticcia del suo ritorno all’appartamento del condominio di Tel Aviv. Molto bene. Il motivo per cui mi serviva sapere quando questo Cortocircuito (They Burn Fuse Boxes) fosse stato pubblicato originariamente è che ha moltissimo a che fare con quella coda posticcia. Anzi, di più, se fosse stato pubblicato prima allora quella coda posticcia sarebbe stata una riduzione, una liofilizzazione di They Burn Fuse Boxes, ma non è così; essendo stato pubblicato dopo è la coda posticcia di Voci di muto amore ad essere cresciuta fino a diventare quel quadrupede mezzo zoppo, bruttino, scalcagnato di Cortocircuito.
Eh già, anche i grandi incespicano, o svarionano o si appoltronano (si dovrebbe usare il verbo impoltronire, ma io conio qui seduta stante, hic et nunc, il nuovo verbo denominale e deaggettivale (no, deaggettivale no) appoltronare) e talvolta producono quadrupedi mezzi zoppi e spelacchiati.
Non è un granché questo libro, anche per questo sto oscenamente menando il can per l’aia. Riprende l’atmosfera del condominio di Jolanda Moskovitch e non solo quella. È fatto a episodi, saltando da un inquilino all’altro. Nel primo c’è una vecchietta canuta e solitaria che sente rumori, guarda dal balcone, parla dal balcone e così via. Cambiatele nome, chiamatela Jolanda Moskovitch ed è quella coda posticcia di Voci di muto amore. Male, molto male per il mio gusto irascibile. Poi c’è l’arabo che pulisce le scale con il fratello. Uguale a Rami sempre di Voci di muto amore. Di male in peggio. Poi ci sono le vicende degli altri inquilini, simile come accostamento e stile e storia alla coda posticcia. Quindi poco interessante, romanzata con mestiere ma nessuna passione, buona per un normale medio scrittore che voglia magari aspirare a un dignitoso piazzamento in un premiuccio offerto da un produttore di vermouth o di confezioni per signora, non certo per un grande come Kenaz.
C’è poco da dire, è un Yehoshua Kenaz appoltronato e poco ispirato e io che sono bilioso scorbutico non gliela lascio passare liscia.
Lasciamolo ronfare, ne ha diritto e non deve dimostrare più nulla, ma aspettiamolo in un momento di forma migliore.
Dopo averlo letto devo darti ragione, su tutta la linea, peccato (non peccato che devo darti ragione, peccato per la brutta lettura anche se breve)
mi spiace per la brutta lettura
Accidenti, l’ho preso in biblioteca dopo l’entusiasmo per Non temere e non sperare, pazienza.
hai fatto bene, non fidarti quando dico che non mi è piaciuto (cioè voglio dire, fidati che a me non è piaciuto ma non fidarti che anche a te non piacerà (cioè intendo, se a me non piace, io non lo so se anche a te non piacerà))