2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Addio, Monti – Michele Masneri

addio monti - masneri

ADDIO, MONTI
Michele Masneri
Minimum Fax 2014 

Commento di Cornelio Nepote

Pregievoli e pregiatissime, sono tornato dal viaggetto a Odessa con Vespa PX. Bello, mi ci voleva per rifiatare dagli psicodrammi notarili quotidiani e dal tormento di 2000battute. Guaglio’ voi non potete capire quanto sono stato bene a non sapere, sentire, odorare e sfiatare niente di niente di questo ruminamento di parole e di libri.

E se posso osare, se oso prendermi la libertà di osare, vi dico che nel mio viaggio ho visto cose che voi altri non potete immaginare neanche se annusate il Vinavil. Ho attraversato la valle maledetta di Trazkoröl inseguito da un branco di centinaia di famelici lupi dei Carpazi; sono salito fino ai 7650 metri s.l.m. del passo Urbartišk, ai piedi della vetta, oltre i 10.000 metri, del maestoso monte Grufik al confine con la Transnistria (e se state per dire “Eh no, ma come, l’Everest, il K2…” vi taccio con un “Tutte balle della propaganda capitalista angloputiniana”, il Grufik svetta a oltre 10.000 metri ma non vogliono dirlo a nessuno per questioni di rivendicazioni territoriali rumenomoldave); poi ho fraternizzato con la leggendaria tribù degli Arbakki, le cui donne hanno tre seni e i cui uomini, quadrumani, deambulano come granchi, infine, dopo lungo e periglioso vespeggiare sono giunto a destinazione: Odessa. Volete sapere perché sono andato a Odessa? Mo’ ve lo dico. Per vedere il tramonto sul Mar Nero. Ora volete sapere perché volevo vedere il tramonto sul Mar Nero? Mo’ vi dico pure questo. Per una donna. Un amore di gioventù. Una principessa turcomanna che amai e dalla quale fui amato, appassionatamente, compiutamente, con lo spirito e le carni, proprio a Odessa, una sera al chinar del sole sul mare cupo, al tramonto dell’imperituro reame Ottomano, nel secolare declino di Bisanzio, nella rovina di Costantinopoli, nella polvere d’oro che si solleva quando la Storia accelera e la si vede fuggir via. L’amai, mi amò. Mi chiese di sposarla. Me ne andai. Non sia mai che io mi sposi.

Questo narra la leggenda della leggendaria vita di Cornelio Nepote, pregevoli e pregiatissime.

Ma ora sono di nuovo qui, in forze, ritemprato, gagliardo come un alfiere. Ho trovato questo librettino a casa di quel truciolato di 2000battute quando sono andato per salutarlo. Dormiva il bimbo. In attesa che ritornasse nel mondo degli svegli, ho letto questo Addio, Monti, mai sentiti prima, libro e autore.
Sulle prime pensavo parlasse di quel professore, il cattedratico, quello che conversava sempre dell’importanza del colore dei loden, e non si capiva che cosa ci stesse a fare sempre in televisione e sempre con quei loden. Pensavo fosse un libro di attualità, una telenovela come si dice ora, ma invece non era così. Quel “Monti” di Addio, Monti è il Rione Monti di Roma!

Mannaggia ho detto ma allora sono a casa! Io il Rione Monti, trenta o quaranta anni fa, lo conoscevo come e anzi meglio del gabinetto di casa mia al Vomero, perdinci, voglio leggere cosa si dice ora di quel gran puttanaio del Rione Monti, ho detto. E ho letto.

Eh. Ho letto. Ma era meglio se non leggevo. Ma no no no… perché dico così? Ho letto e sono stato contento di leggere. Molto contento. Di leggere. Che il Rione Monti. A leggere. È sempre un puttanaio. Come lo è Roma. Grande bagascia. O Grande Bellezza, dicono altri. Grande bellezza di bagascia, forse. Monti è un puttanaio, ma un po’ diverso da come me lo ricordavo. Un puttanaio di damerini mezzi frocini e mezzi damerini e delle loro damerine, mezze psicopatichine e mezze damerine. E sono tutti contenti così. Ma anche depressi. Però ci tengono a essere così. Felicemente depressi. O depressamente felici.
Insomma, a leggere qui, il Rione Monti è peggio di una telenovela con quei damerini gaiamente depressi che parlano senza produrre nessuna espressione, si muovono come burattini con le articolazioni rigide, e quando si muovono, si sente romore di legnetti che sbattono e laterizi che strepitano. Mangiano cibi stranissimi, vegani dicono si dica, e passano il tempo su dei terrazzini del Rione Monti dove si fanno continuamente delle feste. Poi dicono un mucchio di parole incomprensibili ma molto di moda, da pronunciare con la bocca a imbuto, cose come capitonné e decapato, che io ho già sentito spesso e ogni volta invece di avere la curiosità di sapere cosa vogliono dire penso “Ma come parla questo scarrafone?” e poi mi viene il nervoso appena le sento, e la cosa mi ha ricordato una volta che mi sono trovato, in circostanze equivoche. a sentire parlare di un libro, ingolosito dalla promessa di successiva bevuta aggratis, e ricordo che c’era questa bionda avvocatessa non giovanissima o bionda non giovanissima coniugata a un avvocato, non so ma è la stessa cosa, e non faceva altro che dire che i personaggi del suo orrido libro andavano al ristorante fusion e io mi chiedevo checazz’è sto fusion? e questa ripeteva fusion fusion fusion o forse ero io che mi aveva preso l’incubo del ristorante fusion e lo sentivo ripetere di continuo, fatto sta che alla fine ho capito solo che c’era sto ristorante fusion e che il suo libro era orrido e pure mi è passata la voglia di bere il drink aggratis. Giorni dopo ho letto su una insegna Ristorante fusion 由维布勒 e subito sotto 10 euro all you can eat, e ho capito che i ristoranti fusion sono quelli che paghi 10 euro e prendi la salmonellosi.

Pregiati e preziosissime, capitemi bene, non voglio dire che Addio, Monti sia orrido e che assomigli a quel libro della bionda fusion, ma quel che si capisce è che il Rione Monti si è damerinizzato e non c’è più il puttanaio vero, ma solo un sacco di terrazzini con puttanai piccolini di questi damerini della specie intellettualina, di quelli coi vestiti stracciati ma costosetti, quelli che parlano di librini ma non ne leggono, consigliano solo i bestseller e scopacchiano appena trovano un buco, ‘ndo cojo cojo, come coniglietti, che carini i coniglietti, come tanti coniglietti carini e paffutini, che carini i paffutini, al Rione Monti e al Pigneto, a Cortina o all’Olgiata e a Santa Marinella o altrove, sull’isoletta e la montagnetta e il quartierino della solita Roma, da filmetto, col sorpassetto e la piazzetta della fontanella e pure le vetrine con le signorine.

Sono sincero, un po’ mi sono pure divertito, soprattutto quando faceva il gossip dei ricconi a Cortina con il mezzo frocio di giornalista del Corriere della Sera e il suo marchettaro scrittore fantasma e le vaccone tardone mogli dei ricconi scopate dal marchettaro frocio scrittore fantasma, e saltavano fuori molti nomi famosi: Montezemolo, Marzotto, Donà delle Rose (che io non ho mai sentito) e poi sparlava di quelli della Fiat, che a leggere pensi “Oh ma sarà vero o se l’è inventato? Per me è vero, porconi frocioni marchettoni eh eh eh”, poi ci stanno i romani palazzinari che al Pigneto con la storia che ci stava Pasolini hanno pasolinizzato pure i cani rognosi e gli spacciatori senegalesi per farci la speculazione edilizia e vendere gli stanzoni ai damerini che volevano pasolinizzarsi al Pigneto prima di andare a damerinizzarsi al Rione Monti.

Però, dico io, di tutto questo puttanaio di terrazzini, pasolini, divanini, frocini, stuzzichini, damerini, depressini, idiotini e artistini, questo puttanaio da elegantoni finti fattoni e finti sozzoni, dico io, a me sarebbe piaciuto assai vedere uno che si pianta una siringa in vena e sul terrazzino damerino ci crepa in mezzo al vomito e alla merda. Oppure uno marcio di cocaina che si schianta ai 180 contro un pino marittimo sull’Ostiense mentre canta l’aria della Traviata io avrei avuto piacere a vederlo schiattare. E una damerina un po’ troietta che viene stuprata da 5 o 6 damerini mezzi frocini in una stube di Cortina non ci stava bene? Oppure uno che si impicca a una trave odorosa di essenze esotiche in una villa a Santa Marinella perché a forza di fare il damerino frocino con la sua damerina psicopatichina gli scoppia il cervello, non dava un po’ di nerbo alla storia damerina?
Dico io, se si vuol dire che il Pigneto, il Rione Monti, Cortina, il Corriere, la Fiat e tutta la carovana cinepanettonara sono in realtà un po’ ‘na merda, la puzza e il molliccio della merda vera, io li farei sentire belli forte, o no? Michele Masneri, autore del libro damerino, non li fa sentire e io ci sono rimasto un po’ così, come quando mangio i finocchi cotti che mi rimane quella perplessità sui finocchi cotti che sono da damerini e mi chiedo sempre Ma perché ho mangiato i finocchi cotti?

E allora dopo tutto questo rimuginare mi prende una certa selvatichezza tanto che mi piacerebbe dire al signor autore: Se ammicchi e poi non spacchi stiamo a fare del cabaret, non della letteratura, intrattenimento non sconvolgimento, un tanghetto finto da Rai1, non un tango carnale col sudore della puttana e del magnaccione che si mescolano e lei che si avvinghia alla verga impennata di lui. Stiamo a fare come i comici della televisione, quelli che fanno la satira. Che se la fanno sul serio, li cacciano dopo due volte e non si vedono più. Se rimangono allora vuol dire che la satira seria non la fanno, ma fanno i bagaglini, i ballarò, i che tempo che fa, fanno le rai3 e le italie1.

Gli direi così, per sfogarmi e allontanarmi dai damerini di Monti, perché qui, a leggere questo libro, viene un po’ la stessa stessa prurigine: che la satira critica o la critica satirica la si faccia per finta, per fare i damerini che sono un po’ cinici anche con se stessi ma rimangono sempre se stessi, felicemente cinici e felicemente damerini, quelli che prima dicono “siamo dei gran cazzoni” facendo la smorfia da limone ammuffito, poi fanno una gran risata e ripetono “sì, siamo dei gran cazzoni” e tutto va bene, tutto procede, tutto è rimasto come prima, i damerini sono damerini, i frocini sono frocini, le psicopatichine sono psicopatichine, le tardone troione sono troione tardone, al Rione Monti ci sono i terrazzini e al Pigneto i pasolini.

Non lo so, lo dico perché mi è venuto da grattarmi dopo aver letto Addio, Monti, ma non è che ne sono proprio sicuro, forse c’ha ragione l’autore Masneri a scrivere di damerini in un modo che è proprio da damerini, quindi è come se dicesse che non ci sta nessuna speranza, né di un bel tonfone in terra o contro un platano e neppure che qualcuno su quei terrazzini salti su o giù e dica No guardate a me i finocchi cotti fanno vomitare e quindi ve li mangiate voi, vegani damerini mezzi frocini psicopatichine puzzettine sotto il nasino.

Chissà. Certo è che, in verità, non è successo niente, solo un libro in più, sono passate cinque ore, 2000battute ancora dorme e io ancora respiro, per ora. Ho letto, verso la fine ho saltato qualche frase, mi  sono addormentato e forse ho pure perso qualche pagina. Finito. Come quando finisce una telenovela: si spegne. Domani ne inizierà un’altra. Spengo il libro. Domani ne inizierò un altro. Un giorno moriremo e non guarderemo più telenovele e non leggeremo più libri. Non c’è altro da aggiungere, salvo ripetere che a me i finocchi cotti fanno proprio schifo e saranno cinquant’anni che non li mangio.

Orazione finale.
Ah i terrazzini, o terrazzoni o in medio stat virtus orazianamente le terrazze romane. Le celebri terrazze romane, archetipe, iconiche, cinematografate, romanzate, sputtanate, sbarluccicanti, odorose di essenze profumate e liquami genitali, covo di bifolchi parvenu nobiltà nera progressisti ritardati politici sfrenati intellettuali spompati stalloni spompinati pensatori acefali damigelle anali lesbiche ruminanti froci svolazzanti, le terrazze con vista cupole, terrazze con vista arene, terrazze sotto quel cielo immenso che sembra tramontare come una coperta di lana, terrazze di merde secche, di merde molli e di merdine a palline, come quelle delle damerine. Terrazze romane. Chi di Roma scrive, di terrazza vive. Chi di terrazze racconta, di Cornelio Nepote s’adonta. Ah Monti, tu giaci nei miei ricordi di puttanazza gioventù e là ti conservo.

Detto questo, per vostra gioia o dolore, noia o rancore, mo’ mi guardo un filmuzzo de’ terrazze.

I miei omaggi monticiani a tutte le vostre graziose persone.
Vespista Cornelio Nepote

2 commenti su “Addio, Monti – Michele Masneri

  1. karenina
    16 aprile 2014

    Il tuo commento mi è piaciuto più del libro, che comunque ho apprezzato in parte. Cercavo qualche recensione in rete e mi sono imbattuta nel tuo blog che non conoscevo, ritornerò, grazie.

    • 2000battute
      16 aprile 2014

      Grazie. Riferirò a Cornelio Nepote che gongolerà per due settimane visto che solitamente raccoglie meritati insulti, da me in primo luogo, per le sue reiterate insolenze e fanfaronate, anche quando in teoria si potrebbe pure essere un po’ d’accordo con lui.
      Ma è fatto così, bisogna “farci la tara”, come dicono al mercato, non è cattivo.
      Io non so se sia piaciuto o meno questo libro, se ne abbiano scritto bene o male, di solito non leggo molte recensioni.
      Grazie ancora,
      2000battute

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Questa voce è stata pubblicata il 8 marzo 2014 da in Autori, Editori, Masneri Michele, Minimum Fax con tag , , , , .

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