«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
FESTA DI NOZZE
John Berger
Traduzione di Riccardo Duranti
Il Saggiatore 1995
[Libro disperso]
Io ho una passione per John Berger, scrittore di romanzi, racconti, saggi, celebre critico d’arte, pittore, disegnatore e intellettuale mosso da impegno civile. È uno degli ultimi grandi intellettuali e artisti del Novecento, uno degli ultimi grandi saggi e grandi spiriti.
Uno degli ultimi maestri.
Questo per me è John Berger. Quando lo leggo i sentimenti preponderanti sono lo stupore, quello dell’alunno che impara dal maestro, e la stima per l’uomo.
Ma credo anche che John Berger non sia un grande scrittore, forse è appena un mediocre scrittore, nonostante i premi, nonostante quello che ne dice la critica superficiale, io penso che non abbia il talento naturale, animalesco e potente del grande scrittore che sembra piegare ogni parola al proprio volere e si sublima in un flusso narrativo. John Berger non ha questo talento, neppure in G., il suo romanzo più celebre e premiato, e neppure in questo Festa di nozze.
Eppure, e qui sta per me la magia di John Berger, ogni volta leggo John Berger e mi emoziono, come se stessi ascoltando una voce che si alza sulle miserie del mondo, la futilità dei libri, la vanità degli scrittori, il cinismo degli editori e la banalità del quotidiano. John Berger per me è uno di quegli angeli berlinesi, sdruciti e umani di Wim Wenders sceso tra noi, ha la stessa faccia segnata e rassicurante di Bruno Ganz e la sua voce calda, tranquilla e ferma.
Nei suoi romanzi percepisco lo stile non raffinato, i personaggi un po’ troppo semplici, le storie rudimentali di questo Festa di Nozze, ma ne vengo travolto da qualcosa che non posso non riconoscere come la presenza di John Berger stesso. È questo che trovo nei libri di John Berger: la sua presenza catalizzante.
Mentre leggevo Festa di nozze ho attraversato un’epifania di stati d’animo. All’inizio la solita fatica per accettare la sensazione di tratto grezzo nel descrivere i personaggi e gli ambienti. “I soliti stereotipi!” dicevo, la coppia separata, la figlia alla ricerca di se stessa, i caratteri paesani, lo spirito artistico dei pezzenti, il contadino saggio e così via. “Ma è John Berger questo, ricordatelo” poi mi dico e mi placo, accetto, mi dispongo ad ascoltare senza distaccare lo sguardo, rimango coi piedi per terra, calpesto la terra e procedo.
E qui comincia la seduzione di John Berger, i suoi personaggi prendono ad assomigliargli sempre più, a parlare con la sua voce, la storia diventa una storia di John Berger, quella che racconterebbe un angelo di Berlino. Una storia densa di umanità, che parla all’anima, senza mediazioni, senza cedimenti, guardandoti dritto negli occhi.
I personaggi convergono, ognuno a modo proprio, percorrendo un tragitto nel proprio passato, verso Gorino, sulla foce del Po (ecco ancora un libro di fiume, da me amatissimi) per la grande festa di nozze di Ninon e Gino. Ninon la figlia di Jean e Zdena, Ninon sieropositiva per una notte nella quale ha fatto l’incontro sbagliato, e Gino, testardo, semplice ambulante che gira i mercati, incrollabile nel suo amore per Ninon, nonostante tutto, indifferente a tutto.
Jean arriva dalla Francia, sulla sua moto Honda CBR 1100 (la mitica motocicletta di John Berger), valica le montagne, incontra il pastore e lo porta a valle dove ci sono le donne, scende verso Torino, poi lungo il Po, si ferma sulla riva, una baracca, dei ragazzi che gli parlano, ragazzi di fiume, Berger racconta anche il fiume, infine arriva a Gorino. Zdena parte da Bratislava in pullman per Venezia, incontra un uomo che le dona una spalla sulla quale sciogliere il grumo di ansia e ricordi. Giunge a Venezia, si imbarca per Chioggia e da lì a Gorino.
Poi ci sono Ninon e Gino, che si incontrano e sanno che il loro futuro sarà breve; Ninon è l’appestata, è colei che porta in sé la morte e se si donasse donerebbe la morte; Gino è la figura epica dell’uomo che ama e niente lo può far desistere.
Infine si svolge la festa di nozze in quel luogo inconcepibile che è Gorino, un mondo dai confini liquidi e mobili, isolato e indifferente, arcaico, senza tempo. È una festa di nozze grandiosa, traboccante vitalità, gioia, piena di musica, balli, canti, tavole imbandite, un’epifania, un inno alla vita, qualunque ci capiti di vivere, chiunque ci capiti di incontrare, in ogni caso, la vita è la cosa più bella che ci possa capitare di vivere.
Finisce così:
Non potrà più parlare. Per metterle qualche goccia d’acqua nella bocca secca, Gino dovrà usare una siringa. Non avrà più la forza di muovere niente, tranne gli occhi, che gli faranno delle mute domande, e la punta della lingua per raccogliere le gocce d’acqua. Lui si sdraierà accanto a lei. E un pomeriggio lei troverà la forza di alzare un braccio e di tenere la mano in aria. Lui la prenderà pra le sue. L’anellino con la tartaruga sarà sull’anulare. Riuscirà a tenere entrambe le mani in aria. La tartaruga nuoterà verso il largo per andarsene. E gli occhi di Gino la seguiranno per sempre e dappertutto.
I musicisti smontano i loro strumenti. Una o due coppie continuano a ballare accompagnate dalla musica che è rimasta loro in testa. Ninon è in piedi davanti a Gino. Qualche attimo prima lui la stringeva al petto e ha avuto un’erezione. Il vestito della sposa è insudiciato come una bandiera dopo la battaglia. La pelle di Ninon luccica. Ha i piedi neri. Scuote la testa come per scrollarsi l’acqua dai capelli. Le trenta treccine impazziscono. Si ferma. Ora le treccine non roteano più, vibrano soltanto. Ecco, dice, ora è arrivato il momento di sciogliere la prima…
Il finale è straziante e bellissimo, stupendo. Non trattenete le lacrime, sono di gioia.
Girate ancora una pagina e leggete, in basso:
I diritti d’autore di questo libro andranno all’Associazione A77, via Tortona 31, Milano, un’organizzazione che aiuta e assiste i sieropositivi e le persone che vivono con l’AIDS.
Questo è John Berger e forse per nessun altro scrittore, artista o intellettuale io provo un’ammirazione sconfinata come provo per lui.
È un delitto che questo libro sia fuori catalogo. Il Saggiatore, ristampalo, per favore.
trovo bellissimo anche il quadro che è in copertina del libro. di chi è? mi fa pensare agli espressionisti tedeschi
È un disegno di John Berger. È buffa la descrizione di come disegna: a inchiostro (a volte a carboncino) e facendo le sfumature con un dito leccato