«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
I SIGNORI DEL PIANETA – La ricerca delle origini dell’uomo
Ian Tattersall
Traduzione di Allegra Panini
Codice Edizioni 2013
Adesso direte “E questo che roba è?”. Un saggio divulgativo di paleoantropologia. E allora direte “Ma guarda!”. È molto bello, sapete? Quindi direte “Questo salta di qua e di là peggio di una cavalletta in amore”. Certo che salto di qua e di là, mica me lo ordina il dottore cosa leggere, ci sono un sacco di libri bellissimi di tutti i generi.
E poi mica morsica o fa venire la varicella un saggio di paleoantropologia. Eh!
Va bè, a parte questa scenetta poco edificante, I signori del pianeta è davvero bello, l’autore, Ian Tattersall è scienziato di fama e ottimo divulgatore, della scuola dei Jared Diamond e Stephen Jay Gould, il soggetto è l’evoluzione della specie umana dai primordi fino ai tempi moderni, quindi argomento interessantissimo, e lo stile e la presentazione sono coinvolgenti e piacevolissimi (Nota per gli alzatori di ciglio: i superlativi non sono casuali o sfuggiti dissennatamente).
Il testo si legge quasi come fosse una grande avventura iniziata un po’ per caso un giorno lontanissimo, nemmeno si sa quando, un giorno perso nella notte dei tempi, prima della Storia, un giorno in una boscaglia preistorica o forse una radura ai confini di una boscaglia se non proprio in una savana. Un certo giorno, ma forse non c’è proprio un certo giorno, nessuno lo sa, comunque lungo tutta un’era che a pensarci sembra infinita, è successo qualcosa, è iniziato a cambiare qualcosa, molto lentamente, con una lentezza inconcepibile, ma pur sempre qualcosa ha preso a modificarsi, nei comportamenti o nella postura o nelle abilità di un gruppo di scimmioni, probabilmente un gruppo ristretto e isolato di una delle varie specie di scimmioni dell’Africa Occidentale, ma non è sicuro che sia proprio quello il luogo d’origine, comunque in Africa, questo è praticamente certo, ed è da questi scimmioni che deriviamo noi tutti, per ragioni sconosciute, ci sono molte ipotesi, ma la verità è che non abbiamo nessuna risposta del perché proprio quel gruppo di scimmioni porta fino a noi, probabilmente ristretto e isolato, probabilmente originario dell’Africa Occidentale.
Il libro, affascinante e perfino entusiasmante, è altresì rigoroso: Tattersall segue la traccia dei fossili che sono stati ritrovati fino a ora e riconosciuti come aventi a che fare con l’evoluzione che ha portato infine all’Homo Sapiens. È quella traccia di fossili, frammentaria, incompleta, parziale, talvolta ambigua, altre volte stupefacente, in alcuni casi misteriosa, che, a seguirla, ci conduce in un’avventura meravigliosa lungo un arco di tempo del quale le nostre misure non riescono ad afferrare l’estensione: tre milioni e mezzo di anni.
Forse tra voi c’è chi conosce bene queste ricerche e quindi non si stupirà di nulla, altri che non ne sanno niente e che potrebbero rimanere a bocca aperta dall’inizio alla fine (Nota Benissimo: quelli che sono convinti che tutto sia iniziato seimila anni fa non li prendo nemmeno in considerazione, per me facciano un po’ quel che vogliono, ognuno ha il diritto di credere alle fesserie che più gli piacciono, ma tengano le loro zampe sporche e le loro superstizioni da barbari ignoranti fuori dalle scuole!), e altri ancora, come me, che avendo già letto in passato saggi e articoli sull’argomento, una certa idea approssimativa ma tutto sommato centrata già l’avevano che scopriranno dettagli o conclusioni sorprendenti, illuminanti, perfino emozionanti.
Ad esempio, io non avevo ben chiaro il fatto che fossero coesistite, da sempre, molte specie umane (del genere Homo) o pre-umane (del genere Australopithecus). Certo, sapevo degli uomini di Neandertal, sapevo che non sono stati nostri progenitori ma un ramo differente ed estintosi. Questo lo sapevo. Ma non avevo ben capito la varietà di specie diverse che hanno convissuto lungo tutta questa lunghissima storia.
Cioè noi, Homo Sapiens, gli uomini e donne che abitiamo questa terra, io, te, lui, lei etc., pure i dispensatori di ignoranza della leggenda dei seimila anni, tutti i miliardi di uomini e donne di oggi, tutti quanti appartenenti a un’unica specie, per il fatto di essere rimasta l’unica specie del genere Homo vivente, rappresentiamo un’eccezione assoluta in essere da poche decine di migliaia di anni in una storia di tre milioni e mezzo di anni.
Io, invece, avevo un’idea confusa avendo capito che in tempi remoti, al tempo delle australopitecine, le scimmie bipedi antropomorfe progenitori del genere Homo, fossero esistiti allo stesso tempo rami diversi dell’albero filogenetico, ovvero specie diverse coesistenti, ma che dal passaggio al genere Homo la linea di evoluzione fosse stata sostanzialmente unica con solo rare eccezioni come i Neandertal dovute a condizioni ambientali anomale come un lungo periodo glaciale. E invece pare proprio di no. Pare invece dai fossili che di rami che hanno corso per linee diverse di evoluzione convivendo nello stesso tempo e spesso nelle stesse zone ce ne siano stati molti, sempre, fino quasi alle soglie dell’era storica.
Per me rendermi conto in modo chiaro di questo fatto è stata una scoperta strepitosa e ho iniziato a leggere il saggio in modo accanito, ho fatto un paio di notti per non volermene staccare.
Quando mi capita di incontrare saggi così provo veramente la sensazione di abbeverarmi a una fonte per placare l’arsura; è un piacere anche fisico, la gioia di scoprire cose nuove, di capire meglio qualcosa che mi accorgo di avere compreso male o troppo superficialmente, di immaginare in modo più chiaro questo mondo, questa vita, noi stessi.
I fossili, umani ed anche animali, hanno il potere di aprire le porte del nostro tempo; noi viviamo in una gabbia minuscola di tempi storici, i nostri tempi si misurano a bracciate e a falcate. Davanti a un fossile e ancor più seguendo la traccia lasciata dai fossili, il nostro concetto di tempo si disintegra, ci rendiamo conto di osservare un oggetto, un osso, uno scheletro, un cranio che arriva da un tempo che per noi è inconcepibile, sarebbe lo stesso se arrivasse da un altro universo. Un paio di anni fa ero a New York e sono andato all’American Museum of Natural History (di cui Ian Tattersall ne è il curatore della sezione Antropologia), quello celebre per gli scheletri dei dinosauri, del Tirannosarus Rex, quello pieno di bambini, per intenderci. Sono arrivato a metà mattina, sono rimasto dentro tutto il giorno, incantato, per me era magia, era lo spettacolo più incredibile che avessi mai visto, ero rapito da quegli scheletri per il fatto di sapere che erano reali, erano ossa vere quelle che vedevo, un giorno erano state un animale vivente ed avevano decine di milioni di anni. Decine di milioni di anni, continuavo a ripetermi quei numeri che leggevo sulle targhette e osservavo quella meraviglia indescrivibile.
Per cui, raccontare la storia dell’evoluzione della nostra specie seguendo la traccia dei fossili, fin dove è stato possibile, con i limiti di comprensione dati dalle nostre conoscenze parziali, è come raccontare una storia fuori dalla Storia, una storia più grande della Storia, un mito però reale, il che sembra strano a dirsi, ma c’è un senso di magia che traspira dal cercare di andare tanto indietro con lo sguardo dovuto alla meraviglia che inevitabilmente accompagna quello che si vede e che mai potrà dileguarsi.
Per questa sensazione di meraviglia che non mi abbandona dico che I signori del pianeta è un libro meraviglioso.
Nota:
– chi volesse leggere una sintesi della filogenesi dell’Homo Sapiens prima di affrontare un saggio più esteso non ha che l’imbarazzo della scelta cercando in rete. Suggerisco di leggere l’ottimo documento predisposto da Gabriella Giudici sul suo blog.