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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Storie di cronopios e di famas – Julio Cortázar

cronopios e famas - cortazar

STORIE DI CRONOPIOS E DI FAMAS
Julio Cortázar
Traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini
Einaudi 1997

Prima di dire qualcosa del libro dopo averlo letto, vorrei dire qualcosa del libro prima e durante la lettura. Già, perché sta crescendo, in me, una certa insofferenza per l’iconografia commercial-popolare che è montata attorno a Julio Cortázar.

Non che lo si sia scoperto ora, Julio Cortázar, ma tra la ormai sparuta popolazione sopravvissuta dei lettori italiani dignitosi, la mefitica categoria commercial-popolare dell’autore di culto sta tornando con vigore a riappropriarsi di Julio Cortázar. È del tutto evidente che, nella steppa del mercato editoriale, si proceda a colpi di autori di culto, come borsette di culto, scarpette di culto, automobili di culto e così via. Di esempi ce ne sono decine. Diventano tutti autori di culto quelli che vendono un po’ di copie o sui quali gli editori puntano per vendere un po’ di copie, ma anche quelli sui quali recensori, opinionisti e comuni social-lettori si slanciano tutti insieme per esultare come a un gol della nazionale o palpitare teatralmente e di comune accordo come al termine di una puntata della serie (ovviamente) di culto oppure anche come buoni salotti letterari che vivono sugli autori di culto, che altrimenti di che si parla?

Ecco, a me questa faccenda degli autori di culto non piace, forse perché ci sento puzza di pubblicità e di persuasori occulti o come minimo di salotti con i pasticcini. Non mi piace il culto di Foster Wallace e men che meno dei suoi molto più modesti epigoni americani, di Bolaño (nostante sia un grandissimo), di Carrère (che secondo me è un furbastro) etc. etc. A me non piacciono i culti, tanto meno gli autori di culto, incluso quindi Julio Cortázar, anch’esso un grandissimo scrittore, penso io, anche se talvolta più un sublime talentuoso della parola che un romanziere. Rayuela è uno dei romanzi più affascinanti che abbia letto, il resto dell’opera di Cortàzar che conosco è talento arguto, non arte del romanzo. Ma tant’è, io sono e rimango un irriducibile bernhardiano, quindi cisposo, rampognante, egocentrico, prosciugato, malmostoso, visceralmente misantropo e divorato da una passione amorosa tormentata e repressa.

Storie di cronopios e di famas è un tipico libro cortazáriano: inclassificabile e sommamente delizioso. È diviso in quattro parti: Manuale di istruzioni, Occupazioni insolite, Materiale plastico e Storie di cronopios e di famas.
Le prime tre parti sono brevi racconti, arguzie, motteggi, divertissement direbbero quelli chic, sublimi cammei di un Cortázar divertito che semina pianticelle di arguzia. Sono scherzi, in senso musicale, di un talento letterario sterminato, Georges Perec forse gli si avvicina.

Leggiamo il primo di questi scherzi, Istruzioni per piangere:

Lasciando da parte le motivazioni, atteniamoci unicamente al corretto modo di piangere, intendendo per questo un pianto che non sconfini nelle urla e tanto meno in un insulto al sorriso con la sua parallela e goffa somiglianza. Il pianto medio o ordinario consiste in una completa contrazione della faccia e in un suono spasmodico accompagnato da lacrime e da moccio, quest’ultimo nella fase finale, perché il pianto termina nel momento in cui ci si soffia energicamente il naso.
Per piangere occorre fissare l’immaginazione su se stessi, e se ciò risultasse impossibile perché è stata contratta l’abitudine di credere nel modo esteriore, si ponga mente ad un’anatra ricoperta di formiche o a quei golfi dello stretto di Magellano ove niun penetra giammai.
Una volta arrivato il pianto, ci si copra con dignità il volto usando entrambe le mani con la palma in dentro. I bambini piangeranno con la manica della giacchetta sulla faccia, e preferibilmente in un angolo della stanza. Durata media del pianto: tre minuti.

Poi viene l’ultima parte, la più lunga e omogenea, Storie di cronopios e di famas, che dà il titolo al libro e imperitura fama a quest’opera.
Su questo racconto favoloso, fiabesco, sognante, immaginifico, assolutamente strepitoso, sono state spese molte parole, da parte di tanti, chi più, aggiungendo qualche osservazione interessante, chi meno, semplicemente accodandosi al coro di stupore gioioso.
Io mi accodo al coro di stupore gioioso: la storia dei Cronopios, delle Speranze e dei Famas è  semplicemente meravigliosa, una delle creazioni letterarie più dense di dolcezza, di senso e di piacere. Solo il fantasmagorico amore narrato da Boris Vian mi sembra avere la stessa sfrenatezza romantica alla quale è impossibile resistere rimanendo freddi. In fondo, Cortázar è sì argentino, ma molto, visceralmente, francese nel gusto, nei richiami e nello stile.
Dopo aver conosciuto queste creature fantastiche che sono i Cronopios, le Speranze e i Famas, capiterà per sempre, d’improvviso, di voltarsi di colpo per strada e di vedere delle Speranze su un albero, di guardare una piazza affollata e scorgere dei Famas in fila che la attraversano, o anche di leggere una notizia curiosa sul giornale e di riconoscere l’inconfondibile impronta dei Cronopios in azione.

Ma chi sono questi esserini? Lo dice Cortázar in una nota:

[…] ho dunque visto fluttuare nella sala degli oggetti di colore verde, sorta di piccole palle verdi che facevano evoluzioni intorno a me. Ma, insisto, non si trattava niente di tangibile, non li vedevo veramente, pur vedendoli in un certo modo. E insieme all’apparizione di quegli oggetti verdi, che sembravano gonfiati come piccoli palloni, o come rospi, o animali in genere, m’è venuta l’idea che quelli erano Cronopios.
[…] Ma poi la piccola visione che avevo avuto e poi il nome Cronopios che mi piaceva molto hanno continuato a ossessionarmi. Allora mi sono messo a scrivere le prime storie. E sono apparsi in modo simile – ma meno precise di quelle dei Cronopios – le immagini dei Famas e delle Speranze. Quelle immagini sono state forgiate, sono state inventate per servire da contrappunto alla natura dei Cronopios. I Fama sono l’opposto dei Cronopios e le Speranze servono da intermediari.

Ecco qui i Cronopios, i Famas e le Speranze. Siamo nei quartieri della fantasia libera e visionaria, riflessi tremolanti su pozze d’acqua di realtà, dobbiamo sorridere e sognare per vedere queste creaturine, batraciformi e palluti.
Ma nonostante questa precisazione di Cortázar, il mondo dei Cronopios sembra inevitabilmente indurre fame di spiegazione nei lettori, anche quelli monumentali come Italo Calvino:

I famas sono quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi, che bevono la virtù a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l’un l’altro carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di comprare le pasticche Valda. I cronopios sono coloro che si lavano i denti alla finestra, spremono tutto il tubetto per veder volare al vento festoni di dentifricio rosa; se sono dirigenti della radio argentina fanno tradurre tutte le trasmissioni in rumeno; se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine sul guscio per darle l’illusione della velocità.

Sempre più stralunato il mondo dei batraci cortázariani, impossibile non sorridere felici pensando ai Cronopios, alle Speranze e ai Famas. E allora eccoli finalmente, nella danza irridente di tregua e provala.

C’era una volta un fama che ballava tregua e ballava provala davanti alla vetrina di un negozio pieno di cronopios e di speranze. Le più irritate erano le speranze sempre pronte a far di tutto perché i famas non ballino tregua e provala, ma spera, che è il ballo più in voga presso i cronopios e le speranze.
I famas si piazzano apposta davanti alle vetrine, e questa volta il fama ballava tregua e ballava provala per dare sui nervi alle speranze. Una delle speranze lasciò cadere il suo pesce-flauto – perché le speranze, come il Re del Mare, sono sempre accompagnate da un pesce-flauto – e uscì a protestare, dicendo al fama:
– Fama, niente tregua e provala davanti questo negozio.
Il fama continuava a ballare e rideva.
La speranza chiamò altre speranze, e i cronopios fecero crocchio attorno per vedere cosa ne sarebbe saltato fuori:
– Fama, – dissero le speranze, – non ballare tregua, e neppure provala davanti questo negozio.
Ma il fama ballava e rideva, e così mortificava le speranze.
Allora le speranze si lanciarono sul fama e lo malmenarono. Lo lasciarono a terra vicino a uno steccato, e il fama mandava lamenti, immerso nel suo sangue e nella sua tristezza.
I cronopios si avvicinarono furtivi, questi oggetti verdi e umidi. Attorniarono il fama e si misero a compatirlo, dicendogli:
– Cronopio cronopio cronopio.
E il fama capiva, e la sua solitudine era meno amara.

E via così, nel favoloso mondo dei Cronopios, delle Speranze e dei Famas.
Leggetelo e ballate ridendo e facendo sberleffi, ballate provala e ballate tregua se volete, oppure ballate spera se vi piace di più, ballate insieme a un grande grandissimo Cortázar.

7 commenti su “Storie di cronopios e di famas – Julio Cortázar

  1. Pingback: Se l’amico Cortázar viene chiamato “autore di culto” | il Secolo Corta

  2. sololennesimoblogghista
    10 giugno 2014

    Chapeau per la recensione e la scelta icastica delle citazioni :)

    • 2000battute
      10 giugno 2014

      Ah! Non sapevo di essere icastico. Ora lo dirò spesso per vanteria.
      :)
      grazie, ciao

  3. rodixidor
    7 giugno 2014

    Bella la tua recensione: analitica, estesa, simpatica, appassionante. Grazie.

  4. Gina
    7 giugno 2014

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Questa voce è stata pubblicata il 7 giugno 2014 da in Autori, Cortázar, Julio, Editori, Einaudi con tag , , , , , .

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