«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
SE UNA NOTTE D’INVERNO UN VIAGGIATORE
Italo Calvino
Mondadori 2002
Sarò conciso perché dilungarmi parlando di un libro che avrete tutti già letto non mi sembra una grande trovata, ma tengo fede al mio proposito originale: quello che leggo lo commento, financo il libretto comprato dal venditore di strada senegalese o il classico che tutti quanti conoscono.
Fatto questo preambolo temporeggiatore, ora si pone il mio problema: Cosa scrivo de Se la notte d’inverno un viaggiatore?
Ci sono alcune alternative:
– tessere le lodi di Calvino, nume tutelare e padre nobile della letteratura italiana del secondo Novecento, accodandomi alla vulgata popolare per conquistare magari qualche lode dai giustamente molti estimatori del suddetto nume;
– gigioneggiare impunemente per far perdere un po’ di tempo e al massimo produrre qualche sghignazzo;
– dire quello che effettivamente ne penso io, la cosiddetta verità.
Ne eliminiamo due delle tre e rimane il fatto che a me Calvino, nonostante i periodici tentativi, risulta immancabilmente indigesto, stopposo, poco cotto o troppo cotto, scotto, sciapo o salato, insomma a me i libri di Italo Calvino non piacciono.
Capisco l’eventuale costernazione o aggrottamento di ciglia o anche espressioni peggiori che questa dichiarazione mal calcolata può indurre, ma questi sono i fatti e non li nego.
Ora cerco di spiegare perché a me Calvino non piace e cosa significhi, esattamente, “non mi piace”.
Riconosco la maestria superba di Italo Calvino nello scrivere. Il suo periodare è perfetto: stile sempre equilibrato, elegante, senza la minima sbavatura, mai banale, mai triviale, mai ampolloso o saccente, non perde mai il controllo delle frasi, l’armonia complessiva è sempre impeccabile, le storie sono cesellate, i personaggi magistralmente introdotti e descritti, gli incipit invogliano la lettura e i finali chiudono un cerchio praticamente perfetto. Italo Calvino è, giustamente, un maestro riconosciuto di scrittura.
MA…
c’è una cosa che non va, per conto mio: Calvino è un ingegnere della scrittura, non un artista dello scrivere. I testi di Calvino che ho letto, e questo Se la notte d’inverno un viaggiatore ne è uno dei migliori esempi, a me paiono costruiti, progettati e realizzati con il metodo e la cura tipiche delle discipline ingegneristiche. Si vede la struttura portante, i tiranti, le architravi e i pilastri, le coperture, gli infissi, le rifiniture, l’intonaco e la tinta finale. Si applaude ammirati alla sapienza del costruttore di romanzi.
I libri di Calvino, per me, non sono opere d’arte, ma capolavori di edilizia letteraria. Leggendo, mi pare di vedere in controluce gli schizzi, i calcoli e le proporzioni, i modellini e i prototipi. Io vedo il lavoro del cantiere letterario. Di altissima tecnica e qualità, intendiamoci, ma non è quello che il mio gusto apprezza.
I dieci inizi di romanzo che compongono Se la notte d’inverno un viaggiatore, che la mia amica F. giustamente ma con condiscendenza chiama “metaletteratura”, a me non suscitano fascinazione, meraviglia o piacere. Cambiando settore ingegneristico, dall’edile al motoristico, sarebbe un po’ come se l’ingegnere che ha progettato i dieci migliori motori della Ferrari me li volesse spiegare. Al primo rimango meravigliato. Al secondo apprezzo l’inventiva per migliorare ancor più il precedente. Al terzo comincio a perdere qualche colpo e al quarto sono già definitivamente colato a picco tra bielle, pistoni e molle. Chi ha la passione per la motoristica forse raggiungerà il climax orgasmico al termine della descrizione del decimo, ma io che tale passione non l’ho m’affosso.
Ecco, i dieci inizi di romanzo de Se la notte d’inverno un viaggiatore a me hanno fatto suppergiù un effetto simile, mi sono affossato verso il sesto o settimo al massimo mentre la voce entusiasta dell’ingegnere capo proseguiva imperterrita.
Molti o tutti voi in un sol coro direte Noi non siamo d’accordo!
Ok ok… non è un dramma. D’altra parte io mi riconosco quale bernhardiano incarognito e onettiano fraudolento, per cui ho bisogno di scrittori che nelle pagine colano rabbia, sangue, sudore, sesso, carne, respiri ansimanti, follie, melodie, sinfonie, gelo, calore, farsa, piroette, salti con l’asta e una sublime capacità di descrivere tutto questo. Calvino non ne fa parte. Ha altre qualità, queste no.
Chi ha letto un po’ di miei commenti, avrà notato che io mi entusiasmo per libri di questo genere, mai per libri alla Calvino.
Forse per questo non ho un buon rapporto con la letteratura italiana recente: troppo calviniana, mai bernhardiana e tanto meno onettiana.
Mi dispiace, ma non riesco a trovare piacere profondo nel leggere quelle pagine, solo ammirazione per stile e tecnica mirabili. Non mi basta per placare la bramosia.
Recensione perfetta: non ci avevo mai pensato ma effettivamente Calvino mi ha sempre dato quel senso di ordine, serenità, precisione, i suoi libri per me sono un rifugio quando sono alla ricerca di un posto in cui sedermi tranquilla.