«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
FUORI TIRO
Emmanuel Carrère
Traduzione di Antonella Viola
Theoria 1989
[Libro disperso]
L’unico aspetto che potrebbe – e dico “potrebbe” alzando il tono di un’ottava per sottolinearne l’improbabilità – al limite avere un qualche interesse, diciamo, antropologico, in quello che vado a scrivere è, credo, sapere sinteticamente per quale ragione una persona decida di leggere un autore che dichiaratamente disdegna scegliendo di questo un titolo fuori catalogo per poi apprestarsi a commentare, in un qualche modo che ancora non sa bene quale sarà, producendo quello che ha tutta l’aria di un pasticcio o almeno di una inconcludenza.
Poi qualcuno dirà “Eh… magari… due parole sul libro”… ma sì il libro, che volete che sia, cosa vi aspettate da Carrère? Sorprese, capolavori, originalità? Macché, fin dall’inizio, ed era trentenne quando ha scritto questo Fuori tiro, è stato bravo a scegliere storie accattivanti con personaggi accattivanti, e forse pure qualcosa di più: storie ben scritte, ben progettate, ben organizzate e confezionate, ma paracule e con personaggi paraculi, per dirlo alla romana.
Così per L’avversario, rimestone romanzato di un fatto di cronaca, così forse per Limonov, ma non posso esserne certo non avendolo letto, e così per questo Fuori tiro che detto in breve racconta questa storia qua: una giovane donna, madre separata, parigina e borghese, inizia a giocare alla roulette; gioca una volta, gioca due, alla terza inizia a scendere nel gorgo del vizio, la sua vita ne viene risucchiata e tutta quanta viene frullata dal grande vortice della dipendenza. Fino a un epilogo color pastello. Questo in breve e gli elementi accattivanti/paraculi sono: giovane donna piacente, madre, parigina, vizio del gioco, casinò di provincia e alberghi sordidi, corruzione morale dovuta al vizio, compagno di gioco sessualmente ambiguo, corruzione morale sempre più spinta, vita a rotoli, spettro della rovina completa, scena madre, catarsi, redenzione, amen.
Tiriamo tutti un sospiro di sollievo… fiuuuu… c’è mancato poco che diventasse una volgare puttana drogata viziosa da parcheggio di camionisti e invece torna a essere una brava signora madre separata parigina.
Ecco, non so se si possa usare il termine “francese” nel senso di aggettivo dispregiativo, cioè a indicare chi parla con quel tono supponente che associa a certa francesità una fastidiosa propensione alla concettualizzazione fine a se stessa condita da snobismo atteggiante, superficialità modaiola, vezzo ancheggiante e peggio del peggio quel modo altezzoso da palloni gonfiati a flatulenze compresse.
Ma quindi, io perché l’ho comprato (l’ho pure comprato, in effetti, nemmeno preso in biblioteca)? Boh… e chi se lo ricorda, sono passati mesi, poi me lo sono trovato qui nella libreria dei libri da leggere e ho detto “vediamo, un libro degno di questo agosto insopportabile… Carrère!”
Fine. Grazie. Molte scuse ai francesi, da non confondersi ovviamente con i “francesi” che sono una razza a parte.