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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Anna – Francesco D’Isa

Anna- D'Isa

ANNA – Storia di un palindromo
Francesco D’Isa
effequ 2014

Di solito non leggo gli esordienti perché… perché non li leggo? per diffidenza immagino, giustificata statisticamente, credo, dall’impossibilità di discernere tra i molti esordienti.
Ma qualcuno lo leggo. Talvolta per caso, come per il libro di Irene Chias che mi è capitato tra le mani mentre vagabondavo in biblioteca in cerca di stimoli, talvolta per un commento particolarmente convincente, come fu quello di Cristiano De Majo riguardante Deep Lipsia di Giordano Tedoldi (era un quasi-esordiente in realtà), altre volte per un suggerimento di qualcuno di cui mi fido, cose così.

Questa volta è successo perché me l’ha domandato Francesco D’Isa se mi andava di leggere il suo romanzo d’esordio e a me andava certamente visto che di Francesco conoscevo già e molto apprezzavo i suoi lavori come novellista grafico, I. e Liebe macht nicht frei, baby!. Francesco D’Isa è un artista visuale, nei suoi lavori anche le parole sono elementi visivi oltre che testuali, ma soprattutto è un’artista originale con tendenze labirintiche e pennellate gotiche oltre a una robusta dose di ironia sullo sfondo.
Quindi mi ha fatto piacere che Francesco mi abbia domandato di leggere Anna.

Ho letto Anna che era di domenica, 200 pagine finite in una volata. Anzi, mi hanno ingoiato come un pitone fa con un coniglio: lo ingoia e lentamente lo digerisce. Ora che forse hanno finito di digerirmi dovrei riuscire ad articolare un commento.
Volete prima il dolce o prima l’amaro? Qualcosa da criticare ce l’ho, come è normale per qualunque libro d’esordio. Cose normali, non elettrizzatevi all’idea di annusare il profumo del sangue che scorre perché non scorrerà alcun sangue.
Oppure volete in due parole la sintesi della sintesi versione semaforica? Luce verde, piena e senza indugi. Anna a me ha conquistato e Francesco D’Isa è stato molto bravo. Forse più di quello che pensa lui stesso.

Va bene, allora prima le critiche così ci togliamo il pensiero. È il libro di un esordiente. Fine delle critiche.
Devo esplicitarlo anche se sapete benissimo cosa vuol dire?
Vuol dire che di solito gli esordienti (ma non solo loro) compiono due tipi di errori, o uno o l’altro, intendo: qualcuno eccede nello sforzo minimalista scarnificando fino all’osso la prosa che poi risulta spigolosa e claudicante come un’anoressica; qualcun altro eccede nelle decorazioni, nella spirale eccitata della iperaggettivizzazione, nel neobarocco dell’eccesso di descrizione, si descrive oltre ogni ragionevole necessità descrittiva. Son giovani ed esagerano, insomma. D’Isa a volte pecca di eccesso descrittivo e qua e là si intravede lo sforzo dell’autore per assemblare le parole alla ricerca di un suono oppure rimane qualche spigolo disallineato in un dialogo, un paragrafo  non ben lisciato. Un po’ come vedere la prima ballerina del Lago dei cigni che suda per lo sforzo. Comprensibile e molto umano, anche se rompe una certa illusione di incorporeità ideale.

Sono critiche normali per un esordiente e soprattutto di poco conto rispetto al merito di aver scritto una storia, quella di Anna, quella di Anna vista da Ezio, quella di Ezio e Anna, quella di Ezio visto da Ezio, sembrano quattro storie, ma è una sola… dicevo una storia che si insinua nella sensibilità del lettore, gli rovista nelle memorie, pizzica le corde del rimpianto e si discioglie sull’immagine della propria vita. Una Anna e un Ezio li ritroverete anche voi, sarete anche voi o una o l’altro, e quando ve ne accorgerete, abbastanza presto durante la lettura, allora D’Isa vi avrà catturato ed entrerete nel gioco che sa meglio fare, quello di mostrare immagini in apparente contrasto dalle quali emerge una trama, un filo conduttore e un simbolismo tutto personale. In questo ho rivisto molto del suo talento di novellista grafico, l’ha trasposto e sfruttato con eleganza.

La storia di Ezio e di Anna è una grande storia d’amore, una Zweisamkeit, una solitudine a due che segna un confine tra mondi incomunicabili: il mondo di Ezio e Anna, personaggi profondi, densi, tragici, lirici, di umana bellezza, e quello degli altri, incarnati dai due personaggi non protagonisti, il Dott. Roberto, l’iperpiacione, e l’augusto Prof. Dott. Marco Aurelio Savelli, ampollosa macchietta dal lessico tardo ottocentesco e intuito affilato come un coltello di ceramica giapponese. Lo scarto dei due personaggi caricaturali rispetto alla scena costruita da Ezio e Anna, che va sempre più richiudendosi sulla propria intimità misteriosa, è abissale e D’Isa lo sottolinea con forza, quasi con rabbia. Così Anna prende presto la forma di una storia-bozzolo, e di una storia di tragedia dalla quale si risorge, nella quale ci si immerge di nuovo, dalla quale non ci si separa mai. Non voglio raccontare nulla della trama, quindi sarò generico.
Fin dove si spinge Francesco D’Isa nel raccontare una storia d’amore e di tragedia? Perché è questo che conta, non l’amore e la tragedia che sono gli ingredienti di migliaia di storie, da sempre chiunque ha scritto di amore e di tragedia, la letteratura si regge su amore e tragedia, tutto è già stato scritto su amore e tragedia e quindi la domanda che rimane da fare è Fin dove sei disposto a spingerti dei tanti confini che conosci dell’amore e della tragedia?

Giaceva immobile, proiettata in un’estraneità da se stessa simile alla follia. Chiedersi se si è pazzi era la porta per decidere se esserlo o meno, e Anna si trovava proprio sulla soglia. Da una parte c’era lei, i suoi pensieri, i ricordi, le sensazioni, la realtà. Dall’altra, l’ammissione di non potersi fidare di tutto questo. Fu con un grandissimo sforzo che decise di diventare sia detective che indagata, per mantenere un regime provvisorio di sospettosa fiducia in se stessa. Anna era smaliziata, come molte donne che sono state squassate dall’emozione. Si era già rotta una volta, e ci pensava bene prima di farlo di nuovo. Si disse che doveva rimanere razionale, salda, lucida. È stata l’operazione, pensò. Non sono pazza. Il problema però rimaneva.

Gli ho mandato una mail a Francesco, ho scritto Mi sembra che tu sia uno che conosce il significato di amore e di dolore, che secondo me voleva dire che si era spinto lontano nel deserto di fango e cristallo.
In Anna si attraversano molti confini e ci si inoltra in un deserto fatto di amore e dolore, come solo può essere quando si descrive la tempesta che si scatena nel buio del petto di un uomo e come quando si ammette, come fa D’Isa, che la magia salva dalla follia che una tragedia potrebbe provocare perché è solo grazie alla magia che se una cosa non viene guardata, essa cessa di esistere.
Si attraversa anche il confine tra visuale e testuale con la trasposizione delle visioni dell’inquietudine delle tavole di Francesco D’Isa, nelle immagini misteriose del sogno di Anna e nelle lettere che scandiscono la chiusura della Zweisamkeit.

Ieri sera camminavo per Neukoeln e sono inciampato in una chiesa protestante che cresceva verso un cielo blu oltremare. Il colore dei mattoni e quello del cielo creavano una sfumatura perfetta, e per quanto osservassi verso l’alto non ne vedevo la fine. Poi ho abbassato lo sguardo sulle mie scarpe. Le cattedrali dovrebbero essere fondate sulla terra, mi sono detto, dovrebbero essere pesanti. Potessi anche solo costruirle sulla sabbia! Ma no, mi devo accontentare della polvere trasportata dal vento. È difficile pregare in una chiesa più leggera del suo dio.
Ma qualcosa di buono c’è: io non ho scelta, questo devo fare, questo faccio e farò. Viaggio a gran velocità verso un panorama dipinto, senza scampo, senza memoria. Non sono un viaggiatore, sono una freccia e ti amo.

È una marcia nel crepuscolo quella che si compie in Anna, sotto un cielo plumbeo d’amore e un terreno doloroso, quando a un certo punto le prospettive si sovvertono, amore di sotto, dolore di sopra, il riflesso di un pensiero è il pensiero di un pensiero o è la sua morte?

Ezio si specchia nella malattia di Anna e scopre la propria, si specchia nell’amore per Anna e scopre il dolore, si specchia nella tragedia di Anna e trova il proprio amore e quello di Anna per lui. D’Isa gioca con specchi opachi per riflettere immagini distorte, scambia prospettive, genera sciami di simboli che invadono la scena e poi si immergono, inverte suolo e cielo in un incastro di sentimenti che cozzano e fluiscono tra i due personaggi sempre più chiusi nel bozzolo magico della loro realtà.

È un libro bellissimo Anna, l’ho capito scrivendone, andando a mescolare le impressioni per estrarre quelle due o tre immagini da riportare qui dentro e mescolando ho smosso quello che si era depositato e l’ho visto. Ho visto Francesco D’Isa che scriveva e ho percepito lo sforzo, non tanto quello di incastrare aggettivi o verbi atletici, ma quello di camminare in un deserto di amore e dolore e trascriverne i simboli, le immagini, le nuvole di fango e la melma di cristallo, la fatica di inventare una storia per dare corpo all’incorporeità, che non si lascia disegnare ma si lascia raccontare per immagini. Se questo è il senso profondo dello scrivere, Francesco D’Isa ha dato un senso compiuto a un nome palindromo.

Un grande esordio. Bravissimo Francesco.

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Questa voce è stata pubblicata il 29 novembre 2014 da in Autori, D'Isa, Francesco, Editori, effequ con tag , , , .

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