2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Il segreto di Joe Gould – Joseph Mitchell

Il segreto di Joe Gould

IL SEGRETO DI JOE GOULD
Joseph Mitchell
Traduzione di Gaspare Bona
Adelphi 2013

Questa è la storia di come da cosa nasce cosa e poi ancora un’altra cosa e in parallelo ci stanno altre cose tutte simili e il tutto anche quando la cosa iniziale è in realtà una cosina, pure poco simpatica anzi, addirittura una cosetta di quelle che avresti detto non potevano assolutamente far nascere cose e poi cose eccetera eccetera.
Insomma questa è la storia di come ho scoperto Joseph Mitchell e vi dico che è una gran scoperta.

Tutto è iniziato poco tempo fa, forse un mese o al massimo due, nemmeno ricordo, quando in una vetrina di un café-libreria che uso frequentare comparve uno strano – per me strano – libretto dalle dimensioni microbiche edito da Adelphi. Sulle prime non capii cosa fosse. Una pubblicità? Sapete, quei librettini che contengono le prime 10 o 15 pagine di un’opera distribuiti gratuitamente. Strano che sia una pubblicità, mi dissi, sia per Adelphi sia per la collocazione in vetrina.

Non approfondii oltre e rimasi con il cattivo sapore in bocca di faccenda poco chiara e, sospettai, pure torbida. Che diavolo combina Adelphi?

Passarono i giorni, la vita continuò, gli intoppi s’intopparono e le gioie latitavano, finché non lessi, da qualche parte e scritto da non so chi, il nome di Joseph Mitchell. Per incomprensibili alchimie, ricostruii immediatamente che proprio di quel microbo di librettino si stava parlando e mi sorse una curiosità.
Che diavolo sta combinando Adelphi?

Una vita per stradaDue indizi non sono una prova ma un incoraggiamento sì, quindi che feci, mi recai in libreria, una di quelle comode, ampie, nazional-pololari, democratiche e pro-ciabatta-chic, ma soprattutto dove nessuno ti viene a rompere le scatole, quindi acchiappai il librettino microbico, che possiamo anche chiamare col suo titolo, Una vita per strada (trad. Stefano Valenti, Adelphi, 2014), e guardai meglio di cosa si trattava.
Sono 52 pagine, di cui le prime 9 non contano, poi una pagina di premessa della redazione del New Yorker – Joseph Mitchell era giornalista del New Yorker – poi il testo di Mitchell da pagina 10 a pagina 32 – 22 pagine formato microbo – poi un saggetto biografico di 30 paginecome postfazione. Euro 7.
Io do di matto in questi casi. 7 euro per 20 pagine di testo formato microbo? (il resto è packaging, io non pago la confezione!)

Ma le sorprese sono dietro l’angolo, come si sa, e per questo si dice che chi ha vite lineari, rette e coerenti, di quelli che percorrono virilmente un lungo rettilineo nella prateria, di questi qua si dice che siano dei gran noiosi, perché non svoltano mai gli angoli e quindi non incontrano mai le sorprese.

Per farla breve, ero nella libreria nazional-popolare e stavo schiumando rabbia e imprecando contro Adelphi, quando distrattamente leggo l’inizio di Mitchell:

Nella mia vita ho perlustrato a fondo le centinaia di quartieri di cui è composta questa città, e quando dico città intendo la città intera: Manhattan, Brooklyn, il Bronx, Queens e Richmond.

Ah! New York? Ah! Mi riscuoto e sgrano un po’ gli occhi, sapete come si fa durante il tipico effetto-sorpresa, e inizio a leggere. Morale, me lo sono letto tutto, lì in piedi nella libreria pro-ciabatte-chic, in venti minuti, mezz’ora al massimo. Poi l’ho riposto – era perfettamente intonso, non lascio tracce del mio passaggio sui libri – senza alcuna intenzione di acquistarlo e senza alcun senso di colpa, mi sono recato verso lo scaffale… M… Mi… Mit… Mitchell… Il segreto di Joe Gould. Cassa, pagato e uscito.

Bè, miei cari, Joseph Mitchell è bravissimo. Le venti pagine (formato microbo) de Una vita per strada, che sarebbero dovute essere l’introduzione di un libro su New York che Mitchell non scrisse mai, sono tra le pagine più belle che abbia mai letto su New York e in generale su una persona che guarda una città come fosse un grande corpo vitale del quale si sente parte.

Potete comodamente leggervele anche voi recandovi in una libreria dove non vi rompono le scatole oppure, pure meglio, il testo è disponibile sul sito del New Yorker, Street Life – Becoming part of the city con anche la premessa della redazione presente nell’edizione di Adelphi.

Joseph Mitchell è uno di quegli autori americani che hanno reso grande il reportage che si trasforma in racconto, la narrazione della vita in presa diretta, insomma una forma letteraria ibrida tra giornalismo e letteratura che richiede grande sapienza, come tutte le miscele tra opposti, per non cadere, da un lato, nella supponenza di quei giornalisti da quattro soldi che si gonfiano come palloni sforzandosi di darsi un tono letterario, e dall’altro nella malinconia dei narratori spompati che arrancano cercando appigli nella cronaca.

Quelli come Mitchell invece creano un nuovo genere letterario che incanta per la forma e per la sostanza, per lo stile agile che corre nelle strade, svolta, scende scale, sale sui palazzi, scavalca fiumi, si intrufola sotto i ponti, nei mercati, nei crocchi di anziani che osservano i lavori stradali, sempre con una curiosità frenetica. Incanta per il racconto in prima persona, col taccuino in mano, le scarpe sformate e il cappello ben calcato sul cocuzzolo del cranio.

Questo fa Mitchell e attraverso i suoi occhi e le sue parole, le sue storie, le sue immagini, il suo svoltare continuamente ogni angolo, New York diventa quello che in molti pensiamo che sia: una città-mondo incredibilmente varia, sorprendente, infinita nella coda di differenze, stupenda e inimitabile.

Il segreto di Joe Gould contiene due versioni della stessa storia scritte a più di vent’anni di distanza una dall’altra, la storia di Joe Gould, appunto, un barbone di Washington Square degli anni ’30/’40, finto-filosofo, finto-rivoluzionario, finto-profeta, vero-scroccone, un personaggio meraviglioso da raccontare, di un’epoca che non esiste più, autentico, pazzo e lucido, un pezzo della grande New York.

Anche questi due racconti li trovate nell’archivio del New Yorker – il primo si intitola Professor Seagull, Il professor Gabbiano, apparso nel 1942 e il secondo Joe Gould’s secret apparso nel 1964 – ma per questi occorre la sottoscrizione.

La scrittura di Mitchell è coinvolgente e la storia di Joe Gould divertente con anche un mistero, di cui non voglio dirvi assolutamente nulla. Il tutto sullo sfondo della New York più bella, dove tutto è possibile, dove chiunque può essere se stesso, dove puoi incamminarti e attraversare mondi, continenti, epoche, incrociare tutti i popoli della terra, tutti gli sguardi del mondo e tutte le espressioni degli uomini. Joseph Mitchell è inseparabile da New York.

«La prego di scusarmi» dissi. «Ha ragione».
Subito dopo, Gould si fece più conciliante. «In altre parole,» disse ridacchiando «se cormi con i cani, devi aspettarti di svegliarti con le pulci».
Da quel momento, come temevo, prese a piombare spesso in ufficio. Veniva due o tre volte la settimana, di solito nel pomeriggio. Quando era perfettamente sobrio, Gould diventava timido, timido ma disposto a tutto. Ricordava un po’ quelle persone troppo timide per rivolgere la parola a un estraneo ma non per rapinare una banca. Quando era in questo stato, passava davanti alla segretaria senza degnarla neanche di uno sguardo, irrompeva nel mio ufficio senza bussare, prendeva la posta se ce n’era, ricuoteva il contributo al Fondo Joe Gould, pigliava lo «Herald Tribune» del mattino dal cestino della carta straccia e spariva nel giro di pochi minuti. Se prima di venire aveva bevuto, si sedeva e cominciava a chiacchierare, e io ero costretto a piantare lì tutto per ascoltarlo. In realtà la cosa non mi seccava granché.In quello stato, Gould diventava una miniera di informazioni sui pettegolezzi di ogni genere che circolavano nei bar e nelle topaie del Village, e a me era venuta una passione morbosa per quei pettegolezzi. Inoltre, sapevo che mi sarei sbarazzato di lui in mezz’ora o poco più. Se invece Gould arrivava con i postumi di una sbornia, il mio pomeriggio andava a farsi benedire. In quello stato aveva un incontenibile bisogno di parlare, voleva parlare a tutti i costi, non c’era modo di fermarlo, e potevo dirmi fortunato se riuscivo a liberarmi di lui in un’ora e mezzo, o due ore, o addirittura tre. Si sedeva sull’orlo di una vecchia sedia girevole in un angolo del mio ufficio, con la cartella in grembo, gli occhi catarrosi, i vestiti che puzzavano dei disinfestanti e disinfettanti usati nei dormitori, e, prossimo all’isteria, si contorceva, si grattava, e non la smetteva più di parlare e parlare e parlare. L’argomento era sempre lo stesso: lui.

Up in the old hotelMeraviglioso Joseph Mitchell.
Ho cercato cosa c’era di altro suo in traduzione: nulla.
Controllato sui cataloghi di Biblioteca Sala Borsa e Sormani eventuali vecchie edizioni: nulla.
Molto male.
Ho appena ordinato Up in the Old Hotel edito da Vintage Classics, dovrebbe essere la raccolta di tutti i suoi pezzi per il New Yorker. Non vedo l’ora di leggerlo. Non vedo l’ora.

Quindi, morale della storia: a svoltare per gli angoli succedono cose strane e si vede il mondo guardandolo da dentro, come sapeva bene Joseph Mitchell; può succedere perfino che da una raffica di insulti scagliati contro un libro-microbo in due salti si arrivi a ordinare l’opera-omnia dell’autore.
E poi parlatemi di ragionamenti lineari.

Se a questo aggiungete la rilettura de Il giovane Holden, avvenuta in modo  del tutto indipendente da Mitchell, voi capite bene che in questo momento il mio amore per New York è alle stelle per cui faccio qui un appello pubblico: se tra di voi c’è qualcuno che dispone di un divano da affittare a New York per una o due settimane, me lo dica che sono seriamente interessato. Garantisco buone referenze, no cani, no fumo (ho appena smesso), no rompiture di scatole e no vandalismi. Grazie. Passo e chiudo.

Un commento su “Il segreto di Joe Gould – Joseph Mitchell

  1. Domenico Fina
    27 dicembre 2014

    Grazie, interessante recensione. L’ho appena acquistato come eBook :-)

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Questa voce è stata pubblicata il 27 dicembre 2014 da in Adelphi, Autori, Editori, Mitchell, Joseph con tag , , , , , .

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