«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
PANORAMA
Tommaso Pincio
NN Editore 2015
Come sapete benissimo (forma colloquiale che sta per “non ho voglia di spiegare”), Tommaso Pincio, dopo il fenomenale Hotel a zero stelle, è il cavallo sul quale punto nella gara del “Miglior scrittore italiano non ancora morto” (la qualifica ha da essere proprio “non ancora morto” invece che “vivente” essendo la categoria degli scrittori “già morti” infinitamente più rilevante, prestigiosa e piena di entusiasmi ancora da scoprire rispetto a quella dei “non ancora morti”, pertanto logica detta che sia la “non morte” a definire la categoria di scrittori invece dell’“ancora in vita”. Avete capito o devo rispiegare?). Comunque, i bookmaker di Singapore il cavallo Pincio lo danno 17 a 1. Insomma, non sembra che sia uno dei favoriti ma io non cambio giocata. Pincio vincente, cinque euro, no, anzi tredici, quanto costa Panorama.
Va bè. Potevo evitare questa cosa.
A me Pincio sta simpatico perché anche quando leggi cose sue che magari non sono dei monumenti letterari che solcheranno i secoli risplendenti di gloria imperitura, però anche in quel caso ti dà gusto a leggerlo e il motivo principale è che ha la dote rara di sembrare/essere uno che non si prende tremendissimamente sul serio; non ha quel tono rigido tipico di tanti scrittori che sembrano sempre vestiti con una cappa polverosa di iperseriosità, tutti compunti nell’esercizio del facente funzione di intellettuale patentato da pubblicazione cartaceo/digitale (ma solo quella cartacea vale) e con quella scrittura nella quale sversano dosi equine di atletismo accigliato e tormentato nella ricerca del tono giusto per essere inequivocabilmente considerati Scrittori Seri, e certo non scrittori poco seri. Ecco, a me Pincio fa invece l’impressione di essere di base un gran scrittore Che Non si Prende Troppo Sul Serio di gran lunga migliore di tutti i troppi grigiofumigati Scrittori Seri. Per questo con Pincio mi rilasso, mi diverto, lo lascio fare e alla fine mi viene da dire Ah Pincio Pincio, e questo come ti è venuto in mente di scriverlo?
Anche Panorama è così: Ah Pincio Pincio, e questo come ti è venuto in mente di scriverlo?
Questo è il momento di una riflessione seria. Si sono dette alcune cose, con un tono scherzoso, leggerino, un po’ così, insomma, per rompere il ghiaccio, per piacioneggiare. Ora facciamo le persone serie e quindi prendiamo molto seriamente il non prendersi sul serio di Pincio. In generale il non prendersi sul serio di qualcuno, non per forza di Pincio. Chi non si prende sul serio o chi appare non prendersi sul serio, ma le due cose sono indistinguibili, come il gatto vivomorto nella scatola, è persona che lo fa prendendo la cosa molto sul serio. Cioè per non prendersi sul serio sul serio bisogna farlo molto seriamente.
Avete capito o devo ripetere?
Chi non si prende sul serio facendolo poco seriamente si smaschera in due e due quattro come un bigotto o un cretinetto.
Per questo è importante valutare bene la serietà di chi non si prende sul serio. È importantissimo. Segnatevi questa cosa sull’agendina che se no poi al momento buono ve la dimenticate e vi fregano. Se è serio, e Pincio è molto serio, allora ci si può rilassare e lasciar fare a lui o lei (ma mi pare che succeda non molto spesso con le lei, però non vorrei scatenare le orde barbariche per questa mia impressione, quindi stiamo sul genere neutro).
Quindi, il mio consiglio è: leggete Pincio e lasciate fare a lui.
Cosa si racconta in Panorama? … anche questa mania di quelli che vogliono sapere di cosa parla un libro… roba vecchia, da circolo di lettura, da Novecento, da salotti e pasticcini ammuffiti… maddaiiii siamo nel 2015, collezioniamo intolleranze alimentari psicosomatiche e libri di ricette da psicopatici e ancora c’è chi chiede Ma di cosa parla questo libro?… astrazione, multicanalità, narrazione ellittica e tempo circolare, riflesso pixellato e scansioni semantiche… dai su, ma che vi devo dire?
Scherzavo. Parla di uno che di mestiere fa il lettore. Un tipo strano. Un bel personaggio. Anzi, un personaggione, un po’ canettiano e un po’ da italietta del boom economico. Un personaggio che te lo immagini ai tempi di Mike Bongiorno, per dire e con la tv in bianco e nero. Si chiama Ottavio. Il cognome non me lo ricordo. Tondi, ecco, il cognome. Un iperlettore per dire, la sagoma del lettore assoluto. Una caricatura, insomma. La caricatura è la base di chi non vuole prendersi troppo sul serio. Quindi, questo Ottavio Tondi legge per mestiere. Legge manoscritti e li scarta o li accetta per conto del Grande Editore. Qua uno si potrebbe sbizzarrire nel gioco dei nomi: chi sarà mai questo? e quello? e quella? Ma a me non frega niente. Lo stesso andando avanti uno si potrebbe sbizzarrire nelle volate simboliche… Si riferisce all’editoria? Alla scomparsa dei lettori? È una rappresentazione grottesca dell’attualità? Saremo mica noi quelle rappresentate lì eh! e così via. Anche di queste volate simboliche a me non frega niente.
Vediamo invece come Pincio descrive Ottavio Tondi:
Vi era in lui qualcosa che lo faceva apparire molto più grasso di quanto fosse in realtà, qualcosa di indefinibile che andava al di là della semplice stazza, qualcosa che riguardava la persona in generale, una specie di aura che il cognome , evocante una pluralità di curve, fatalmente amplificava. Qualunque azione compisse, anche il semplice camminare, pareva incompatibile con la molle pesantezza dei suoi movimenti. Era come se, con quel fisico, non potesse concedersi altra attività che lo stare seduto, e infatti, non appena lo vidi sedere sul divano posizionato al centro del palcoscenico, fu come osservare una mutazione, quasi che le varie parti del corpo si ricomponessero in una nuova sembianza per assolvere la funzione a esse più congeniale. Un animale restituito al suo habitat e perfettamente mimetizzato., fino alla completa sparizione.
Questo diventava Tondi su un divano: un divano.
È molto interessante questa descrizione, in particolare il finale: l’iperlettore, ovvero il lettore assoluto è tale quando diventa indistinguibile dal proprio divano, anzi, di più, quando si dissolve nel divano. Il lettore assoluto perde ogni fattezza e aroma umane per trasformarsi nel luogo del rilassamento fisico e mentale per eccellenza. La lettura quindi, si potrebbe ipotizzare, portata alle estreme conseguenze annulla l’uomo per lasciarne in vita solo una sembianza e una voce, informe, ectoplasmatica, rinchiusa in una mollezza priva di reazioni. Beckettiano… diabolicamente beckettiano Pincio.
Questo per quel che riguarda il personaggio di Ottavio Tondi. Poi succedono cose. La storia si anima e accadono fatti. In particolare, il tempo passa e le cose cambiano e dalle vette non si può che scendere e a camminare talvolta si inciampa o, più prosaicamente, capitano degli incidenti. Ve la faccio breve: la fortuna gira, l’iperlettore passa di moda, la vita si complica e irrompe il femminino come in tante belle storie. Nel nostro caso, il femminino ha un nome: Ligeia Tissot ma non un corpo né un volto e neppure una voce; solo uno scambio epistolare tra Tondi, asserragliato nel suo castello di libri e antichi fasti (o “di antichi fasti prigioniero”) e la femmina comparsa dal nulla che misteriosamente tiene testa a Tondi con erudizione apparentemente senza confini.
Ho detto “epistolare” ma non è proprio così. Suonava romantico. In realtà sono messaggi attraverso una piattaforma digitale, Panorama, è il nome.
Quindi Pincio da furbacchione qual è rimescola le carte senza farsi notare in modo che quando uno lo nota lui l’ha già fatto. Sembra una storia da tv in bianco e nero e Fiat Seicento e improvvisamente ci si trova in un’ambientazione vagamente fantasy. Ah, Pincio – ti vien da dire – che trucco stai cucinando eh?
Ora concludo. Del finale e di altre due o tre cosette non dico niente perché non sta bene (a chi dice “spoilerare” tiro un caco maturo in fronte). Vi faccio una domanda: secondo voi, cosa succede all’iperlettore decaduto Ottavio Tondi dopo un po’ che dialoga socialnetworkianamente con la misteriosa Ligeia Tissot sbucata dal nulla, immensamente erudita e sgualdrinescamente rappresentata da una webcam che inquadra un letto sfatto, non sempre sfatto allo stesso modo, ma inesorabilmente vuoto? Eh, secondo voi, cosa succede?
13 agosto [del quarto anno di corrispondenza]
una bottiglia di birra vuota;
un posacenere sporco con cinque mozziconi, tutti di canna;
un accendino di plastica, rosso;
un reggiseno bianco;
un camicia bianca;
un boccetta contenente un medicinale liquido (etichetta illeggibile);
due pasticche rosa;
un asciugamano rosa;
una copia del Diario londinese di James Boswell;
un rossetto;Ottavio Tondi, Quaderni dal letto
C’avete pensato mentre leggevate l’elenco degli oggetti lasciati sul letto sfatto di Ligeia Tissot? S’innamora, dite? Troppo banale? Inevitabile? Siete sicuri? Certo che si innamora, non potrebbe essere diversamente, ma… qui Tommaso Pincio gioca il tiro che si era cucinato di nascosto, ridacchiando e distraendo tutti con fare da prestigiatore (per questo io scommetto sul cavallo Pincio, nonostante quel che dicono i bookmakers, perché fa i giochi di prestigio).
Alzi la mano chi ha letto e si ricorda la storia di Bruges la morta di Georges Rodenbach. Io no, quando ho letto Panorama, ora sì perché mi sono letto Bruges la morta. Cosa c’entra? Ah! Vigliaccone! C’entra moltissimo. C’entra con l’attrazione per la somiglianza, con la replica del ricordo. C’entra con il vedere ciò che non si vede. C’entra anche con me e voi, a pensarci bene. Questo Bruges la morta ricorre spesso nella storia di Ottavio Tondi: è il libro che legge durante le performance di lettura al tempo della gloria ed è il libro che leggeva la notte dell’aggressione, Bruges la morta compare sempre e accompagna tutta la storia.
Tranne che con Ligeia Tissot. Con Ligeia Tissot sembra non c’entrare.
Sembra.
Vi lascio così.
Leggete Panorama.
Poi cercate bene dentro Bruges la morta.
È lì che il prestigiatore Tommaso Pincio ha nascosto il suo trucco.
Tredici euro su Pincio vincente.
Ma il senso della somiglianza, con uno scarto brusco e quasi prodigioso, operava questa volta in modo inverso. Per quale complotto del destino, in quella Bruges così lontana dai suoi primi ricordi, era improvvisamente apparso quel volto che doveva resuscitarli tutti?
Comunque fosse quel caso singolare, Hugues si abbandonò tutto all’ebbrezza di quella somiglianza di Jane alla morta, come un tempo si era inebriato della somiglianza fra sé e la città.Georges Rodenbach – Bruges la morta
Note:
– il brano da Bruges la morta è tratto dall’edizione Fazi, 1995, traduzione di Catherine Mc Gilvray.
– di Panorama ne ha parlato Giuseppe Genna, dice che è “un’opera d’arte perturbante”, poi, anzi prima, dice anche che è “un libro di questi anni” ma che ne parlerà “lunedì o martedì”… boh, non so cosa voglia dire… lunedì o martedì… sarà stato quando ero in ospedale… non so… fate voi.
– Anche su minima&moralia se ne parla, ma con un’altra interpretazione per niente male.
Ho appena finito di leggerlo, dopo meno di due giorni di lettura vorace.
Mi é piaciuto molto, l’ho trovato piendo di spunti interessanti, scritto bene e ha confermato tutte le mie aspettative dato che ne sentivo parlare un gran bene (non dai critici delle classifiche ovviamente.
Del Pincio sono da apprezzare anche i ritratti, alcuni davvero degni di fama.
Grazie.
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Interessante. Lo leggerò nonostante sia piaciuto a Genna :-) che considero una specie di D’Orrico in versione cervellotica postmoderna, ad ogni modo entrambi molto distanti dai miei gusti.
del commento di Genna ho capito solo che lunedì o martedì avrebbe detto qualcosa, ma non ho capito con chi stesse parlando