«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
BREVI INTERVISTE CON UOMINI SCHIFOSI
David Foster Wallace
Traduzione di Ottavio Fatica e Giovanna Granato
Einaudi 2000
Io ho un problema con DFW. Forse ho un problema che va oltre DFW, ma per ora vorrei tenerlo circoscritto a DFW. DFW è un grande scrittore. Basta leggere come scrive e cosa scrive e subito si pensa “DFW è un grande scrittore”. Chi non lo pensa è uno stronzetto che vuol farsi notare oppure un bigotto. Io penso che DFW sia assolutamente un grande scrittore.
Eppure non lo leggo volentieri e quando mi impongo di leggerlo faccio fatica, mi devo sforzare, trascorro giorni, sere, notti, pagine e pagine e pagine trascinandomi e ripetendomi “DFW è un grande scrittore” e domandandomi “Perché a me DFW non riesce a piacere tanto quanto dovrebbe piacermi?” – e poi – “Cos’ho di sbagliato, io?” – e anche – “Cosa non capisco?” – fino a – “Perché sono così?”. Poi succede che improvvisamente DFW spara dieci o venti o anche solo due pagine pazzesche (lo so che l’aggettivo “pazzesco” è inflazionato e cheap, infatti lo uso apposta per farvi pensare “Pazzesco è un aggettivo inflazionato e cheap”) e penso “Guarda qua che roba, DFW è veramente un grande scrittore”. Poi torna a scrivere come prima da grande scrittore che non mi fa contento e il mio disagio esistenziale provocato da DFW ricomincia.
Ma allora bisogna andare alla radice del problema – dico – e domandarsi cosa significa veramente “A me non piace” – dico – perché forse ci sono tanti “A me non piace” e bisogna mettersi d’accordo su quale scegliere – dico – un po’ come con le mele e le pere, ci sono gli “A me non piace” a forma di di mela e gli “A me non piace” a forma di pera e se si mettono insieme – dico – non si capisce più niente.
Da qui si capisce invece che bisogna pensare alle mele e alle pere. Immaginiamo di andare dal fruttarolo o fruttivendolo a comprare 10 mele. Quando dite “A me non piace” o diciamo “Non sono contento”, quante mele bacate occorrono per dirlo? 5 mele bacate siete “50% contenti” o “vi piace per metà”? Una mela bacata siete praticamente molto contenti e tutto sommato vi piacciono proprio le mele, tranne quel piccolo, trascurabile inghippo? È così la faccenda o è tutto diverso? Cioè sto dicendo che se il fruttarolo vi rifila una mela marcia e 9 sane, voi siete contenti. È così? Oppure quando scoprite la mela marcia, l’unica mela marcia, date di matto augurando peste e corna al fruttarolo malandrino?
Deduco che forse per me DFW è come un fruttarolo malandrino. Questa potrebbe essere una spiegazione. Ma in realtà non è la spiegazione. DFW non c’entra nulla con i fruttaroli.
Allora provo un’altra spiegazione. DFW parla solo di se stesso. Anzi, DFW cerca giustificazioni per se stesso. Questa è la tipica spiegazione da psicologia cialtrona. Niente, via anche questa spiegazione.
DFW fa esercizi di stile. Sa scrivere divinamente e allora non sapendo che altro fare, scrive divinamente. Tutto qui. Quindi dopo un po’ mi annoia. Bah… chi ci crede alzi la mano (io non la alzo).
La risposta è che non lo so. Forse è proprio un problema che io ho con DFW, forse mette in risonanza corde che non voglio sentire, forse al mio orecchio giunge un’armonica stridente, forse ho un’intolleranza letteraria, una colite-DFW, forse ci leggo troppo spesso la confessione di un suicida che sapeva benissimo cosa avrebbe fatto e questo mi fa diventare cinico e non mi piace avere questa reazione, forse intravedo il tormento dell’uomo comune ma è coperto dal talento dello scrittore geniale, forse è il personaggio-DFW che mi annoia fintanto che non si stanca pure lui di fare il personaggio e lascia parlare l’uomo DFW, forse forse forse…
Forse semplicemente non mi piace aver a che fare con DFW, come preferisco il verde al blu o Roma a Milano o l’inverno all’estate o la solitudine alla folla o la montagna al mare e in tutti i casi però l’opzione che preferisco di meno è quella che poi mi manca di più, che rimpiango più spesso e che anelo. Però solo talvolta, non sempre. Spesso è l’opposto.
Basta parlare di DFW e di me.
Leggiamo un pezzo pazzesco e ciao.
– Sono calmo, non preoccuparti per me. È come la cosa di Frankl di imparare che non è automatico, come è una questione di scelta essere un essere umano con dei diritti sacrosanti invece di una cosa o un topo e la maggiori parte delle persone sono così compiaciute e stereotipate e sonnambule da non sapere nemmeno che è davvero una cosa che devi scegliere da solo che ha un significato solo quando tutto l’apparato e il materiale scenico che ti permettono di andartene in giro tutto compiaciuto credendo di non essere una cosa vengono strappati via e distrutti perché tutt’a un tratto ora il mondo ti considera come una cosa, tutti pensano che sei un topo o una cosa e ora tocca a te, sei tu l’unico a poter decidere se sei qualcosa di più.
Oggi ho visto una donna con la faccia sciolta. Come una candela colata. L’asiatica elegante la vede e getta un grido nascondendo il viso nella spalla del compagno. La donna con la faccia sciolta si alza e si sposta con una smorfia che dice “Eccone un’altra”. Dalla terra dei topi e delle cose, in memoria del grande DFW.
Note:
– Un lungo pezzo recentemente apparso su The New York Times Magazine di Christian Lorentzen, The Rewriting of David Foster Wallace.
La chiave per la soluzione è che dovrei essere onesto al 100%. E questo non significa semplicemente sincero ma pressoché nudo.” (da: “Ottetto”)
c’è molto di condivisibile in quello che scrivi, certe volte tireresti il libro nel muro, poi però ti colpisce nel profondo, sollecita la tua compassione nel senso più elevato del termine, solletica la tua intelligenza, ti chiede espressamente di volergli bene e tu (io) naufraghi miseramente nelle tue ipercritiche; più che a un fruttivendolo scaltro mi fa pensare ad un bastardino spelacchiato, oltre le pulci c’è di più.
Ma Infinite Jest l’hai letto?
Sì, bello, il bastardino con le pulci. Infinite Jest, il tomone? No no, rimando sempre a data indefinita
Questa è una recensione che mi piace, perchè è critica anche con il suo proprio giudizio oltre che con lo scrittore e non da niente per scontato.
Di DFW ho letto poco, ho letto “La scopa del sistema” e mi sono innamorato del suo stile di scrittura, talmente personale che è difficile da classificare, un realista per come sa con poche righe farci vivere gli ambienti e le situazioni, intimista per come mette in risalto i caratteri psicologico, rivoluzionario nello stile che va dallo sberleffo allo stile classico, rock e classico nel suono, insomma un genio. Poi ho letto “Oblio” ed ho faticato a finirlo, tante storie tutte molto deprimenti. Anche io stavo per valutare se avessi beccato una mela bacata, ma di sicuro ne leggerò ancora di questo scrittore di cui comunque sentiamo la mancanza.
su DFW mi astengo proprio dal giudicare perché non ne sono capace, quindi al massimo divago un po’ e mi guardo i piedi
Perchè i piedi ?
Me li guardo quando penso. È un vizio
Un vezzo.