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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

I giustizieri della rete – Jon Ronson

jon ronson - italiano

I GIUSTIZIERI DELLA RETE – La pubblica umiliazione ai tempi di Internet
Jon Ronson
Traduzione di F. Ardizzoia
Codice 2015 

Aggiornamento 26 ottobre 2015: è uscita l’edizione italiana il 22 ottobre 2015. Questo commento è stato pubblicato il 4 luglio 2015 e si riferisce all’edizione originale, “So you’ve been publicly shamed” edito da Picador nel 2015.

shamedJon Ronson probabilmente non l’ha sentito nominare quasi nessuno ma in molti hanno già apprezzato un suo lavoro precedente: è stato coautore della sceneggiatura di Frank, film bellissimo del 2014 con Michael Fassbender (quello con il protagonista che indossa sempre un’enorme testona finta).

Ronson non fa solo lo sceneggiatore ma anche il documentarista e lo scrittore di saggistica popolare. So you’ve been publicly shamed, che credo dovrebbe apparire in edizione italiana per Codice Edizioni (così dice Sofri, almeno), I giustizieri della rete (titolo italiano un po’ infelice, a mio parere, perché con “i giustizieri” si pensa a una cosa diversa rispetto alla pubblica gogna), parla di quel fenomeno ormai preoccupante per molti versi, di certo molto evidente eppure non ben compreso, della pubblica gogna sui social network.

Può bastare un episodio, dallo scrivere un commento interpretabile come razzista, al far circolare fotografie apparentemente offensive fino a incappare in un qualche scandaletto se si è una figura pubblica, per innescare una reazione a catena di indignazione che si autosostiene, cresce, si fa estrema fino a diventare una vera e propria campagna d’odio da parte di bande di (presunti) benpensanti inferociti.

Il reo immediatamente viene condannato alla pubblica umiliazione da una folla pronta al linciaggio per motivi moralistici che velocemente debordano nell’estremismo e nella violenza verbale, si inscena una rappresentazione teatrale collettiva nella quale si mima la distruzione dell’essere malvagio, del colpevole, del diverso; un rito collettivo di purificazione puritana da attuarsi con le fiamme dell’ingiuria e della mortificazione dell’altro. Una pubblica gogna, in tutto e per tutto, alla quale anche noi partecipiamo o abbiamo preso parte in passato.

Come ad esempio quella subita da Justine Sacco, l’autrice di questo tweet:

tweet-sacco

La tendenza alla pubblica gogna, in forma moderata o estrema, fa parte della natura dei social network, Facebook e Twitter ma non solo, in parte a causa del ben noto fenomeno di segregazione culturale che sia in modo spontaneo (è un fenomeno emergente tipico delle reti sociali) sia indotto (i social network, così come i motori di ricerca, favoriscono di proposito l’omologazione) induce i simili a raggrupparsi e a mantenere pochi contatti con i culturalmente diversi. La segregazione culturale non spiega tutto però. Ci sono spiegazioni che si rifanno alle dinamiche delle folle che amplificano certi comportamenti virali; altre spiegazioni guardano alla composizione sociale e culturale degli utenti. Non c’è una spiegazione definitiva, ma il fenomeno è rilevante con possibili conseguenze anche politiche, come ad esempio dinamiche di polarizzazione del consenso su posizioni estreme. Non è un fenomeno nuovo, ma con i social network l’effetto moltiplicatore sembra notevole.

Di questo parla Ronson e lo fa con il tipico approccio aneddotico della saggistica popolare. Racconta storie di casi più o meno famosi, alcuni forse ve li ricorderete o addirittura ne siete stati partecipi. Quello di Justine Sacco è stato rispreso anche in Italia, famosissimo l’esperimento di Zimbardo con gli studenti che dovevano riprodurre i comportamenti delle guardie carcerarie e dei detenuti (molto acuta la presentazione di Ronson, in particolar modo rispetto all’ambiguità dell’esperimento di Zimbardo), degli altri casi forse da noi in pochi ne hanno sentito parlare.

Il tratto peculiare è che Ronson li osserva dal lato opposto rispetto a quello a cui siamo abituati: non da quello dell’utente di social network, ma dal lato di chi finisce nell’occhio del ciclone, con effetti che possono essere sconvolgenti per un individuo, ed è proprio sul rapporto tra colpa (reale o presunta), reazione della folla e conseguenze ai danni della vittima che Ronson riesce a far emergere i tratti inquietanti di questo fenomeno diventato una consuetudine.

It seemed to me that everybody involved in the Hank and Adria story thought they were doing something good. But really they only revealed that our imagination is so limited, our arsenal of potential responses so narrow, the only thing anyone can think to do with an inappropriate shamer like Adria is punish her with a shaming. All of the shamers had themselves come from a place of shame and it really felt parochial and self-defeating to just instinctively slap shame onto shame like a clumsy builder covering cracks.

A me sembrò che tutti quelli coinvolti nella storia di Hank e Adria pensassero di star facendo qualcosa di buono. In realtà hanno solo mostrato quanto la nostra immaginazione sia limitata, il nostro arsenale di potenziali risposte ridotto, che l’unica cosa che si riesce a pensare di fare nei confronti di chi ha umiliato in modo inappropriato, come ha fatto Adria, è di punirla umiliandola. Tutti coloro che l’hanno umiliata venivano da una storia di umiliazioni e sembra davvero limitato e controproducente che istintivamente abbiano reagito all’umiliazione umiliando, come un muratore incapace che copra le crepe. (Traduzione mia)

È scritto bene, come è d’uso per libri del genere, lo stile giornalistico-spigliato anglosassone è sempre efficace anche se non molto originale, alternando dialoghi a commenti, fatti a opinioni, un buon mix godibile da tutti i palati.

Comunque, per quanto sia volutamente un testo indirizzato a un pubblico di non specialisti, non è affatto banale, anzi, tocca molti temi critici, li tocca senza approfondirli, ma assolve la funzione di risvegliare l’attenzione sui dettagli. I dettagli fondamentali, quelli che messi in fila fanno dubitare dell’opinione precostituita sulla base di una presunta evidenza.

Un libro intelligente, ben confezionato, utile per ulteriori riflessioni oltreche piacevole.

Note:
– Sul New York Times è possibile leggere l’intero capitolo dedicato a Justine Sacco.
– Quanto racconta Ronson nei casi che considera non è molto diverso dall’incredibile campagna d’odio che investì le due cooperanti italiane rapite in Siria.

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Questa voce è stata pubblicata il 4 luglio 2015 da in Autori, Codice, Editori, Picador, Ronson, Jon con tag , , .

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