2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Il posto – Annie Ernaux

il posto

IL POSTO
Annie Ernaux
Traduzione di Lorenzo Flabbi
L’Orma 2014

Il timore di essere fuori posto, di avere vergogna.
Un giorno è salito per errore in prima classe con un biglietto di seconda. Il controllore gli ha fatto pagare il supplemento. Altro ricordo di vergogna: dal notaio ha dovuto apporre a un documento il suo primo formale «letto e approvato» prima della firma, non sapeva come scriverlo correttamente, ha scritto «ha provato». Imbarazzo, ossessione di quell’errore, sulla strada del ritorno. L’ombra dell’indegnità.

Avevo usato più volte l’aggettivo laconico per descrivere lo stile di Annie Ernaux ne Gli anni. Una laconicità molto personale, come se lo sforzo di estraniamento consentisse di inventariare meglio i fatti della propria vita. Qui ne Il posto si ripete, anzi, introduce lo stile, visto che quest’opera è antecedente. È del 1983, sono quindi passati tre decenni prima che approdasse sui nostri lidi ed è strano, a me sembra, che occorra tanto per riconoscere una voce così essenziale e decidere di riproporla. Forse non è vero che si cerca la voce originale, come insistono a dire certuni, perché altrimenti una voce meticolosa e scabra come quella di Annie Ernaux non sarebbe stata ignorata così a lungo.

Già perché la laconicità che sembrava il mezzo razionale pure abbellito con note drammatiche per raccontare di sé senza scrivere la propria autobiografia, in realtà è qualcosa di più: è un modo d’essere di fronte alla propria memoria. È un confronto quello che inscena la Ernaux tra sè nel presente di scrittrice e le memorie di se stessa. È un confronto aspro, che può facilmente scatenare violenze e drammi, grandi scene liriche ed epopee immaginarie. Annie Ernaux sceglie invece di svuotare la scena di ogni elemento epico, lirico, romantico. Quello che rimane è lei e un inventario.

Il posto è l’inventario della morte del padre, le ultime ore, gli ultimi ricordi, le ultime memorie del proprio padre. Non è un’orazione funebre e neppure un ricordo esteso o un omaggio filiale. Non è neppure il romanzo della morte del padre. È l’inventario della morte del padre.

Si fa fatica a comprendere cosa voglia dire “l’inventario della morte del padre” non è vero? Mentre si intuisce senza sforzo cosa si intenda per “inventario della propria vita”. “Inventario” è parola da contabili e da bottegai; si contano le scatolette rimaste sugli scaffali, i metri di stoffa o le aste di balsa; si contano scatole, involucri e merce varia. Si conta quello che è rimasto, l’invenduto; l’inventario è una conta dei danni che il tempo ha deciso di infliggere. L’inventario è un atto dovuto, sempre malinconico.

L’inventario dei propri anni segue lo stesso canovaccio: sono le memorie residue, frammenti rovinati di un tempo che fu; l’inventario dei propri anni disegna sempre la sagoma feroce di ciò che non si è fatto, di chi non si è stati, di tutto quello che si è perso o non si è mai posseduto. È uno strano inventario si potrebbe dire, o forse lo sono tutti gli inventari, un po’ strani.

L’inventario della morte del proprio padre forse è meno strano: sono gli ultimi pensieri, ricordi, momenti. È il ricordo di ricordi, le immagini che non avranno seguito, l’ultima carezza a una persona che non è ormai più colui che era. Ma anche in questo caso, dall’inventario emergono le assenze, si contano le presenze per dare forma ai vuoti. I vuoti nella memoria, i vuoti nel tempo trascorso, i tanti vuoti che accompagnano sempre il rapporto tra due persone, anche tra padre e figlia.

Annie Ernaux scrive (non voglio dire né “racconta” né “descrive”, perché non fa né uno né l’altro) per tracciare il perimetro dei propri vuoti, scrive in modo laconico perché segue un confine invalicabile tra sé e ciò che non è mai stata, e anche con il padre, lo stesso confine, tra ciò che lei era e ciò che lui non ha mai riempito.

Bellissimo libro, da leggere prima o dopo Gli anni, non importa, come vi viene va bene.

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Questa voce è stata pubblicata il 11 luglio 2015 da in Autori, Editori, Ernaux, Annie, L'orma con tag , , , .

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