«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
PURGATORIO
Tomás Eloy Martinez
Traduzione di Francesca Lazzarato
SUR 2015
La possibilità di leggere un nuovo grande libro argentino mi entusiasma come poche altre cose (sto sul vago perché al momento non mi viene in mente niente di preciso, ma suppongo che qualcosa di paragonabile ci sia). Con Eloy Martinez c’eravamo già incrociati più volte e ogni volta l’avevo annusato per capire se poteva essere lui il prossimo. Santa Evita è un suo libro che voglio sicuramente leggere e stavo per farlo a dire il vero se non avessi inciampato più e più volte in dichiarazioni di amore per Purgatorio. Molte e ripetute dichiarazioni di amore. Amore da social network. Amore che non vale niente, come risaputo. Eppure…
Eppure la carne e debole e ancor più debole è la capacità di resistere alle illusioni. Chi non si vede meritatamente cullato dalle braccia profumate di zagara di una Calypso? Chi non sogna di incontrare un nuovo Onetti? O se non proprio il Maestro in persona, almeno un nuovo Feinmann? Con Eloy Martinez le premesse o come minimo le promesse c’erano tutte.
Quindi?
D: Hai trovato il nuovo libro entusiasmante?
R: No.
D: Consigli di leggere Purgatorio?
R: Sì.
D: Sei scemo?
R: Credo di no.
Spiego.
Anzi, cerco una metafora o ancor meglio una parabola per farvi capire.
Non vi è mai capitato di conoscere qualcuno, uomo o donna fa lo stesso, che senza dubbio presenta molti difetti, estetici e di carattere, ha un naso storto ed è persona lunatica, ha le orecchie a sventola e s’incupisce e così via, ma ha anche un tratto, pure più di uno, del carattere o delle espressioni o del modo di pensare o soltanto del modo di cercare di cavarsela nel mondo o soltanto del modo di sorridere che alla fine, dopo avere imprecato, avere lanciato stoviglie, avere detto “Ti darei un pugno sulla testa!”, dopo tutto, inevitabilmente vi strappa sempre un sorriso e un pensiero dolce? Vi è mai capitato? A me sì, ed è non troppo diverso da quello che penso di Purgatorio.
Purgatorio racconta diverse storie. Cerca di raccontare diverse storie. Quella principale è la storia di Emilia che trent’anni prima ha perso il marito Simón per mano dei militari che lo hanno arrestato e non più tornato. Al processo i testimoni hanno detto che gli hanno sparato dopo averlo picchiato. Ma Emilia dopo trent’anni ancora non ci crede, anzi lo incontra. Lo incontra spesso a dire la verità. Lo incontra dopo averlo cercato e inseguito per tutto il Sudamerica, dal Venezuela alla Colombia, perché qualcuno, malvagio, le diceva di averlo incontrato. Ma Simón è morto, su questo non c’è alcun dubbio. Purgatorio non è un giallo. Purgatorio è un non ritorno. Questa è una storia, la storia di quelli che comunque aspettano quelli che non ritornano. Poi c’è un altra storia, quella del padre di Emilia che era un importante giornalista ma soprattutto era uno molto potente, uno che consigliava e veniva consultato dalla Giunta militare argentina degli anni ’70. Cioè un consigliere dei massacratori. Tra i peggiori e più sanguinari massacratori dei tempi recenti. Il padre di Emilia era uno che non aveva dubbi sul fatto che massacrare la gente, “i comunisti”, fosse la cosa da fare per la patria argentina e i suoi valori, “Patria, Famiglia, Dio”. Patria, famiglia e Dio venivano santificati con migliaia di sacrifici umani, con fiumi di sangue e barbari omicidi. Tra cui quello di Simón. Ed Emilia questo lo sa. E non si ribellò al padre. Questa è un’altra storia di Purgatorio, anche se sembra la stessa di prima. Invece è un’altra storia che Eloy Martinez cerca di raccontare. È la storia di chi vive dalla parte di quelli che compiono un massacro in nome di “Patria, Famiglia, Dio”.
Poi c’è la storia di Eloy Martinez che cerca di raccontare la propria storia di giornalista e di argentino che è dovuto scappare dal suo paese. Quando si deve lasciare il proprio paese perché minacciati, per non entrare a far parte della somma di quelli trucidati, quando questo succede, dice Eloy Martinez, e poi dopo un certo numero di anni finisce la minaccia, cioè si può tornare nel proprio paese senza il rischio di venire portati via una notte e scaraventati giù da un aereo in volo o essere oggetto di altre trovate altrettanto letali, quando si torna, però, non è più come prima, non è che la vita ricomincia da dove era stata interrotta. Non è così. Le cose non si aggiustano più. Anzi, dice Eloy Martinez, anche se si torna, in realtà, non si torna mai. I trentanni di vuoto di Emilia sono i trentanni di lontananza dall’Argentina di Eloy Martinez ed entrambi a un certo punto iniziano a vedere fantasmi di una realtà che sfuma nell’illusione. Questa è la storia del Purgatorio di Eloy Martinez che narra prima di morire, ed è una storia diversa dalla altre due.
Volevo sapere che vita sarebbe stata, la non vita di uno scrittore al quale è proibito scrivere. Le domande non mi lasciavano in pace, e ho cominciato disperatamente a rispondere. La frase è troppo drammatica per i miei gusti, ma è anche vera.
Ecco, la spiegazione delle mie risposte è tutta qua. Il libro, se lo vogliamo considerare come opera letteraria, non è un granché. Storie che si intrecciano pestandosi i piedi e sgomitando per mettersi in luce. Tra tutte, quella del padre è la storia migliore, per quanto non certo nuova, perché è la storia dell’Argentina ed è l’immagine riflessa dell’ipocrisia del “Patria, Famiglia, Dio” che dietro la facciata di moralità si nutre sempre di violenza, di sangue e di brutalità. La storia di Emilia che aspetta Simón è melodrammatica e procede a fatica, quella di Eloy Martinez invece è enfatica e lagnosa. Quindi, se Purgatorio lo giudico per il valore letterario devo dire che ne ha poco e di sicuro non emoziona, anzi, tutto il contrario, è combinato maldestramente ed Eloy Martinez non dimostra particolare talento.
Ma questo non basta, perché c’è quel sorriso che ti strappa e quello sguardo di un libro che la dignità di libro se l’è guadagnata senza imbrogli o manfrine, cercando come poteva di raccontare storie che sono storie importanti, storie che non bisogna smettere di raccontare, storie che anche se claudicanti, se si smette di ascoltarle si finisce in un Purgatorio, un posto dal quale anche se si ritorna, in realtà non si ritorna mai.
Per questo dico che Purgatorio non è un gran libro, ma se mi si chiede “Quindi non vale la pena leggerlo?” io rispondo senz’altro “Al contrario, Purgatorio è uno di quei libri che vale sempre la pena di leggere!”
ciao 2000, sto leggendo il libro e alla seconda pagina ci trovo un errore .
quando cita morte a venezia e parla dell’accordo della terza sinfonia di Mahler mentre si tratta del celebre adagietto tratto dalla quinta.
mi smonta un errore così banale , come sbagliare una data storica ecc ecc.
che fare? sarà il caso si farlo notare alla casa editrice?
Certo, puoi segnalarlo a Sur o anche alla traduttrice, anche se non so se decideranno di aggiungere una nota nella prossima ristampa o correggere il testo (questo penso di no)
E complimenti per averlo notato
Grazie mille, 2000