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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Memoriali sul caso Schumann – Filippo Tuena

memoriali schumann

MEMORIALI SUL CASO SCHUMANN
Filippo Tuena
2015 Il Saggiatore

Procedevo incerto già oltre la metà libro e un dubbio continuava a infastidirmi mentre scorrevo le parole: Che cos’è questa cosa che ha scritto Tuena?

Non so se lo sapete, forse lo sapete, scusate se spesso mi ripeto, ho la memoria breve e tendenza all’eccesso verbale, ma io ammiro molto il lavoro di Filippo Tuena, un lavoro sulla condizione umana, per come lo leggo io. Le variazioni Reinach è un bellissimo affresco sulla condizione umana al tempo della transizione tra la vita agiata e la rovina più crudele, la storia di una famiglia ebrea dell’alta borghesia parigina travolta dall’onda di marea del nazismo. Ultimo parallelo, invece, un libro che non smetto di considerare geniale, racconta la condizione umana che segue la perdita delle illusioni, la trasformazione dei sogni in incubi e infine gli istanti che precedono la morte. L’invenzione scenica di affidare la voce narrante al membro immaginario della spedizione antartica è il colpo di genio di un grande scrittore.

Quindi comprendete ora che leggevo Memoriali sul caso Schumann con aspettative alte, molta impazienza e in fondo uno stato di felicità intellettuale. Sapevo cosa attendermi; Filippo Tuena per un certo verso è uno degli scrittori più prevedibili (il che non significa sminuirlo, anche Bernhard è uno degli scrittori più prevedibili): le sue opere si collocano in una zona di confine tra il romanzo storico e l’invenzione letteraria, completando documentazione e testimonianze frammentarie con la creazione artistica. Esercizio difficile che richiede maestria e misura e che Tuena padroneggia in modo mirabile. Questo mi aspettavo.

Eppure mi accorgevo di navigare a vista in mezzo alle testimonianze riguardanti la vicenda umana di Robert Schumann, il celebre compositore di Düsseldorf, morto nel manicomio di Endenich nel 1856. Era ancora una questione di aspettative: il Romanticismo tedesco, la cultura mitteleuropea dei primi dell’Ottocento, l’ambiente intellettuale di una famiglia di eccelsi musicisti (la moglie Clara era una celebre pianista). Mi aspettavo un libro tedesco. Anzi, per meglio dire, mi aspettavo da Filippo Tuena il libro di uno scrittore tedesco del Novecento. Quindi un libro rigoroso, talvolta austero, con una scrittura misurata e maniacalmente attenta all’eleganza formale, eppure inevitabilmente attraversata da richiami ancestrali romantici, dalla presenza immanente della Storia, dal senso di inevitabilità di un destino epico. Mi aspettavo il respiro del classico proveniente dalle viscere d’Europa. In questo quadro, bene si sarebbe inserita la pazzia del genio, dagherrotipo dell’anima germanica.

Ripensandoci meglio, ora mentre scrivo e scrivendo riordino pensieri sempre confusi e accavallati, forse la verità è che non sapevo cosa attendermi da Memoriali sul caso Schumann e, a differenza dei libri precedenti, ancora oltre la metà libro vagavo incerto su che direzione dare alla mia comprensione.

Un dubbio sgomitava: Davvero non mi sta piacendo?
Confesso anche di aver passato un momento di sconforto quando Tuena fa raccontare a Reimers nel diario australiano la storia dei sentieri del Sogno degli sciamani. Ma questo è Chatwin! – ricordo di aver esclamato, ed in effetti così era, perché è la leggenda narrata in Le vie dei canti e, certo, non che non si possa riprendere una leggenda aborigena solo perché qualcuno ne ha già scritto, ma è inevitabile che quella storia così particolare rimanga associata a quell’autore e, non so come dire, era meglio non riprenderla.
Iniziavo allora ad articolare un pensiero ipotetico: Un passo indietro di Tuena rispetto le due opere precedenti – Un tentativo rimasto incompiuto – Una montagna che non è riuscito a scalare.
Poi mi fermavo. Osservavo la copertina, a volte da vicino, altre volte in distanza. E riflettevo. Lo riprendevo e proseguivo la lettura. Eppure.

                            Eppure.

Eppure, qualcosa, l’omuncolo, l’alter ego, il demone, i sensi iperattivi, lo sguardo che scrutava nei dettagli, l’amaro Braulio, qualcosa mi diceva di pazientare, di non affrettare il giudizio, accettare l’indeterminatezza, attendere nello stato di sospensione della ricapitolazione. C’era, e forse è proprio questo ad avermi convinto, un inequivocabile e persistente desiderio di tornare alle pagine di Tuena. La sera, nella penombra della lampada da lettura, io volevo leggere Memoriali sul caso Schumann, gli altri libri iniziati potevano attendere. Era la curiosità di giungere a un giudizio? O invece era qualcosa che stava lavorando molto più in profondità, come un’armonica inudibile ma percepibile dalla carne, nelle viscere, in un lampo che attraversa la retina?

Eccola, la nota inudibile, la vibrazione sotterranea, il dettaglio che lo sguardo cercava:

«Singolare lontananza, veramente la terra più distante dalla nostra, mi dicono. Ho vago ricordo di qualche mappamondo dove da bambina segnavo i viaggi che avrei voluto compiere. Nessuno dei miei desideri di allora è desiderio avverato, oggi. E nessuno dei viaggi progettati allora è viaggio realizzato. E ho grande malinconia perché la vita sta sfuggendo e m’è parsa non vissuta come avrei voluto».

Notate nulla di insolito? Nessuno dei miei desideri di allora è desiderio avverato, oggi. E nessuno dei viaggi progettati allora è viaggio realizzato. Linguaggio criptico, scelta stilistica certo non casuale, come segni sciamanici, come percorsi invisibili, richiami antichi, tracce in inchiostro simpatico.
E poco dopo, “Dal copialettere di Katrina”, la signorina Leser dice che la giovane assistente l’aveva abbandonata. La giovane assistente Katrina. Come ha potuto Katrina copiare una lettera quando non era già più presente nella casa? Errore tanto banale? No, certo che no.
E ancora, una voce fuoricampo, la voce del pazzo rinchiuso in manicomio, già morto e sepolto, che continua a comunicare, per vie ignote, nella lingua della follia. Insistente. Perché?

L’altro mi manda messaggi nei modi che sa. Ovvio che non ne dico gnente ai fermieri o dottori. Dei pazzienti non so che dire parola. Ricordo e basta. Clara, bambini, concerti. Il signor Wieck mi paura e rimprovera spesso: Non sei stato capace di aver cura di ella. Maledetto

Infine la lunga, tragica ma a suo modo epica confessione di Brahms che finalmente apre porte fino a quel momento rimaste socchiuse: le porte sull’oscurità, il passaggio verso l’indicibile, la rivelazione che ricapitola il senso della condizione umana descritta dai Memoriali.

Sono tornato indietro, ho ripercorso i brani salienti del libro, ho messo insieme i pezzi del rompicapo, mi sono ricordato dei dubbi e delle ipotesi, della penombra e di quella copertina che mi chiamava e ho riconosciuto me stesso nelle parole finali di Brahms:

Accadeva in me. Ero io che mi cancellavo.
Vestii i suoi panni.
Me ne accorgo soltanto adesso.
Orrore.

È un libro imperfetto. Forse frammentario, forse incompiuto, tanto che lo stesso autore si è illuso di poter domare dopo aver liberato istinti profondi. Ma per gli stessi motivi è anche un testo che affascina, suggestiona, apre voragini di pensieri oscuri, continua a fermentare corrompendo e risuona di quella nota inudibile. È il libro della follia come condizione umana indescrivibile e inconoscibile anche dall’arte, anche nell’arte. Se puoi descriverla e conoscerla non sei pazzo ma solo il semplice spettatore inorridito giunto sull’orlo del buio.

Libro potente per occhi abituati al buio e sensi educati. Bravo bravissimo Filippo Tuena.

5 commenti su “Memoriali sul caso Schumann – Filippo Tuena

  1. Maurizio Mancini
    24 dicembre 2015

    fai te!
    avere i complimenti dell’autore in persona!
    Buon Natale.

  2. FILIPPO TUENA
    22 dicembre 2015

    eccomi. come un fantasma evocato…
    mi ritrovo completamente nelle cose che scrivi su questo libro.
    e ti ringrazio dell’attentissima lettura.
    è un libro irrisolto, brusco, che ancora mi attrae e mi rifiuta. c’è il rischio e, se vuoi, persino la banalità. c’è dopo 15 anni un personaggio di fantasia ma c’è anche il capitolo di Brahms che mi soddisfa in pieno e che, secondo me, segna la strada che percorrerò da qui in avanti. mentre rileggevo le bozze pensavo: “i miei lettori abituali sopporteranno questo che sembra un voltafaccia?” ci speravo.
    mi sembra di poter dire che i lettori nuovi lo apprezzino moltissimo, gli abituali siano un po’ disorientati come te ma arrivano in fondo e, per un verso o per l’altro, gli attribuiscono le qualità che gli attribuisco io. Forse potevo farlo meglio, ma dovevo farlo.
    grazie!
    ft

    • 2000battute
      23 dicembre 2015

      Grazie a te. Il libro continua a essere un enigma per me, come ugualmente enigmatica è ancora la voce di Ultimo uomo, capisco però che semplicemente devono restare tali, senza risposta.
      Ciao e buone feste

  3. Maurizio Mancini
    12 dicembre 2015

    comprato a Bolzano e letto in una sera : Tuena grande scrittore! .
    ciao 2000 sei sempre il mio preferito e ti auguro un buon inverno.

    • 2000battute
      13 dicembre 2015

      Mi fa molto piacere sentire che l’hai apprezzato. Buon inverno ciao

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Questa voce è stata pubblicata il 12 dicembre 2015 da in Autori, Editori, Il Saggiatore, Tuena, Filippo con tag , , , , .

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