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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Le nostre anime di notte – Kent Haruf

animenotte

(Aggiornamento gennaio 2017)

LE NOSTRE ANIME DI NOTTE
Kent Haruf
Traduzione di Fabio Cremonesi
NN 2017

OUR SOULS AT NIGHT
Kent Haruf
Knopf 2015

Come chi bara coi labirinti partendo dall’uscita, io parto dalla fine per leggere Kent Haruf di cui NN sta pubblicando ha pubblicato la trilogia. Parto da Le nostre anime di notte/Our souls at night, uscito postumo l’anno scorso (Nota: il riferimento è alla lettura dell’edizione originale del maggio 2016) e che penso arriverà prima o poi anche in traduzione verrà pubblicato fine 2016 da NN Editore (notizia dall’editore) a febbraio 2017. Parto da qui per nessun motivo, non certo per fare dispetto a NN (che spero non se ne abbia), non per snobberia (un po’ forse sì, ma non tanta) e nemmeno per altri motivi che neppure mi vengono in mente. Ho letto questo perché Haruf mi incuriosiva e ho saputo che c’era un libro postumo, Partiamo dalla fine, mi sono detto.

Le nostre anime di notte/Our souls at night è un piccolo libro che racconta una piccola storia. Racconta la storia di una fine che però non è proprio una fine sgarbata come tante altre fini. È la storia di un buon modo di finire, in un certo senso. Inevitabilmente malinconico, una fine è pur sempre una fine, di una malinconia che non prende alla gola e stringe, ma lascia scivolare fuori un sorriso ogni tanto, conserva un calore che va disperdendosi lentamente e anche lo sguardo può ancora sollevarsi e perdersi là dove finisce il mondo.

È la storia di due settantenni, vedova lei, vedovo lui, vicini di casa, abitano nella piccola cittadina rurale di Holt in Colorado. Un giorno lei si avvicina alla casa di lui. Siedono nella veranda con una bibita e chiacchierano di nulla. Prima del commiato lei domanda a lui se fosse disposto a passare la notte a casa sua, nel suo letto. Per rompere la solitudine che vivono ormai da lungo tempo, provare di nuovo la sensazione di una persona vicina durante il sonno e parlare un poco prima di addormentarsi. Tutto qui. Questa è la proposta di Addie. Louis accetta.

And then there was the day when Addie Moore made a call on Louis Waters. It was an evening in May just before full dark.

E quindi venne il giorno che Addie Moore chiamò Louis Waters. Era una sera di maggio prima che facesse notte. (traduzione mia)

Inizia così questa storia delicata come la pelle trasparente di certe anziane signore e struggente come i fiori che si schiudono in inverno. Inizia come se non fosse mai iniziata, come se durasse da sempre, solo che noi eravamo distratti a far altro e solo adesso abbiamo prestato attenzione. Forse era iniziata in qualche libro precedente forse no, chi lo sa, io no, ho iniziato dalla fine. Non importa, conta soltanto che quando si apre il libro la storia era già iniziata.

Prosegue allo stesso modo, spontaneamente. Louis trascorre le notti a casa di Addie. Ci sono mormorii e pettegolezzi in paese, anche malelingue e invidie. Ma non importa, dice Addie. Un giorno arriva il nipotino di Addie, Jamie, figlio del figlio e di una madre scappata di casa. E anche una cagnetta, Bonnie, presa per aiutare Jamie ad avere fiducia. Addie, Louis, Jamie e Bonnie formano un bel gruppo. Vanno a fare campeggio, alla fiera del bestiame, giocano a baseball, mangiano gli hamburger. Stanno bene insieme. Anche Addie e Louis stanno bene insieme, sono una coppia fissa ormai, lo sanno tutti.

Un altro giorno il figlio di Addie viene a riprendersi Jamie per portarlo a casa. La madre è tornata. Anche Bonnie va con loro. Rimangono nuovamente solo Addie e Louis. Stanno bene, ma qualcosa si incrina. Non tanto tra loro. Si incrina il futuro. Quello che a loro scarseggia. E poi finisce, in un certo modo, non vi svelo il finale. È malinconico, questo l’ho già detto, ma di una malinconia non cattiva, nemmeno buona (esiste la malinconia buona?), una malinconia attesa, probabilmente. In fondo è pur sempre una fine, nessuno fa festa.

Tutto qua.

Cos’ha di bello questo libro? La malinconia non cattiva ma nemmeno buona, solo attesa.
Haruf scrive proprio in quel modo (era malato quando l’ha scritto, se questo può significare qualcosa). Scrive con uno stile malinconico né buono né cattivo; scrive come uno che deve raccontare una fine, una fine qualunque, ma pur sempre una fine che, per essere raccontata tutta, si riempie un piccolo libro. Una storia semplice e placida come la sua scrittura (è un inglese facilissimo da leggere), senza strappi, senza salti, limpida come acqua di torrente, con un sorriso appena accennato, sorriso malinconico, naturalmente. Una storia che Haruf avvolge di parole soffici, con delicatezza, sfumando le tinte e le ombre, come in un tramonto estivo su una piana informe.

È belloLe nostre anime di notte/Our souls at night. Anche il titolo lo è col richiamo alle anime e alla notte, le nostre anime impazienti e la notte che le quieta. Come Addie e Louis, come il calore che due corpi si scambiano addormentandosi uno a fianco dell’altro dopo essersi detti qualche parola nel buio. Come due voci che ancora si cercano, quando ormai le tenebre sono calate per l’ultima volta.

Leggerò senz’altro anche gli altri suoi libri.
(Nota: a posteriori sono contento di averlo letto per primo)

6 commenti su “Le nostre anime di notte – Kent Haruf

  1. Enza
    2 agosto 2017

    Ho letto Le nostre anime di notte circa un mese fa. Libro di delicata tessitura, soffuso di una dolce malinconia, che ho regalato , consigliato e per cui sono stata ringraziata. Segnalerò questo suo pregevole commento ad un paio di amici in cerca di lievi letture estive.

  2. Massimiliano
    19 aprile 2017

    Letto appena uscito, si buon libro ma niente di esaltante. Un libro veloce, lineare con una bella dose di tenerezza e verita` che tocca alcuni animi piu` sensibili. Sono contento che abbia avuto successo, la casa editrice NN mi e` simpatica.

    • 2000battute
      19 aprile 2017

      Sono stati senz’altro bravi a promuoverlo.

  3. Maurizio Mancini
    10 gennaio 2016
  4. Maurizio Mancini
    9 gennaio 2016

    l’ho letto in italiano si chiama Benedizione o sbaglio???

    • 2000battute
      9 gennaio 2016

      No quello è il terzo della trilogia, si intitola Benediction in originale. Il primo è Canto della pianura (Plainsong). Questi due già pubblicati da NN. Il secondo si chiama Eventide (non ancora pubblicato).
      Non mi chiedere per quale motivo NN non ha seguito l’ordine di pubblicazione.
      Questo che ho letto io è uscito postumo, l’anno scorso, è l’ultima opera di Haruf.

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Questa voce è stata pubblicata il 9 gennaio 2016 da in Autori, Editori, Haruf, Kent, Knopf, NN Editore con tag , , , , .

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