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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Tungsteno – César Vallejo

tungsteno

TUNGSTENO
César Vallejo
Traduzione di Francesco Verde
SUR 2015

È un pamphlet in forma di racconto lungo, questo Tungsteno, è la denuncia fatta da un poeta, César Vallejo, delle sevizie inferte a un popolo in nome degli interessi economici di pochi. Lo spiega bene Goffredo Fofi nell’ottima prefazione chi fosse Vallejo, poeta peruviano nato nel 1892 sulle Ande, morto a Parigi esule e vinto. Vallejo ha vissuto il destino tragico e brutale del Sudamerica, delle sue vene aperte, come scriverà in seguito il grande Eduardo Galeano, e con Tungsteno racconta una piccola storia, emblematica però delle violenze subite per secoli dagli indios, gli ultimi tra gli ultimi, le vittime meno reclamate.

La storia la racconta al modo dei sudamericani della zona subtropicale, quegli senza radici profonde nella cultura europea, non come gli argentini per intenderci. È un modo strano di raccontare delle tragedie per noi europei figli dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese, abituati alle rivendicazioni politiche, alle barricate incendiate in strada, alla violenza ideologizzata. Il modo dei sudamericani come Vallejo è invece più simile ai racconti della violenza rurale dell’entroterra siciliano di Danilo Dolci, alle storie ebraiche dei pogrom contro gli shtetl ucraini e russi. È un modo di raccontare nel quale la violenza è endemica, fa parte del paesaggio, la brutalità è un tratto della natura di classi sociali intere, quelle dei padroni americani delle miniere e dei loro emissari locali nel caso di Tungsteno, dei baroni latifondisti e dei loro sgherri mafiosi nel caso della Sicilia, dei contadini e della soldataglia slava nel caso dei pogrom.

Per questo Vallejo e Tungsteno si inscrivono all’interno di una letteratura di denuncia che ha storia antica e nobile, con rivoli nei cinque continenti. È la storia di chi ha cercato di usare le parole e la penna, i talenti che aveva ricevuto e si era costruito, per gridare al mondo che quel cancro deve essere estirpato, alla violenza che protegge il sopruso deve essere posta fine. Non è un vero incitare alla rivolta, anche se Vallejo, soprattutto nel finale, guarda alla rivoluzione comunista come il modello da seguire. Manca il sangue che chiama altro sangue e quello che ne esce non è la nascita di un moto rivoluzionario come li abbiamo conosciuti in Europa. Sono le vene aperte di un continente che chiedono giustizia. Quello che non è mai stato chiaro è a chi fosse rivolta questa invocazione.
Chi avrebbe dovuto dispensare la giustizia?

Niente di strano, dunque, che il commerciante fosse ora disposto a concedere la propria donna al commissario, ipso facto e in pubblico.

Inizia così il racconto dello stupro e dell’uccisione dell’india Graciela da parte dei notabili della cittadina mineraria. Con nonchalance, come fosse una cosa da niente, un ingraziarsi i favori da parte del commerciante Marino, un diversivo per movimentare la serata. Lo stupro di Graciela è lo stupro di un popolo, il suo omicidio è solo l’ultimo di una scia di sangue interminabile.

Non appena la richiameranno e le restituiranno l’impiego, lei tornerà al fianco dei gringos e dei Marino. E sarà il primo a tradirci, e a rivelare ai padroni ciò che facciamo e diciamo qui. Sì! Sì! Questi sono gli ingegneri, i professori, i dottori, i preti! Questi siete voi tutti! Tutti! Non c’è da credere a una sola delle vostre parole! Neppure a una! Ladri! Criminali! Traditori! Ipocriti! Spudorati…!

Nel finale Vallejo diventa più esplicitamente retorico, era poeta e uomo di partito, con le sue parole doveva anche reclutare e indottrinare, non solo denunciare. Finisce con un altro omicidio, brutale e inutile; di donne e operai indios nessun giudice si occuperà mai, nessun prete pregherà per loro, nessuna giustizia è possibile.

È un bel libro Tungsteno, un libro di denuncia autentica, dove i morti sono morti per davvero, gli stupri sono stupri reali e la storia è anche la nostra storia.

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Questa voce è stata pubblicata il 27 febbraio 2016 da in SUR, Vallejo, César con tag , , , , .

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