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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Preparativi per la prossima vita – Atticus Lish

Preparativi per la prossima vta

PREPARATIVI PER LA PROSSIMA VITA
Atticus Lish
Traduzione di A. Cristofori
Rizzoli 2016

A volte capita di fare la cosa giusta quando normalmente si sarebbe pensato che quella cosa che si è fatto doveva essere la cosa sbagliata. Cioè si fa qualcosa contro quella che è la propria tendenza naturale, tendenza, si badi bene, non frutto di semplice superstizione o preconcetto, ma cementata ed elaborata nel corso di conferme ripetute. È quindi la sorpresa dell’eccezione. E non è male.

Io, per come la penso e per come l’ho detta spesso, un libro come Preparativi per la prossima vita non l’avrei mai letto in circostanze normali, certo non a breve tempo dall’uscita. Americano, esordiente, figlio di famoso editor letterario, osannato dalla critica, presentato come una storia d’amore sullo sfondo di New York, si sentiva il digrignare di molari degli addetti degli uffici stampa al galoppo… ce ne era in abbondanza per ritrarmi come davanti a una biscia strisciante con il livello del segnalatore di probabile ciofeca in zona rossa. Una scena orribile.

Questa sorta di prologo ai turbamenti di un non più giovane lettore, solo per dire che invece l’ho letto consapevole di contraddire una mia regola generale, e l’ho fatto per curiosità di vedere cosa sarebbe capitato ad ascoltare il consiglio che qualcuno dava. Qualcuno che diceva che questo era proprio un grande libro e soprattutto lo diceva in modo convincente, non come fanno di solito quelli che cercano di convincere a leggere qualcosa sulla base del fatto che secondo loro bisogna leggere proprio quella cosa, che è il modo dei poveri di fantasia e dei ricchi di presunzione di dire che a loro un libro è piaciuto.

Insomma l’ho letto, nonostante una immagine di copertina dozzinale (la stessa dell’edizione originale), una citazione marchettara e deprimente dal New York Times e un editore italiano che raramente mi offre gioie.

Risultato: ho trovato un grande libro.

Preparativi per la prossima vita penso sia davvero un grande libro, tanto che può diventare uno dei rari veri grandi libri americani degli ultimi anni o forse dell’ultimo decennio, dominato dalla ruffianeria e dagli stereotipi, dalla mediocrità seriale contrabbandata per letteratura, mezze tacche spacciate per grandi scrittori, vecchie glorie che scalano le classifiche con puttanate indegne, e tutta la giostra dell’editoria in coma etilico a zompare intorno ballando e cantando come giullari catatonici per vendere sui banchi del mercato del pesce il nuovo bestseller americano ai sempre più sparuti e intossicati lettori.

L”ho letto nell’edizione originale, quindi nulla posso dire sulla traduzione, di sicuro non semplice, perché i personaggi di Atticus Lish parlano una lingua sporca, impastata di saliva e frammenti di pensieri, pronunciano spesso frasi smozzicate sia per la scarsa familiarità con la buona sintassi e sia per gli stati d’animo turbati.

È un libro potente. Una storia che si ripiega su se stessa, attraversata da dolore temperato dal cinismo e dall’ineluttabilità, vicende che si svolgono sotto un cielo plumbeo, vicende sotterranee, fiumi carsici di sopravvivenza, incroci tra umanità la cui priorità è sempre quella di arrivare al giorno successivo, poi, a una buona distanza, viene l’amore, il sesso, il futuro, la storia, il mondo, la giustizia, il resto.

Sono tre i personaggi del libro. Non due, come dicono tutti. Tre: Zou Lei, la donna, l’immigrata di minoranza uigura tra le minoranze cinesi. Brad Skinner, l’uomo, il reduce di guerra. New York, il mondo claustrofobico e labirintico che li stritola. La New York di Preparativi per la prossima vita non è la New York che conosco io e che probabilmente conoscete voi, è l’anti-New York, la New York invisibile e inaccessibile a chi non è uno degli ultimi, una New York periferica, informe, una selva scoscesa, fatta di erte disseminate di sterpi e sottoscala fetidi. Non è solo lo sfondo alle vicende dei due personaggi, è la Natura malvagia che agisce sugli uomini corrompendoli e distruggendoli. Quella New York ha un’anima violenta ed è protagonista dei destini e della storia.

Atticus Lish sa disegnare con maestria i personaggi di Zou Lei e Skinner, li rende palpitanti; lei riflessiva e attenta, lui fobico ed emotivo, li segue passo dopo passo, ne fa incrociare e annodare le traiettorie con l’implacabilità del caso, loro, così fuori dal comune ma invisibili, così emblematici di un fallimento del mondo. Ma è con le descrizioni della New York claustrofobica e clandestina che traccia il segno inequivocabile del grande romanzo. Ossessivo nella rappresentazione dei dettagli della scena, il suo è uno sguardo maniacale che si poggia su tutto, in perenne allerta, diffidente. È la paura di Zou Lei di venire arrestata per immigrazione illegale e sono le fobie post-traumatiche di Skinner rientrato dall’Iraq a spostare ininterrottamente lo sguardo. Ogni angolo di strada, ogni rampa di scale, ogni locale sotterraneo diventa la mappa di un campo di battaglia per la sopravvivenza e come tale nulla deve sfuggire all’osservazione. È un mondo primordiale quello descritto da Lish, una Babele di idiomi e diffidenze, la giungla urbana di una periferia senza confini nella quale è l’istinto di sopravvivenza e l’acutezza dei sensi a garantire il futuro. Zou Lei e Skinner partono da posizione agli antipodi una rispetto all’altro e si avvicinano fino a incontrarsi e amarsi di un amore che per un verso non può esprimersi appieno, perché prima vengono le necessità quotidiane, ma dall’altro travolge lo spirito di sopravvivenza. È un amore ruvido e primitivo quello che li lega, un sentimento incerto ma viscerale che si confonde con il bisogno di umanità e di calore che scaturisce dalla solitudine e dalla paura.

La loro è una storia tragica con un colpevole immanente e indifferente e un grande finale, scavato da strati di disperazione antica, partorito da una notte che dilata la città e inevitabile come il rimbalzo di un corpo che si schianta.

Bello, veramente molto bello.

I love your war, she said.

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Questa voce è stata pubblicata il 26 marzo 2016 da in Autori, Editori, Lish, Atticus, Rizzoli con tag , , , .

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