«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
ANNA ÉDES
Dezsö Kosztolányi
Traduzione di Andrea Rényi e Mónika Szilágyi
Edizioni Anfora 2014
Commento di Cornelio Nepote
Riscoprire letterature dimenticate! Ricominciare a essere curiosi! Facitela finita con le classifiche, gli inserti culturali pubblicitari, le pubblicità culturali insinuanti, i consigli dei panzoni, le scoreggette delle plasticose, i blog letterari di cafoni vanitosi, tutta sta marmaglia di pantegane, letterati incipriati dei social network, gli eventi e le presentazioni pieni di gente con i culi grassi e i sorrisi sghembi e i pride e le fair che san di sudore e i’ me chiammo cuocchiecuocchie, sti fatti a chi l’accucchie.
Queste sono le parole d’ordine del vero anarchico!
Tu sei un vero anarchico?
No?
Allora che vuoi da me? Tu, borghesuccio, ti meriti Bruno Vespa che s’azzerbina per fare pubblicità al libraccio merdaccioso del figlio mafioso del padre mafiosaccio.
Oggi è lu tempo dell’anarchia che ogni cuore porta via… o addio Lugano bella… in faccia all’avvenir… noi oggi t’accusiamo… in faccia all’avvenir… la guerra agli oppressor…
Aaaaah! Che tempi! Che giorni eroici! Ma cosa potete capire voi, cosa potete capire, gommapiumati che siete diventati. Tutti a dire e cha-cha e ci-ci… cha-cha e ci-ci tutto il giorno… cha-cha questo libro ci-ci quest altro libro… e tutti a cha-cha e ci-ci sempre le stesse smandrappe di libri di quella che è quella e di quello che è quello… e hai letto quella e hai letto quello… ma che c’è da leggere in quella e quello? Ma andate in montagna a respirare aria pulita o lo iodio al mare invece di stare a fare cha-cha e ci-ci con questo e quello!
Sant’Arpione incrociato in Onor della Santa Anarchia che tutti pretaccie e i borghesucci si porta via!
Curiosi per davvero bisogna essere. Non curiosi per procura. Amare l’inusuale, il démodè. Qualcuno dirà Ah, il vintage! Come gli hipster! … Ah, senti questo mordacchione che per questa cretinata si meriterebbe una cacata di piccione sulla capa, con un poco di schizzi pure sulla fronte.
Ungheria, Mitteleuropa.
Capite?
Mitteleuropa!
Il cuore del cuore della coscienza nera e omicida d’Europa!
Quindi quella mia e tua e pure tua e pure di quel culone grasso là.
Ungheria!
Dimenticata!
Ma vi rendete conto?
Ci si dimentica dell’Ungheria.
Come dimenticarsi di propria nonna.
Mia nonna? Che nonna? Io mai avuto nonne!
Maldestri! Sinistrati!
Rinnegati.
Loro leggono i racconti della periferia di Tucson. O il romanzo della borghesia del Connecticut.
Ma sentiteli questi rinnegati cha-cha e ci-ci.
E poi se chiedi E l’Ungheria?
Ti guardano con una faccia come dire Ungheria? quale Ungheria? e Poi fanno quel sorriso floscio da cacata di piccione.
UNGHERIA!!!!!
Bisogna riscoprire l’Ungheria!
E i Carpazi e la Transilvania e la Bulgaria e il Peloponneso e il Caucaso, e la letteratura serba e polacca e della Carinzia e della valle del Danubio e della puszta e della taiga e della foresta vergine bielorussa e delle Alpi e dei Pirenei e dei Vosgi e delle trincee di Yipres e della Somme e il Matese e l’Etruria i Sanjniti e le risaie del Polesine e ancora e ancora… è tutto un’Ungheria!
I poeti arabi. Dicono così adesso i sinistrati anime belle ex-terzomondiste. Il poeta arabo residente a Londra. La scrittrice di racconti nigeriana con vista su Central Park. Il romanziere giamaicano di Brooklyn. Il narratore ebreo di Tribeca.
Bene. I terzomondist della Fifth Avenue.
Prova a chiedere a questi E l’Ungheria?
Vedi cosa ti rispondono. Ti guardano. Con quegli occhi da cane, con quell’espressione canina, come se non capissero la tua lingua ma aspettassero il lancio della pallina (da baseball).
ANARCHIA!!!! UNGHERIA!!!!!
Perché noi siamo austroungarici e borbonici e napoleonici e franzosi e cruccosi e mafiosi e lupi matesi e gransassini e polesini e pezz’al culo. Questo siamo e saremo.
Anarchia bella portami con te… il vento ci sospinge… la folla ci rimpiange… l’oppressore ci respinge…
Anna Édes. Chi l’ha letto alzi la mano. Nessuno. Chi lo conosce questo libro alzi la mano… Noi, voi due non contate, tirate giù quelle mani, voi siete cumpagni mei, non smidollatevi.
Visto?
Ungheria? Mah… boh
Un grande popolo… grande onore… grande letteratura
Una tragedia! Una tragicommedia!
Questo è bello stu libro, sapete? molto bello. Anna Édes è una serva a casa dei signori. A Buda. O a Pest. A Buda. Arriva dopo delle peripezie della signora con la serva di prima. Anna è una serva eccezionale. Come non ce ne è più. Povera come i veri poveri, ma onesta, non ruba, ligia, non gabola, seria, non si concede a questo e a quello. Non è avida, è precisa, volenterosa, pulisce, sgobba, prepara, serve, servile, servitora, sguardo basso, umile, come devono essere le serve. Serve e servette e cameriere, esseri inferiori rispetto ai padroni, intoccabili, come caste, come i dalit dell’India, intoccabili, con le serve i signori non si mischiano, i signori comandano e dispongono e ogni tanto elargiscono un mangiarozzo.
Anna Édes è una serva rinomata in tutto il vicinato, tra le signore dei signori di Buda o Pest no Buda.
Non era affatto una compagnia spiacevole per lei la cameriera. Bastava un cenno e lei si ritirava. La compagnia delle serve è comoda per le padrone quanto l’amore delle ragazze di strada per gli uomini. Nel momento in cui non servono più, possono essere mandate via.
Un giorno arriva Jancsi, un nipote della padrona. Uno scapestrato. Un ricco figlioccio arrogante e approfittatore. Un uomo. Tutti gli uomini sono arroganti e approfittatori. Anche molte donne lo sono.
S’approfitta di Anna. Anna l’ingenua, Anna la bella, Anna le timida, Anna la serva, Anna la contadinotta, Anna fresca, Anna indifesa.
S’approfitta e la mette incinta.
No, non è vero, ho mentito. Non la mette incinta.
E neppure s’approfitta.
Ho mentito ancora.
S’approfitta eccome. Ma non la mette incinta.
Poi finisce con un finale che è un gran finale. Un finale ungherese, mitteleuropeo, asburgico e franzoso, un finale che s’assomiglia a Adrienne Mesurat, quello di Julien Green, un finale di quel tipo lì, ma ungherese invece che franzoso, da serva invece che da padrona, ma lo stesso un finale come quel finale là.
Un finale che sembra il finale della vita di molte donne. Una condanna, una tristezza.
Finiscono così queste storie, con delle tragedie, piccine che sembrano grandi. Sono le piccole tragedie delle donne che solo chi sa scrivere come sanno fare questi scrittori riesce a far diventare grandi.
E alla fine quello che rimane è un ricordo, il ricordo di una donna che da quelle pagine sembra ogni volta meravigliosa e fragile, il ricordo d’Ungheria, il ricordo di Francia, il ricordo delle donne d’Europa, delle case d’Europa, delle strade, dei mercati, degli amori e delle tristezze, delle nascite e delle porte delle case e delle vesti con disegnetti stampati, delle donne con scarpe sformate, donne che guardano altre donne che invece non s’accorgono di niente.
Sono storie che non appartengono più a questo tempo
Come chi le legge
Come chi canta la bella Lugano
Sono tutte e solo storie
Niente altro esiste
– Era brutta – disse l’uomo.
– Era abbastanza carina – disse la donna. – Era bella.
Statemi buono signori e signore, un’anarchica stretta di mano ai loro e un lampeggiar di sguardi malandrini alle loro.
Vostrissimus,
Cornelius Nepotolányi
L’ho letto in questi giorni e son passata di qui a vedere se per caso…
peccato per la pessima traduzione che mi ha rovinato in parte la lettura, cerca in qualche mercatino Kornèl Esti, preso senza sapere nulla dell’autore, mi ha folgorato.
Vero. Kornèl Esti è da tempo nella mia lista e ha aspettato fin troppo
Anna, tra il bene e il male, la cattiveria e la bontà, proprio nel mezzo, mai oltre il guado, semmai sommersa fino alla cima dei capelli, con i piedi affondati nella melma, è immortale; semplicemente perché è lei stessa squadra e, innanzitutto staffetta, in carne e ossa, cuore ed emozione. Anche suo malgrado. Sanguina, nascostamente sanguina. In fondo cos’è la morte per Anna? Niente. Perché niente è la sua vita. Chi non ha vita, per quanto si arrovelli e si dispera, rubi e uccide, o di contro, è l’onestà personificata, non è spendibile perché venduta in partenza di vita.