«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
CREPUSCOLO
Kent Haruf
Traduzione di Fabio Cremonesi
NN Editore
(In uscita il 12 maggio; il commento si basa sull’edizione originale Eventide, Knopf 2004)
Secondo titolo dopo Canto della Pianura – nella versione originale Plainsong che, come già dicevo, può avere un significato diverso – della trilogia di Haruf che si conclude con Benedizione, già pubblicato da NN. In realtà con la pubblicazione postuma di Our Souls at Night sarebbe il caso di parlare di tetralogia essendo quest’ultima opera la naturale conclusione della saga del paesino immaginario di Holt.
Haruf ha una caratteristica, almeno in questi tre libri che finora ho letto: non coglie mai di sorpresa e men che meno tende imboscate al lettore. Haruf anzi sembra amare la quiete, quella tiepida sensazione di benessere che accompagna un crepuscolo estivo, il languore esistenziale della vita in una cittadina del Midwest oppure anche l’assenza di tempo della routine domestica di un ranch isolato nella campagna. La ama talmente tanto la quiete da farne uno stile letterario, quello del plainsong, il canto liturgico e ripetitivo che scandisce le sue frasi semplici come i pensieri dei protagonisti, sempre consequenziali, sia nel bene che nel male. Haruf è uno scrittore contadino, fosse italiano racconterebbe di un borgo immaginario in provincia di Ferrara o di Mantova, invece che in una piana del Colorado.
Nel mondo di Haruf c’è una ragione per ogni cosa, per ogni evento e per ogni atto. Per la generosità che accoglie e per la violenza che vorrebbe educare punendo. I personaggi di Haruf, qui in Crepuscolo come negli altri libri, si dividono in modo inequivocabile, forse per volontà superiore non dichiarata, in buoni e in cattivi, in vittime e in oppressori, in anime pulite e in anime sporche. E tutti hanno una ragione per ciò che fanno. Ragioni e sentimenti sono sempre esplicitabili con un pensiero lineare, con una dichiarazione di intenti. Tutti, buoni e cattivi della cittadina di Holt appaiono un po’ appannati, velati, forse sbiaditi come in un acquerello, perché in ogni caso, qualunque cosa facciano, dicano o siano, vivono immersi nell’atmosfera crepuscolare di Holt, nella sua luce radente, con il pulviscolo argentato in sospensione che li avvolge. Non è romanticheria o sentimentalismo quello di Haruf, è quiete, è torpore, è solo l’attesa di un fato che si deve compiere come è sempre stato.
Then Hoyt turned on the children again and went on whipping them until he was sweating and panting. Finally he slammed the door and walked back to Joy Rae’s bedroom at the end of the hall.
Hoyt si scagliò di nuovo sui bambini e andò avanti a frustarli fino a che non si ritrovò sudato e ansimante. A quel punto sbattè la porta e tornò nella camera da letto di Joy Rae alla fine del corridoio.
(traduzione mia)
In questo frammento con il Grande Cattivo di Crepuscolo si riconosce Haruf. La sua semplicità rurale e immemore è quella di un mondo pre-freudiano, senza elaborazione di conflitti e scontro di contraddizioni che fanno delle persone esseri multipli e insondabili. I personaggi di Haruf esibiscono l’onestà presuntuosa dell’antimodernità che sopra ogni cosa ripudia l’astrattismo intellettuale e la doppiezza della natura umana. La cittadina di Holt è emblematica della vita nei piccoli centri americani del Midwest e Haruf come un cantore popolare naif e genuino, osserva divertito e racconta scandendo le parole, le frasi e le immagini.
Per questi motivi Haruf può ad alcuni risultare antiquato e in fondo noioso, ma ad altri può offrire il sollievo di ritrovarsi in una cornice dove tutto è più semplice, con una voce calda, sorridente e monotona ad accompagnare i pensieri in un dondolio rassicurante. Lo stile ha la musicalità di una ballata folk del Midwest americano, tradizionalista e conservatore, dove gli uomini fanno gli uomini, le donne le donne e la comunità crede ancora nei buoni principi.
Ma la bravura maggiore di Haruf è quella di far percepire costantemente l’assenza di confini che circonda Holt e i suoi personaggi con le loro storie.
C’è una terra piatta tutto attorno, senza alberi sotto i quali rifugiarsi e senza ombre nelle quali nascondersi, c’è un freddo glaciale che sferza e un sole cocente che scioglie non appena ci si avventura all’aperto. È un destino infelice quello che attende coloro che vogliono incamminarsi da soli. Questo nelle storie di Haruf è chiarissimo. È un mondo gentile e allo stesso tempo disgustoso, che prosciuga l’anima.
Crepuscolo è la continuazione di Canto della pianura, le storie proseguono, c’è Victoria Roubideaux con i fratelli McPheron, ci sono Guthrie e i due ragazzini, Mary e Rose. In più ci sono alcune nuove storie e alcuni nuovi personaggi, sempre nello stile di Haruf, alcune storie sono bianche alcune sono nere, nessuna è grigia o cangiante.
Piace a chi ha già apprezzato. Non piace a chi si è annoiato. Molto semplice, nessuna sorpresa. A me è piaciuto.