«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
SCRITTO SULLA TUA TERRA
Mauro Libertella
Traduzione di Vincenzo Barca
Caravan Edizioni 2015
È il secondo libro edito da Caravan Edizioni che leggo. Entrambi me li ha suggeriti Vincenzo Barca che di questo è il traduttore, persona gentile che io ringrazio perché difficilmente ci sarei arrivato da solo. Caravan pubblica giovani scrittori argentini e sconta purtroppo una distribuzione limitata, una presenza pubblica ancora più limitata e una promozione inesistente. Ma in catalogo ha almeno due libri molto belli. Il primo che ho letto è stato Quando parlavamo con i morti di Mariana Enriquez, una breve raccolta di racconti che tagliano come rasoi. Ancora ci penso a quei racconti, e più passa il tempo più credo siano dei grandi racconti.
Ora ho letto questo Scritto sulla tua terra di Mauro Libertella. Mauro Libertella è il figlio poco più che ventenne di Héctor Libertella, scrittore argentino di fama della generazione di Piglia, per intenderci, vissuto in esilio a causa della dittatura, alcolista e bohemiéne. Gran scrittore, pare. In Italia non l’ha mai tradotto nessuno.
Mauro, il figlio, scrive questo libro, che è il suo esordio, parlando della morte del padre. È breve, un racconto lungo, non un romanzo. Ora, già esordire parlando di sé non è la scelta più consigliabile in generale, se poi lo si fa per parlare del proprio padre famoso morto per un tumore ai polmoni e distrutto dall’alcool, l’azzardo è massimo. Scrivere parlando del padre morto richiama immediatamente la Lettera al padre di Kafka, o più modestamente Paul Auster de L’invenzione della solitudine, titolo che a mio parere promette molto di più di quello che effettivamente restituisce. Insomma, chiunque sa che scrivere del proprio padre è rischioso. Lo sapeva anche Mauro Libertella, ovviamente. Ed è stato bravo a schivare le insidie, prima fra tutte il pietismo, seconda il cinismo, terza l’atteggiarsi a scrittore che sa come evitare pietismo e cinismo.
Scrive a proposito dei romanzi e racconti nei quali l’autore parla della morte del padre:
Quasi tutti questi libri, buoni o cattivi che siano, romanzati o di taglio più asciutto e testimoniale, si muovono in un contrappunto ineludibile: idealizzano il padre e, allo stesso tempo, chiudono i conti con lui e ne prendono le distanze.
Non serve un acume eccezionale per sapere che questi libri si scrivono proprio per superare questa contraddizione e che in fondo al punto finale c’è la promessa di una specie di redenzione.
Mauro Libertella lo dichiara nel modo più semplice possibile. Una dichiarazione di stima e amore per un padre gentile morto per mano propria, rovinato dagli eccessi che non ha saputo né voluto contenere, ed anche una presa di distanza dalla figura ingombrante dello scrittore di talento che fu.
Libro di una semplicità disarmante, breve, lineare, senza enfasi, ma proprio per questo suo essere quasi un resoconto, anche dolce, piacevole, che lascia con un sorriso leggero.