«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
METTE PIOGGIA
Gianni Tetti
Neo Edizioni 2014
Un’amica con a volte gusti bizzarri lesse questo libro e disse accattatevelo, o qualcosa del genere. Io che sono diffidente come un ramarro e scontroso come un tasso non prendo neanche in lontana considerazione di fare qualcosa quando qualcuno dice di fare qualcosa, e infatti non capisco quelli che quando vogliono consigliare un libro usano l’imperativo… leggetelo!… da leggere… addirittura qualche folle delira ogni tanto con un leggetelo tutti!… per conto mio potrebbero anche consigliare un inedito di Dostoevsky, ma se qualcuno mi dice leggilo! io prendo la mira e scaglio il volume di taglio. Però nel caso della mia amica lei ha detto accattatevelo o qualcosa del genere e poi è una con del talento per il bizzarro e questo spariglia le carte. Quindi l’ho preso confidando nella bizzarria.
E in effetti Mette pioggia è bizzarro. Pure non poco. Parte un po’ sottotono, sembra quasi in imbarazzo, come quando si cerca di non fare brutta figura e non ci si espone, si rimane composti, un poco rigidi magari, ma sempre meglio che rischiare la sbracatura irreparabile. Ecco mi sembra che Gianni Tetti sia partito così con Mette pioggia, cercando di non fare brutta impressione alla prima occhiata. O forse perché Tetti è sardo e il libro è una storia pure sarda e si sa che i sardi sono riservati per tradizione e geografia. Mica sono dei napoletani. I sardi sono sardi, popolazione a se stante. Fatto sta che per me parte in sordina. Parte dicendo LUNEDÌ (scritto tutto maiuscolo), e uno capisce che la storia durerà per una settimana.
Inizia con un tizio che si butta da un ponte. Non si sa perché. Si capisce che è una scena grottesca, ma non tragica. Poi si dice che non piove da molto tempo. Non piove e soffia lo scirocco. Lo scirocco è un vento bastardo, uno schifo di vento, si sta male quando soffia lo scirocco, è il vento del demonio, così si dice. Siamo in Sardegna, a Sassari, non piove e tira lo scirocco, succedono cose strane, la gente va fuori di testa in una situazione del genere.
Mette pioggia parte lento, con questo scirocco e una Sardegna polverosa piena di cani e di poveracci. Ti guardano sospettosi questi sardi a te, continentale. Bisogna saper aspettare. Finché sono i cani, quei cani che sembrano girovagare senza sosta, a decidersi a dare il via alla storia. I cani hanno l’istinto di scavare, di trovare carogne e di sfregarcisi contro, dice Tetti. Sono fatti così, sono cani. Il cane trova una carogna di uomo. Anzi di bambino. Ora non pensate subito che il cane che trova una carogna di bambino voglia dire che quindi la storia diventa un noir o un thriller o una suspence… no, niente di questa roba, la storia è sarda e bizzarra, solo che scioglie quel nodo iniziale non appena il cane trova la carogna e di cani e carogne ce ne saranno ancora, ma solo perché i cani sono fatti così, non perché voglia dire chissà che cosa. Vuol solo dire che sono cani. Non gatti, per esempio.
È con MARTEDÌ che compare Arturo Zanon. È un gran personaggio questo Arturo Zanon, un veneto trapiantato a Sassari per lavorare in un laboratorio come chimico o biologo, una cosa del genere. Zanon è un nostro amico ed è anche uno che a poco a poco si sgretola, più compare in scena e più va a pezzi. Lo vedi proprio con i tuoi occhi. A ogni battuta perde un pezzo, una rotella del cervello, gli salta un nervo, gli prende un tic nervoso. Per questo è così simpatico Zanon, perché finisce malissimo, e si capisce fin da subito. Per colpa del figlio che parla sardo, della moglie che fa entrare in casa i Testimoni di Geova, del direttore, della donna della pulizie, dei colleghi, della Sardegna, per colpa di tutto. E in più c’è la faccenda del vetrino e dell’epidemia di mal di pancia.
Quel maledetto scirocco continua a soffiare, ci sono ratti che girano per le strade e si infilano nelle soffitte, ratti dentro le pance della gente e cani che si strusciano alle carogne. E pure gatti.
Zanon cammina veloce. Segue quel testimone di Geova con la camicia a righe che ha visto uscire da casa sua. Zanon è deciso a sistemare la cosa. E allora adesso mi sente. E allora adesso basta. C’è un limite a tutto. Tutto ha un limite, anche la mia pazienza. E sono uno paziente.
Questo viene in casa mia, si siede sul mio divano, beve il mio tè, parla con mia moglie. E poi magari la religione è tutta una scusa e se la scopa anche, mia moglie. Elena, se questa cosa è vera, l’ammazzo. Così pensa Arturo Zanon, che è pieno di brufoli in faccia, ha la bocca impastata di sangue, gli occhi rossi, le pupille dilatate, Zanon che suda, digrigna i denti, cammina attaccato al muro e guarda fisso davanti a sé. Quel testimone di Geova che importuna la moglie cammina zoppicando, senza fretta, si ferma a fianco a una cassetta della posta, mette un volantino dentro, va oltre.
È un crescendo questo Mette pioggia. Un crescendo di tromboni e grancasse per un mondo sempre più assurdo, con i pazzi che diventano più pazzi, i malati più malati, le troie più troie, i cani rimangono i soliti cani. Non ci si raccapezza, il vento mulina, prima era lo scirocco arido che fa impazzire uomini e bestie, ora è il maestrale che scende feroce giù dal buio del nord. Finché non arriva la pioggia. Con la pioggia i fulmini e il cielo nero. Una massa di nuvole nere come nessuno aveva mai visto. Al riparo! Al riparo!
Hanno pregato tutti. Alla fine tutti hanno giunto le mani, alla fine tutti si sono odiati.
È la fine del mondo. Quella era l’ultima settimana del mondo a Sassari, con Zanon, i Testimoni di Geova, i cani e tutti gli altri pazzi. Chi lo poteva immaginare che il mondo finiva così in fretta. Ma pensa. Il mondo finisce proprio ora che ci siamo noi. Chi poteva immaginarselo. E finisce male, mica bene. Prima lo scirocco il vento del demonio poi l’acqua dal cielo come non si era mai vista. E alla fine non c’è più nessuno. Solo pioggia.
Bizzarrissimamente divertente. Bravo Gianni Tetti. Brava la mia amica. Accattatevelo!
me lo segno!