«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
ORGASMO A MOSCA
Edgar Hilsenrath
Traduzione di Roberta Gado
Voland 2016
Edgar Hilsenrath è stato gran scrittore di storie di ebrei. Il nazista & il barbiere è un libro stupendo, provocatore e irridente. Anche Jossel Wassermann torna a casa è bello, ma ora è scomparso dai cataloghi. Dice la biografia riportata in questo Orgasmo a Mosca che Hilsenrath andò negli Stati Uniti negli anni ’50 e là cercò di diventare scrittore per il cinema o la televisione. Provò a diventare uno scrittore americano moderno, insomma, perché lo scrittore di storie ebree non era più granché richiesto. Orgasmo a Mosca, scritto tra il 1971 e il 1972, è il suo tentativo di diventare uno scrittore americano.
Purtroppo fallito. Sia professionalmente, dal libro non venne tratta alcuna produzione cinematografica o televisiva, sia letterariamente, perché il libro è una commedia grottesca e parodistica con personaggi della mafia italoamericana e caricature fintoerotiche.
Leggerlo fa sorridere, questo sì, ma può provocare malinconia, come quando si vedono quei film con il grande attore di qualche tempo prima, ridotto a interpretare ruoli marginali in produzioni da quattro soldi per un pubblico che odora di ketchup e patatine fritte.
Manca del cinismo autoironico di un John Fante o della patina glamour di un Nathanael West, non ha l’epica della saga mafiosa di un Mario Puzo, e nemmeno l’erotismo endemico di un Nabokov. È il risultato, apparentemente poco convinto e quasi volutamente fallimentare, di uno scrittore sradicato dalla sua penna e dalla sua vena per rincorrere un presunto canone commerciale. Hilsenrath c’aveva da campà, detto in breve.
Da un certo punto di vista è proprio questo l’aspetto più interessante del libro, l’unico direi: la messa in scena del fallimento dello scrittore di talento immerso nelle geometrie della storia ebraica del Novecento, che è un genere letterario e una definizione di sè, una volta trasportato nel mondo mercantilista del sogno cinematografico americano. Alla letteratura mercantilista americana le fascinazioni malinconiche e paradossali della mitteleuropa non servivano, là non avevano più un valore, troppo pochi coloro in grado di percepirle o che volevano continuare a sentirsele riproporre, troppi i clienti con gusti colorati a tinte piene.
Orgasmo a Mosca è forse un monito per i nostri tempi attuali, sempre meno ombreggiati con tinte mitteleuropee, sempre più verniciati di colori acrilici.