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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Cartongesso – Francesco Maino

 

cartongesso

CARTONGESSO
Francesco Maino
Einaudi 2014

C’è chi lo ama, questo libro. Chi adora Francesco Maino. Non sapevo il motivo ed ero curioso. Ora lo so e capisco chi ne rimane abbagliato. Merito di Thomas Bernhard, il Maestro.

Gli epigoni sono spesso disprezzati, raramente se ne valutano i talenti con obiettività. Obiettività che include il fatto di riconoscere senza tentennamenti il solco già tracciato nel quale si incanalano.
Viceversa, capita che un epigone venga preso per un fondatore e in questo modo ingiustamente incensato oltre ai meriti propri e magari senza neppure farlo troppo contento.
È una vita dura quella degli epigoni, in equilibrio instabile tra ascese e cadute precipitose.

Francesco Maino è un epigone di Thomas Bernhard. Lo è in modo dichiarato, Cartongesso contiene alcune evidenti citazioni al maestro di Perturbamento. Talmente evidenti che non sarebbe nemmeno da discuterne tanto; semplicemente Maino si è completamente ispirato a Perturbamento e con molta onestà lo ha detto. Va bene. Dove sta il problema? Non starebbe da nessuna parte, se non fossimo un paese di comari devote al pettegolezzo e al litigio fine a se stesso. Per questo dire a qualcuno che è un epigone sembra di volergli sputare in un occhio, mentre invece vuole solo constatare l’ovvio, e cioè ripetere quello che già l’autore ha dichiarato. Ho detto dichiarato, non confessato, come qualcuno invece di sicuro scriverebbe.

Quindi, volendo fare tutto il percorso senza scorciatoie, per arrivare a Cartongesso si passa necessariamente da Perturbamento. Questo significa soprattutto che si leggerà l’invettiva del pazzo rivolta al suo mondo di presunti normali, con la quale invettiva – catarrosa, sbavante rabbia, da orbite rigirate – il pazzo dimostrerà che la sua innegabile pazzia è di gran lunga più lucida e preveggente della corruzione mentale, putredine morale e in definitiva fetente follia dei normali.

Bernhard è stato il maestro irraggiungibile di questa arte letteraria allo stesso tempo feroce e grottesca, letale come la punta di freccia e preda di un delirio forsennato. Bernhard ha distillato la freddezza mitteleuropea in gelo alpino per scarnificare l’Austria, gli austriaci, Vienna, Salisburgo, i viennesi i salisburghesi, le alpi austriache e chi ci abita, i premi letterari, la cultura alta e perfino i genitori, dedicando a questi alcuni dei momenti di lirismo più alto. Tutti quanti, tutto il suo mondo germanico-austriaco l’ha scarnificato fino all’osso usando il suo stile inconfondibile. Lo stile di Bernhard non ha eguali. È un’onda d’urto cerebrale e un concerto grosso messi insieme.

Francesco Maino usa lo stesso stile, la stessa retorica e le stesse armi, questa volta rivolte al Veneto e ai veneti, agli avvocati e alle aule di tribunale, ai paesi dell’entroterra veneziano. In Cartongesso al posto delle alpi carinziane con i suoi abitanti resi in forme mostruose troviamo la provincia veneziana e i suoi abitanti, resi in forme altrettanto mostruose.

C’è la patente, nel cassetto del cruscotto, un preservativo surriscaldato, il santino plastificato di Mussolini, altra piccola bestemmia, trattenuta, poiché il seme si secca tra le cosce e l’elastico delle mutande diventa colla, trovati! Nettarsi bene, tirarsi su le braghe, allacciare il davanti e rientrare nel giardino estivo della discoteca, mano nella mano, almeno all’ingresso, davanti a tutti, con i visi di chi si è appena fatto una tagliata da quattro (4) etti, rucola e grana, aceto balsamico, facendo vedere con disinvoltura al trilobita della sicuressa, all’ingresso, il salvacondotto della discoteca Paradise timbrato sul polso, la lettera pi, pi di Paradise, in inchiostro nero, fare vedere bene che lo scafoide è marchiato, mostrato con orgoglio, entrare, dunque, con la banana sagomata sotto i jeans stretti, don’t be afraid, andare avanti, non aver paura, uomini con uomini, donne con donne, recioni con recioni, matti-fica con matti-fica, spastici con spastici, il ballo rende liberi, Arbeit macht frei, dice il cartello al bar, chi balla: balla, chi non balla: ordina da bere!

Non scherza Francesco Maino. Va bene seguire le orme del Maestro, ma bisogna sapere come fare. Il testo è duro e martellante, frenetico nell’invettiva che tutto avvolge e stravolge. Non ha le venature glaciali dell’ingiuria bernhardiana, qui siamo a valle, siamo nell’antica piana alluvionale e malarica del Veneto, cambia il clima, cambia la nota dell’invettiva, perde in purezza, guadagna in unto che cola. Si italianizza, anche nei toni grotteschi. La buona società viennese la dipinse come una congrega di putridi miserabili in frac tarmati, un’accozzaglia di aristocrazia oscena e tradizione disumanizzante. Con Maino e i suoi veneti non c’è traccia di aristocrazia o di tradizione nobile, ma di genti nate male e imborghesite ancor peggio, una popolazione di bestie arricchite dedite alle peggiori sozzerie morali e intellettuali. Dal grottesco gotico alpino al grottesco barocco con scivolate nel fantozziano e nelle storie da balera. Soprattutto nella prima metà di Cartongesso, Maino si produce in un forcing scatenato. È il monologo del pazzo che accusa i normali, venato di attualità, di cronaca, di spaccati sociali nei quali riconosciamo questo e quello, commedianti di una stessa sceneggiata che viviamo quotidianamente tutti noi. La normalità come regno dell’assurdo, un classico della letteratura di ogni epoca, già Diogene il Cane e i suoi Cinici lo avevano capito e forse proprio lui è la sorgente di questa fonte di sublime follia.

Cartongesso è il nostro Perturbamento, atto di accusa, teatro di burattini, tragicommedia classica e invettiva straripante. Bravo Francesco Maino.

Oggi a Insaponata si parla il grezzo, un idioma tecnico para-dialettale di consumo, privo di bellezza indigena, impreciso, perennemente impreciso, involgarito dalla cantilena locale e da sillabe sincopate, buono solo per la sopravvivenza dei consumi di massa, ma senza anima, forza evocativa e un minimo di poetica. Il grezzo è diventato la lingua ufficiale del Mesovenetorientale: una parlata fatta esclusivamente di vocali, di o oppure di ou, e nessuna consonante; praticamente la sintesi della sintesi del dialetto delle paludi del seimila (6000) avanti Cristo bonificate nel primo Novecento dalle forze liberali.

8 commenti su “Cartongesso – Francesco Maino

  1. librini
    24 settembre 2016

    Eppure, sarà che abito nel Nord-Est e sono troppo coinvolta, ma non riesco a leggerlo. Però bella recensione e ottimo parallelo!

  2. karenina
    4 luglio 2016

    Io ho amato questo libro è un po’ anche il suo autore che sento vicino non solo geograficamente, ne ho consigliato la lettura a tanti e a qualcuno l’ho regalato; di Bernhard ho letto quasi tutto è se è indubbio che da lì venga Maino, ho trovato la sua lingua splendida e il dosaggio di grottesco, malinconico e rabbia pura, devastante. Sono andata a una sua lettura accompagnata da musicanti e lui è davvero come il suo protagonista, fatti un giro sul suo blog se vuoi approfondire.
    P.s. glielo ho chiesto quanto gli piace Bernhard:-)

    • 2000battute
      4 luglio 2016

      Ah! Se è come il suo protagonista allora è un tipo divertentissimo da ascoltare. Mo vedo il suo blog.

  3. baba
    4 luglio 2016

    Del Maestro ho letto solo Il soccombente, per un’insana passione per Bach. Soffrii non poco, per quell’ossessione che esce dalle pagine di Bernhard e ti si appiccica addosso per tutta la durata della lettura; tragedia e ossessione che tu hai ben descritto nel post dedicato alle Variazioni Goldberg.
    Di Francesco Maino non avevo mai sentito parlare, però mi sa che prima dell’epigone bisogna conoscere il Maestro.

    • 2000battute
      4 luglio 2016

      Il libro di Maino l’avevo già incrociato più volte, ogni volta mi ero detto di volerlo leggere poi me ne dimenticavo. È uno di quei tipici libri da outsider nella giostra italiana fatta spesso di manichini in posa. A me piacciono i libri da outsider.
      Non è indispensabile aver letto Bernhard per leggere Maino, però è utile almeno sapere che un certo stile e un certo ritmo e un certo modo di scrivere invettive ha un maestro inarrivabile.

  4. asiviero86
    2 luglio 2016

    Oh, interessante! Un libro da segnare, da leggere non appena finirò Perturbamento di Bernhard!

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Questa voce è stata pubblicata il 2 luglio 2016 da in Autori, Editori, Einaudi, Maino, Francesco con tag , , , .

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