«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
SHORTS
Vitaliano Trevisan
Einaudi 2004
Shorts vuol dire corti e questo libro è una raccolta di corti, cioè raccontini di una o due pagine al massimo. Corti, appunto, molto corti.
I testi vanno dalla metà degli anni ’90 fino ai primi anni 2000, disposti secondo un ordine sconosciuto, non temporale, forse secondo l’uzzo di Trevisan, boh.
Trevisan è bravo, l’ho detto anche per l’altro, Grotteschi e arabeschi, ma io con le raccolte di materiale che sembra ripescato dal baule dei ricordi e messo insieme, non vado molto d’accordo. Cioè mi immagino che Trevisan abbia scritto questi corti un po’ come gli capitava, magari all’autogrill o allo stabilimento balneare o col mal di pancia… dove gli capitava gli veniva un’idea e zac! giù una paginetta, due al massimo. Un bel giorno forse lui forse qualcuno ha detto Ma perché ‘sti corti non li mettiamo insieme e li chiamiamo Shorts? Da lì tutto in discesa fino ad arrivare a me che li leggo e rogno un po’, non perché non sia bravo, bravo è bravo, ma perché un po’ di corti era meglio se rimanevano in cantina invece che farli stampare.
Qualcuno è geniale. Il primo sulla pausa musicale che si allunga lo è, il secondo sempre sulla pausa è brutto.
Li avevo tutti in pugno, tutti: il pubblico, i miei compagni, la musica. Rullata conclusa. Alzai le braccia per dare il colpo di piatti che tutti si aspettavano, le bacchette che vibravano, le mani, le braccia, tutto il corpo e il cervello, tutto che vibrava e mi spingeva a dare quel maledetto colpo di piatti. Aspetta, mi dicevo, la pausa dev’essere più lunga… Fu allora, disse l’uomo fissando nuovamente lo sguardo verso terra, che, tra me e tutti loro, si spalancò quello spaventoso abisso…
Corto, pure io.