«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
PARADISO E INFERNO
Jón Kalman Stefánsson
Traduzione di Silvia Cosimini
Iperborea 2011
È quello che ci si aspetta da una storia islandese. Con Paradiso e Inferno Stefánsson cerca di attraversare il giorno e la notte d’Islanda in un romanzo spesso intimista, a tratti dominato dalle forze della natura, attraversato da una vena di fatalismo e galleggiante nella solitudine isolana.
Inizia come storia di pescatori di merluzzi di un villaggio di baracche in una zona remota del nord dell’Islanda. Isolati nell’isola, tagliati fuori da tutto a parte i rituali della pesca, la vita grama e la presenza incombente e spaventosa del Mare Artico, grande bestia che prende e che dà a suo piacimento, senza pietà per i piccoli uomini sulle barchette a remi.
Scruta il mare, il mare pieno d’ombre e fiuta l’aria, incerto sulle condizioni meteorologiche, sbaglia o aleggia un sentore di vento pungente, perfino assassino? Non si muove, le barche si allontanano, hanno cominciato a sparire nel blu fosco della notte, a disperdersi per le profondità che si aprono tra le rive, tra le montagne che si ergono vertiginose e immemori. Gudmundur ha una barba folta, gli copre del tutto la parte inferiore del viso, non gli abbiamo mai visto il mento, a questi uomini, se qualcuno si radeva inavvertitamente avevamo l’impressione che avesse avuto un terribile incidente, che fosse amputato di una parte della sua personalità e che non fosse rimasto che un uomo a metà.
È in questo scenario maestoso e miserabile che si svolge il filo del racconto intimo. Parla dell’amicizia tra un uomo e un ragazzo dell’equipaggio di una delle barche da pesca. Uniti da una passione per la poesia, mandano a memoria versi di Milton che poi recitano in mezzo al mare fosco. Uniti forse anche da qualcosa in più, non confessato, non confessabile, sembra talvolta lasciare intendere Stefánsson.
Non è così che ci si aspetta che sia una storia islandese? Piccole vite raccolte attorno a luci flebili ricavate scavando nella pancia dell’isola, nella pancia degli elementi naturali che sovrastano ogni idea o concezione o illusione e tutto attorno il mare di ghiaccio, pensieri nascosti, ritirati, parole scarne, visioni informi. È proprio così infatti che Stefánsson racconta, scavando percorsi nella pancia della notte e del freddo.
Accade una tragedia. Si sapeva fin dall’inizio che sarebbe accaduta. Il ragazzo lascia il villaggio di pescatori, lascia anche la vita da pescatore, perché non potrebbe ripetere ancora quei riti, e parte per raggiungere un villaggio dell’interno con un solo desiderio, compiere un gesto semplice, quasi insensato.
La strada da fare è molta, accidentata, pericolosa, spazzata dalla tempesta, dal freddo e dalla neve. Potrebbe non arrivarci mai a quel villaggio passando per dove intende passare. Passerà. Raggiungerà il villaggio e da là inizia la seconda parte della storia islandese. Questa volta non più storia di pescatori ma storia di ritorno alla vita, cominciando dai primi passi, dalle cose più semplici, anche in una terra inospitale. Diventa la storia di un ragazzo che per la prima volta si apre al mondo, incontra il mondo e deve imparare tutto. Diventa romanzo di formazione, ma anche un inno alle parole e alla loro forza inestinguibile.
Paradiso e inferno ha il passo lento del camminatore nella neve e nella notte, lo sguardo trasparente del Nord e la semplicità di una terra essenziale. Si sente il sapore d’Islanda, senza dubbio.
Mi sono sbagliata La tristezza degli angeli fa parte della trilogia, quello isolato è Luce d’estate ed è subito notte.
Ah. Ok. Allora non so più cosa leggerò
Intervengo visto che li ho letti tutti; dunque: i personaggi ritornano nella trilogia costituita da Paradiso e inferno, Il cuore dell’uomo e un altro che al momento non mi sovviene e anche se si possono leggere indipendentemente uno dall’altro è meglio attenersi alla cronologia, idem per i pesci e l’ultimo pubblicato Grande come l’universo. Invece La tristezza degli angeli fa storia a sé, anche se i temi e le ambientazione sono inevitabilmente sempre gli stessi, tragedie e sopravvivenze faticose.
perfetto. grazie. allora vada per La tristezza degli angeli.
Mi pare di intuire che hai delle riserve, forse in effetti è un po’ sentimentale, io comunque li ho apprezzati tutti, si sente persino l’odore del merluzzo.
È vero, si sente l’odore di merluzzo. No, riserve vere e proprie non ne ho, è un po’ sentimentale sì, un po’ anche manieristico, la seconda parte, non è un libro travolgente, è un libro che fa intuire più di quello che riesce a dire. Vorrei leggere altro di Stefánsson.
Molto interessante questo autore e la casa editrice è quasi sempre una garanzia :)
È bravo, qui molto tradizionale
Hai letto altro di suo?cosa consigli?
non ancora, ma vorrei. a una prima impressione, sceglierei La tristezza degli angeli
Io mi ero segnata “Grande come l’universo”. Tutti i suoi titoli sembrano interessantissimi :)
dalla sinossi ho avuto l’impressione che fosse il seguito del precedente, ma ho guardato di fretta
Il precedente sarebbe?
quello dei pesci