«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
IL MONDO SUL FILO
Daniel F. Galouye
Traduzione di Federico Lai
Atlantide 2016
Finalmente una grande storia di fantascienza! Fi-nal-men-te! Lo dico davvero con sollievo, perché sembrava che al massimo ci si dovesse accontentare di storie mediocri, come se la nobile e fantasmagorica vena fantascientifica si fosse seccata. A dire il vero non è che questo Il mondo sul filo rianimi di nuova linfa la vena visto che è pur sempre un libro del 1964, però segna la ricomparsa di un libro dimenticato, un gran libro, e chissà quanti altri ce ne sono da riscoprire.
Bravi a quelli di Atlantide, casa editrice giovane e bizzarra, nel bene e nel male. Bizzarra per la distribuzione che evita le catene e l’online – da Feltrinelli e su Amazon, tanto per dire, non li trovate – preferendo librerie tradizionali, quelle belle librerie tradizionali, magari di giovani e coraggiosi librai che provano a rilanciare dei luoghi e un’idea. Bizzarra però anche nei titoli, visto che c’ho messo un po’ a capire che Il mondo sul filo non era altro che il titolo del film (Welt am Draht) del 1973 di Fassbinder tratto da questo libro di Galouye il quale, bizzarria nella bizzarria, uscì come Simulacron-3 ma anche solo Simulacron oppure Counterfeit World. Forse questa confusione di titoli ha contribuito al suo ingiustificato oblio. Certo che Atlantide ricarica la dose mescolando ora film e libro. Ma tant’è, basta saperlo e la vita torna a scorrere piacevole o spiacevole come faceva prima. Infine, ultima nota, anzi opinione personale, 25 euro per questo libro, quanto chiede Atlantide, sono troppi. Troppi di parecchio, a mio modo di vedere. Certo, comprendo che la scelta distributiva, la tiratura limitata e una qualità di stampa superiore alla media pesano. Però anche il vuoto nella tasca pesa, forse anche di più. Motivo per cui io mi sono procurato l’edizione originale a una frazione del prezzo, titolata Counterfeit World nel mio caso, e ho letto quella.
Detto questo però ripeto che è un gran libro di fantascienza, uno dei migliori che abbia letto, per fare un paragone molto meglio di Philip K. Dick per quanto mi consta (io non amo per niente Dick, lo trovo spesso banale e sciatto), quindi vedete un po’ voi. Alla fine probabilmente l’avrei comunque comprato rognando per il prezzo, se non fossi riuscito a trovarlo altrimenti.
Veniamo alla storia. Non voglio svelare troppo, ma non posso nemmeno non rivelare nulla. Inizio avvertendovi che se cercate un po’ in giro troverete diversi commenti che dicono assomigli alla storia di Matrix o che addirittura abbia anticipato Matrix. Anche l’editore cita esplicitamente Matrix. Ecco, questo a me lascia un po’ perplesso. Con Matrix c’entra nel senso che può essere che ne abbia ispirato gli autori, ma voler tirare un filo diretto da Galouye agli ex-fratelli-ora-sorelle Wachowsky mi sembra una piroetta eccessiva. La costruzione teorica e filosofica che sostiene Matrix è concettualmente molto più semplice della macchina concettuale incarnata dal Simulacron-3, è anzi elementare: una realtà virtuale incapsulata in quella reale e nella quale la coscienza dei viventi viene forzatamente dirottata. La rottura della barriera tra reale e virtuale segna il salto esistenziale dei protagonisti e dà il via alla rivolta. Molto semplice, molto metaforica, si scorgono le impronte di regimi tossici, oppressioni apparentemente dolci, media allucinatori e via discorrendo. Dopodiché viene l’azione di cui Matrix è piena mentre ne Il mondo sul filo c’è ma in misura minore.
Il mondo sul filo da parte sua si pone a un livello di complessità superiore nell’architettura teorica e filosofica, epistemologica forse sarebbe il caso di dire, se non mi ricordassi sempre di una battuta non mi ricordo detta da chi e in quale circostanza che derideva quei palloni gonfiati che usano ossessivamente il termine “epistemologico” per darsi delle arie. Comunque sia, ha a che fare con la conoscenza e con l’autocoscienza e con un certo metodo scientifico basato sull’osservazione per stabilire quanto si sa, quanto si conosce, quanto si conosce della propria conoscenza. L’osservazione è ricorsiva e riflessiva. Ecco che le cose si complicano parecchio rispetto alla linearità holliwoodiana di Matrix.
Chi siamo noi? Perché siamo nati? Che cos’è l’universo? Cosa c’è quando finisce? Cosa c’era prima che nascesse? Cosa sappiamo delle nostre passioni, idee, sensazioni e paure? Sono nostre o sono indotte? Siamo soli o qualcuno o qualcosa osserva i nostri pensieri? E in fondo al pozzo senza fondo, io sono io?
Il protagonista è uno dei due progettisti di un sistema di simulazione di una società virtuale. Il Simulacron-3, appunto, un sistema in fase sperimentale in grado di ricreare la complessità del reale, di simulare la società in modo perfetto, simulare le persone con i loro comportamenti, idee, relazioni in tutta la ricchezza di dettagli e sfumature di quella reale. È un sistema che una società privata vuole usare per rimpiazzare l’esercito di operatori umani che effettuano sondaggi. Con questa macchina il magnate a capo di tutto potrebbe sapere esattamente cosa pensano le persone, come si comportano, come reagiscono, avere quindi un sistema di laboratorio, un banco di prova, per qualunque campagna pubblicitaria, iniziativa sociale, ogni intervento nella società reale potrebbe essere provato in quella virtuale con la certezza di disporre di una replica perfetta. È il sogno chimerico di qualunque studioso di scienze sociali o pubblicitario o politico disporre di un Simulacron-3.
Basta un passo nella traiettoria logica della storia per immaginare che le persone virtuali ricreate all’interno del Simulacron-3 necessariamente sviluppino individualità piene, coscienze complete e tutte le caratteristiche delle persone del mondo reale. Tranne la capacità di comprendere che esse vivono in un sistema simulato, in una realtà artificiale osservata da quelli che potrebbero essere definiti esseri divini.
Con un altro passo logico, intuiamo anche che essendo il sistema una sorta di banco di prova per testare come la società reagirebbe a determinate iniziative, ne consegue che il mondo virtuale del Simulacron-3 non può essere del tutto isolato da quello reale, ma deve esserci un canale di comunicazione, un passaggio per consentire ai suoi progettisti di intervenire cambiando qualcosa, resettando qualcos’altro. Quindi un ponte tra i due mondi tra loro paralleli ma non speculari esiste.
Fin qui è l’idea di Matrix: ci sono due mondi, paralleli ma con alcuni passaggi stretti per comunicare dal mondo reale a quello virtuale. Qualcosa però sfugge anche viceversa, dall’interno del mondo virtuale qualcuno intuisce e alla fine comprende che esiste una dimensione parallela, superiore, una sfera dalla quale il mondo come lo percepisce viene osservato e controllato. Matrix, questo è tutto Matrix, e questo avviene anche in Simulacron-3. Qualcuno, in qualche modo, qualcuno che vive una vita artificiale dentro al simulatore comprende l’esistenza del mondo reale e riesce a raggiungerlo per parlare con il progettista.
Non voglio andare avanti svelando la storia, ma questo che vi ho raccontato, il livello-Matrix, diciamo così, è solo il punto di partenza, il primo passo che compie Galouye. Se ne può fare un altro, un altro ancora, e così via. Quante sfere concentriche possono coesistere in una bolla di sapone? Due, tre, quattro, chi lo può sapere? Chi è Dio? Una metafora della natura, l’entità suprema o il simulatore di ordine superiore? Come si vive passando da una sfera all’altra, dalla realtà all’iper-realtà della quale la realtà è per definizione copia non esatta?
Galouye è bravo, molto bravo a lasciare che si intraveda il gioco di specchi e la natura infinita della ricorsione che si specchia in se stessa, ed è anche bravissimo a usare il paradosso per costruire una storia fantastica.
Molto bello.
Note:
– la locandina della versione americana del film di Fassbinder è meravigliosa nella sua sintesi e mistero.
Gemma fantascientifica trovata nell’edizione Nord a 2 euro in un negozio Reminder che svendeva per chiusura. Bel romanzo invecchiato abbastanza bene e straordinariamente raccontato nel film di Fassbinder e un po’ meno ne Il tredicesimo piano ma… meglio di Dick? Dick scialbo e piatto? Mmmm… Solo sul tema della realtá virtuale consiglierei la lettura dei suoi racconti anni 50 per capire meglio il perché di PDK ne parlano tutti, anche a sproposito e di Galouye no aldilà di cambi di nome o di case editrici.
Veramente una gemma. Con Dick ho un pessimo rapporto, lo so che probabilmente esagero, non so perché esattamente ma ogni volta che lo leggo mi lascia deluso. Ad esempio l’ultimo tentativo, La svastica sul sole, molte aspettative, l’ho trovato banale in modo sconfortante. Se puoi, indicami qualche titolo dei racconti anni 50.
Mah, riguardo ai mondi artificiali ricordo “Il mondo in una bolla” o “Piccola città” tra i racconti, mentre “Tempo fuori di sesto” tra i romanzi. Diciamo più in generale che il tema reale-irreale lo trovi ben trattato in molta della sua produzione.