«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
NELLO SCIAME – Visioni del digitale
PSICOPOLITICA – Il neoliberalismo e le nuove tecniche del potere
Byung-Chul Han
Traduzione di Federica Buongiorno
Nottetempo 2015/2016
Han è un filosofo coreano che vive e insegna a Berlino. Scrive in tedesco e negli ultimi anni è diventato una delle poche voci che dal mondo degli studi filosofici è riuscito a uscire dalla gabbia museale nella quale la filosofia è caduta e ha proposto delle analisi critiche di un certo interesse riguardo la contemporaneità del mondo digitale. Voglio sottolineare con fastidiosa insistenza l’aggettivo “interessante”, perché di filosofi e umanisti di varia specie che discettano sul mondo digitale è pieno il mondo, ma trovarne uno che abbia cose interessanti da proporre è peggio che andare di notte.
Han a volte fa considerazioni senza avere capito bene bene di cosa parla o comunque perdendosi delle sfumature importanti(ad esempio sui Big Data non sembra avere una conoscenza precisa e va un po’ un tanto al chilo), spesso ha il solito difetto degli intellettuali incerti che sentenziano con toni apodittici e apocalittici, però tutto sommato qualcosa da dire di interessante ce l’ha.
È sull’auto-sfruttamento dell’individuo nel mondo neoliberista e digitale, “molto più efficace dello sfruttamento esercitato da altri” che argomenta meglio il discorso e si destreggia bene sia nella logica sia nella dialettica muovendosi con agilità tra concetti che emergono dalla nebbia del contemporaneo. Questo è uno dei temi guida di Nello sciame, saggio del 2013.
Sono saggi brevi questi di Han, con un’idea di fondo sulla quale ritorna da angolature diverse. Brevi capitoli frammentari, Han elabora il suo ragionamento fuori dagli schemi dell’esposizione rigorosa e dottrinale. Farfuglia talvolta, spezzetta il discorso in aforismi, previsioni apocalittiche, riesce a essere illuminante in alcuni casi, in altri il discorso si infossa in una palude confusionaria.
Cerca riferimenti nella filosofia e nel romanticismo tedesco, ma non è efficace il ragionamento. Meglio quando affila lo sguardo sul contemporaneo e osserva un mondo che rantola o si agita oppure costruisce scenari fittizi.
La società dell’indignazione è una società sensazionalistica, priva di compostezza, di contegno. L’insistenza, l’isteria e la riottosità tipiche della società dell’indignazione non ammettono nessuna comunicazione discreta, obiettiva, nessun dialogo, nessun discorso. Il contegno, però, è costitutivo per la sfera pubblica; la distanza, però, è necessaria per la costruzione della sfera pubblica. Le ondate di indignazione, inoltre, presentano un’identificazione minima con la società, dunque non costruiscono alcun Noi stabile, che mostri una struttura di cura per la società nel suo complesso. Anche la preoccupazione dei cosiddetti indignati non è per la società nel suo complesso, ma è più che altro cura di sé. Di conseguenza, torna a disfarsi rapidamente.
Il tema del primo saggio, Nello sciame sono gli effetti della combinazione tra retorica neoliberista riguardo il farsi imprenditori di se stessi e le tecnologie digitali che riducono le distanze nelle comunicazioni e aumentano la trasparenza dei soggetti provocando il collasso di sfera pubblica e privata. Lo sciame del mondo contemporaneo, secondo Han, è cosa diversa dal concetto classico di massa ed è severo nella critica verso altri intellettuali che hanno proposto analisi della contemporaneità. Lo sciame non costituisce una coscienza di sé ma è una somma di individualitá.
Verso la fine di Nello sciame introduce una nuova differenza tra il concetto foucaultiano di biopolitica, inteso come il controllo esercitato da un potere sulla società attraverso costrizioni fisiche o imposizioni sullo spazio vitale, e quello nuovo di psicopolitica, inteso come il controllo indotto dall’eccesso di trasparenza che esercita una pressione sulla psiche degli individui.
Il tema viene sviluppato in Psicopolitica, originariamente pubblicato nel 2014, il cui tema di fondo è la dittatura della trasparenza e della positività.
Il potere può certo esprimersi come violenza o repressione, ma non si fonda su esse. Il potere non necessariamente esclude, proibisce o censura. E non si contrappone alla libertà: può persino usarla. Solo nella sua forma negativa il potere si manifesta come violenza che-dice-no, che piega la volontà e nega la libertà. Oggi, il potere assume sempre più una forma permissiva. Nella sua permissività, anzi nella sua benevolenza, depone la negatività e si offre come libertà.
Han insiste particolarmente nella ricerca di attualizzare la contrapposizione marxiana tra lavoro e capitale al mondo attuale neoliberale e digitale. La psicopolitica, nel ragionamento di Han, ha cambiato del tutto i termini della contrapposizione, che non ha più al centro il lavoro. L’emotività dovuta alla rapiditá è subentrata alla razionalità dei tempi lunghi, il lavoro si è ludicizzato mascherandone il volto spesso opprimente. Han, come nel primo libro, procede per frammenti, a salti, per intuizioni più che come una macchina analitica. Talvolta è efficace, talaltre il discorso s’impantana.
È un commento superficiale il mio, vuole solo dare qualche spunto sull’analisi di Han che, pur nei molti aspetti poco convincenti, ha momenti di acutezza non comuni e offre materia per ragionare ancora a lungo.
I due saggi insieme formano un discorso unitario e nonostante i difetti danno un contributo al ragionamento sulla natura del mondo digitale. Presi singolarmente, il primo è il più incisivo, a mio parere.
Note:
– Una buona analisi è uscita su Doppiozero a firma di Antonio Lucci.
– La Repubblica ha un’intervista con Han.