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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Grande nudo – Gianni Tetti

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GRANDE NUDO
Gianni Tetti
Neo Edizioni 2016

Rimango sospeso nella ricerca di disambiguazione. O, per essere più esplicito, in uno stato di convinzione bimodale. Grande nudo, questo libro dell’ottimo Gianni Tetti, già autore dell’ottimo Mette pioggia, è un libro che di tutte le categorie che uno può pensare di attribuirgli, quella più incontrovertibile è la categoria dei libri divisivi. O di qua o di là. O lo ami o lo odi. O ti piace o lo detesti. O lo accetti o lo respingi. O lo assimili o lo rigetti. O ti fa sorridere o ti fa schifare. È fatto così e l’ottimo Gianni Tetti si è prodigato perché così risultasse. La storia, lo stile, la lingua, tutto è divisivo, come una mannaia che scende su di una bistecca, non ammette centrismi o moderatismi, se sei una bistecca, o stai a destra o stai a sinistra della mannaia. In questo senso, Grande nudo non tollera la media. Non c’è una media ragionevole, solo estremi irragionevoli.

Ora, sediamoci e ragioniamo. A mente fredda, si dice, per dire che ragioniamo bene, senza squinternamenti. Di qua o di là? Nel libro ci sono grandi porcate, grandi sbudellamenti, splatter-ismi e B-movie-ismi e scene grandguignolesche, verissimo. C’è anche tanta ironia che racconta una storia e teatro dei mostri e neogotico post-apocalittico, è vero pure questo. Sono queste le due forze che dovrebbero tirare da lati opposti a seconda di come uno ha trovato il proprio equilibrio interiore tra fobie e perversioni o ha messo in ordine le proprie pulsioni maniaco-ossessive. Le tipiche cosette che, se stuzzicate, facilmente provocano sbandamenti paurosi, come scodate di coccodrillo.

Io invece no. Non è per fare a tutti i costi l’originale o il sociopatico, ve lo garantisco, c’ho pensato e ripensato, ma io no. Io sono rimasto nel mezzo, come un sasso di granito che se ne impipa della lama della mannaia e non si sposta, non si crepa, al massimo concede una lieve scheggiatura. Io così, un grumo granitico di cinismo esistenzial-letterario che si è fatto scorrere davanti le turpitudini sardo-gotiche di Tetti senza battere ciglio, al più ogni tanto pensando – Qui c’ha dell’Isabella Santacroce – grande profetessa delle immani porcate e gran talentuosa della scrittura, oppure – Qui si sente Mette pioggia – oppure – Ah bella questa! – oppure – Bah, qui è andato sopra le righe. Alla fine, senza essermi spostato né di qua né di là ho pensato che va bene provarci, anche andare sopra le righe va bene, cercare di dividere va bene, che Grande nudo è un tentativo in gran parte riuscito, in parte più piccolina no, molto ha aggiunto, ma qualcosa ha pure perso rispetto alla surreale rarefazione di Mette pioggia.

Ha creato un’epopea sarcastica della sofferenza e della distruzione, un’epopea della feccia che si rivolta e viene rivoltata, c’ha messo anche l’eroina di bellezza mostruosamente amputata che a seno nudo attraversa la battaglia, accumulando citazioni stravolte dalla lente post-apocalittica. L’ha fatto prendendo la cronaca, la nostra attualità, e trasformandola in B-movie, in turpitudine, in ritornello sconcio, il che è una notevole operazione-verità, come si dice a volte per dire che uno vuole raccontare la verità, e anche una trovata letteraria efficace per sfuggire allo stracco cliché futurista-distopico. Il suo è un presente parallelo, c’è e non c’è, non c’è, in realtà, ma il sospetto aleggia. Ha insinuato quello che molti temono, cioè che la cronaca non sia altro che un B-movie con noi come spettatori senza possibilità di alzarci e uscire, ingabbiati come siamo nella parte di comparse passive, la claque tramortita di uno spettacolo grottesco e umiliante.

Ma nel fare tutto questo, nel costruire questo castello pericolante di mutilazioni e sbranamenti al quale ha dato il compito di sostenere l’epopea grottesca, ha anche giocato pericolosamente con l’elemento tossico per eccellenza: la morale. Grande nudo è una storia che impavida balla sul bordo di una conversione morale intesa come coscienza che riflette su sé e sul mondo e produce un giudizio di qualità, un bene e un male, un meglio e un peggio, un buono e un cattivo. Queste categorie lanciano lampi minacciosi dalla poltiglia del Grande nudo. Morale, giudizio, predestinazione, tutte bestie rognose che zampettano grattando contro la porta. Il peccato veniale o venefico del Grande nudo rispetto a Mette pioggia è la concessione che fa al bisogno di dare una spiegazione e inserirla in una narrazione. Il bisogno di far tornare i conti. Di chiudere senza rimpianti. Tra i detriti e le grida si rivela pietoso, insomma, si scopre compassionevole, inaspettatamente.

Dal mio centro inamovibile di grumo di cinismo esistenzial-letterario, per me la pietà tradisce lo spirito del maestrale che fa impazzire i cani e inaridisce gli uomini, riempie i vuoti della rarefazione che quel vento creava, e un po’ mi dispiace. Rimane il fatto che Gianni Tetti ha scritto un libro che in pochissimi saprebbero scrivere. In ogni caso, veramente bravo.

Il vento dovresti sentirlo. Non si sente altro. Un vento di maestrale che fa venire la pelle d’oca. C’era stato un maestrale così freddo, dieci anni fa. S’era portato appresso un diluvio. Per questo, oggi abbiamo paura. Siamo tutti superstiti. Siamo quello che è rimasto. Dopo le guerre, dopo gli attentati. Dopo i virus. Dopo la Grande depressione. Dopo la ripresa che ne ha ammazzato più di tutti.

Se qualcuno è convinto che da una crisi nasca un mondo migliore, sbaglia. Siamo gli stessi di prima, solo più soli, più impauriti.

Sono rimasti i cattivi e i vigliacchi. I cattivi hanno ucciso. I vigliacchi si sono nascosti e hanno lasciato morire i figli pur di scamparla. I coraggiosi prima o poi sono morti o hanno smesso di essere coraggiosi. E sono rimaste le bestie col loro istinto. Alle bestie non puoi rimproverare niente. Non si fidano più di noi. Ed è meglio per noi se non ci fidiamo più di loro.

4 commenti su “Grande nudo – Gianni Tetti

  1. Rick Deckard
    14 settembre 2020

    Non saprei davvero quale scegliere. Provi con “La leggenda di Redenta Tiria”.
    Attendo una Sua recensione!

  2. Antonio Idrocentro
    8 settembre 2020

    Non saprei davvero quale titolo suggerire, non riesco ad essere imparziale in quanto lo adoro. Ho letto l’intera opera, tranne gli ultimi due romanzi che aspettano sul comodino.
    Può provare con “La leggenda di Redenta Tiria.”
    Attendo con trepidazione un Suo commento.

  3. Rick Deckard
    7 settembre 2020

    Mea Culpa!
    Da sardo (logudorese, per l’esattezza) e amante di quasi tutti gli scrittori sardi grazie al blog ho scoperto Gianni Tetti.
    Com’è che mi era sfuggito!?
    D’un fiato ho letto le tre opere che ha scritto. Fantastico con un retrogusto amarissimo che fatica ad abbandonarmi.
    Ne approffitto per consigliare un altro conterraneo: Salvatore Niffoi.

    • 2000battute
      8 settembre 2020

      Gianni Tetti è bravo. Grazie della segnalazione di Niffoi, un suggerimento per un titolo da cui iniziare?

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Questa voce è stata pubblicata il 4 febbraio 2017 da in Autori, Editori, NEO, Tetti, Gianni con tag , , , .

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