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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

La ricerca del leone – Russell Hoban

LA RICERCA DEL LEONE
Russell Hoban
Traduzione di Adriana Motti
Adelphi 2017

È curiosa la scelta di Adelphi di ripubblicare questo La ricerca del leone di Russell Hoban. Piacevolmente curiosa, perché questo è un titolo che probabilmente in pochi leggeranno. Si tratta di un libro di nicchia, quale sia questa nicchia non è semplice da dire. Di certo è un libro che sfugge alle classificazioni tradizionali, si ricollega a una certa letteratura nella quale si mescola lo storico col fantastico, quasi volesse riprendere il modo delle tradizioni orali di raccontare saghe immaginifiche. Esotismo magico potrebbe essere il genere di questo libro, ma per mio conto permane l’incertezza. Adelphi tenta di ricondurlo a Tolkien e C.S. Lewis, ma il legame mi pare debole. Per conto mio la memoria è andata a Boris Vian, completamente diverso per ambientazioni e storie, ma anche Vian si ritrova un elemento magico che distorce il mondo agli occhi dei protagonisti.

È un opera del 1973, la prima di Hoban come romanziere dopo diversi libri per ragazzi. È ambientata apparentemente in un luogo urbano ma esotico. C’è un sentore di esotismo che permea le frasi. Si immagina un luogo caldo, un tempo indeterminato che mescola elementi arcaici con un elemento che sembrerebbe invece richiamare un qualche futuro: non esistono più leoni, si intuisce un’estintinzione, ma se ne ignorano i motivi. Che si parli di leoni contribuisce ovviamente molto alla sensazione di esotismo. Altro elemento esotico sono i nomi dei due protagonisti, Jachin-Boaz, il padre, e Boaz-Jachin, il figlio. L’elemento magico viene introdotto con le mappe. Il padre ha un negozio di mappe ereditato dal di lui padre. Mappe di ogni tipo, per ogni interesse, occasione e desiderio. Mappe che vanno oltre l’immaginabile e il razionale. C’è forte un’impronta di magia in quelle mappe, si percepisce che nascoste in quelle vi siano mondi fantastici e ignoti.

Non c’erano più leoni. C’erano stati, un tempo. Talvolta, nel barbaglio del sole cocente sulle pianure, il guizzo della loro corsa balenava ancora nel vento arido – fulvo, grande, un attimo e via. Talvolta la luna color miele rabbrividiva al silenzio in un ruggito fantasma su un alito di brezza.

Inizia così La ricerca del leone. Non sappiamo ancora cosa c’entrino i leoni scomparsi, ma essi ricompariranno presto con insistenza.

Padre e figlio osservano una mappa.

«Parla. Dimmi una sola cosa che questa mappa non ti mostri come trovarla.»
Boaz-Jachin tornò a girare lo sguardo per il negozio. Guardò il fermaporte di ferro. Era fatto a forma di leone accovacciato. Guardò suo padre con un mezzo sorriso. «Un leone?» disse.

Poco dopo il padre abbandona la casa lasciando un breve messaggio.

Sono andato a cercare un leone.

Questo è solo l’inizio, col quale il lettore viene spiazzato dalla figura ectoplasmatica del leone che rimbalza tra le pagine. La storia procede poi in parallelo tra la vicenda del padre e quella del figlio e il libro assume la forma di dialogo metaforico a distanza tra i due. Le metafore si inseguono sul rapporto tra padri e figli, sull’esistenza in un mondo ignoto, alla ricerca di chimerici territori dell’anima, dilaniati da terrori personali, mostri implacabili nascosti nel petto.

È il personaggio del padre, Jachin-Boaz quello che domina la storia. Il colpevole, il fuggiasco, l’adultero. L’uomo aggredito dal leone. Torna il leone e si impone. È illusorio, i leoni sono estinti. È reale, l’uomo viene squarciato. Non sappiamo cosa pensare, cercando di trovare un ordine ci confondiamo nelle spire di Hoban e nei profumi d’esotismo. La storia è surreale. Certamente, ma non è solo surrealismo. Hoban a suo modo mescola surreale con reale per creare una storia unica nel suo genere che affascina e lascia interdetti.

La ricerca del leone è un libro che si scava una sua nicchia personale e da quella sfavilla di luce ambigua, davanti alla quale chi si ferma non riesce a trovare un punto d’osservazione saldo, ma continuamente si sposta, ogni volta intuendo percorsi nuovi in una storia multiforme.

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Questa voce è stata pubblicata il 8 aprile 2017 da in Adelphi, Autori, Editori, Hoban, Russell con tag , , , .

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