«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
ELOGIO DELL’OCCIDENTE
Franco La Cecla
Elèuthera 2016
Oggi il vittimismo sembra spesso il diritto a incarnare minoranze, etnie, lingue oppresse, appartenenze, generi e sessi di vario tipo che sarebbero emarginati ma a cui basta l’esercizio del vittimismo stesso. È diventata una pratica talmente diffusa che chiunque può trasformare la propria identità in una «comunità oppressa». L’Occidente, l’Europa, il Capitalismo, la Globalizzazione consentono a chiunque il diritto di esserne vittima. A scapito di analisi più dettagliate, di denunce di veri responsabili e di complicità inconfessate. A rileggere oggi Ivan Illich ci si stupisce di quanto tagliente fosse la sua analisi delle professioni debilitanti, delle istituzioni invalidanti, dei servizi e delle erogazioni atte a creare dipendenze. E proprio perché le sue non erano analisi «generali», ma dettagliate, che scoprivano la nostra complicità nel concreto, nelle dipendenze che ci scegliamo giorno per giorno. Per sentirsi vittima occorre invece restare «sulle generali», adoperando slogan e locandine come bandiere.
Franco La Cecla è antropologo e siciliano, ma oltre a questo è una voce della sinistra (sì, esiste ancora una coscienza di sinistra in Italia, non rappresentata politicamente da nessuno) e in tale forma scrive questo pamphlet composto di molti brevi capitoli, come tante riflessioni messe in fila, che per quanto possano essere più o meno condivisibili singolarmente, nel loro insieme hanno un merito ben sintetizzato dal titolo che-non-gira-attorno-alla-faccenda: l’Occidente, Europa e America, avranno anche molte colpe per lo stato del mondo, ma ha avuto, e tuttora conserva, molti meriti, il primo dei quali è una resistenza al male che le società generano.
Può sembrare banale come osservazione, ma così non è purtroppo, in questi anni di crescente anti-occidentalismo cresciuto proprio nella sinistra europea, vittimismo, ripetizione di discorsi inutili sulla decadenza dell’Occidente ed elucubrazioni riguardo al tanto-peggio-tanto-meglio in nome di una presunta irredimibilità della nostra società. Non è banale il discorso di La Cecla perché rappresenta un’eccezione tra le voci della sinistra incapaci di elaborare un discorso sulla storia, la società e i valori occidentali che vada oltre le micragnose rivendicazioni dei discorsi della destra, perennemente incentrati su nazionalismi, radici religiose e razzismi. La Cecla cerca di farlo, i risultati ognuno li può giudicare, ma a me preme sottolineare il gesto, la presa di posizione, lo smarcarsi da una forma di retorica autolesionista che pervade giornali, discorsi pubblici, commenti, sia nella sfera culturale che politica. La sinistra è diventata un piagnisteo rancoroso e l’assenza di prospettiva, un intreccio di discorsi che cercano di autosostenersi e riciclarsi, incapacità di rompere con slogan vecchi di decenni e ripensare visioni e strategie in un contesto nel quale i cambiamenti sono stati profondi. E soprattutto, la paura a proporre un elogio dell’Occidente. La Cecla lo fa apertamente, questo è il merito che gli riconosco.
Tra i tanti capitoletti che compongono il libro, ben trentacinque, talvolta il discorso si fa fumoso, in alcuni sembra riprendere conversazioni precedenti senza che il contesto risulti chiaro, o anche qualche volta si concede al vecchio vizio dei tecnicismi accademici. Per questo e altro è criticabile, ma a me qui interessa la visione d’insieme e il richiamo ai principi libertari e alla tradizione dell’anarchismo fine ottocentesco che tanto ha ancora da insegnare.
Bisogna difendere questa storia e questa geografia che sono antropologicamente molto occidentali, insieme al patrimonio di resistenza e di vita e di futuro che l’Occidente rappresenta. Senza l’Occidente la stessa idea di libertà sarebbe molto più dubbia e incerta, come la storia attuale ci racconta.
Così La Cecla conclude l’introduzione al testo, indicando la prospettiva e rivendicando un principio.
Io sono d’accordo con il principio che informa il discorso di La Cecla, quello che è mancato in questi anni confusi è una difesa dell’Occidente alternativa ai localismi, fascismi di ritorno, fondamentalismi cristiani e tutte le semplificazioni violente che monopolizzano il discorso pubblico. La storia, la società e i principi che l’Occidente ha incarnato meritano di essere elogiati a dispetto dei vittimismi e delle strumentalizzazioni e contro ogni rivendicazione illiberale, qualunque sia la motivazione, politica o religione, da qualunque luogo esse provengano.
Ne L’elogio dell’Occidente La Cecla attraversa veloce i quartieri dell’Occidente europeo confuso di fronte a fenomeni globali, ma ancora aggrappato a vecchi strumenti interpretativi. Poi volge lo sguardo verso angoli remoti dai quali osservare l’Occidente: Tunisia, Russia, Georgia, Cina, India sono tra i non-occidenti che molto hanno da dire sul vittimismo occidentale.
Naturalmente parla di emigrazione e di mondo arabo. Da Tunisi, dice una cosa che, di nuovo, io condivido, e che la retorica di molta sinistra non sembra avere capito oppure ha mal calcolato.
La speranza è che il mondo arabo si batta per salvare l’Occidente dentro di sé, ma non certo quello politico e falsamente imperialista. E che capisca di avere al proprio interno un nemico a cui si vende in alternativa all’Occidente, quel Qatar e quell’Arabia Saudita che qui impongono con il denaro la propria visione dell’islam, «come se fosse una moda». Ogni volta che incrocio una donna velata «alla maniera saudita» penso che non sta mostrando la sua fede, ma la fede nella ricchezza degli Emirati, una versione corretta della fede nel dollaro o nell’euro.
Un pamphlet utile molto più della maggioranza dei discorsi retorici o propagandistici che si sentono di solito.
Consiglio anche la lettura di Paul Valery sull’Europa ( l’Occidente è inscindibile da essa ) . Mi pare che sia tra i più lucidi intellettuali che già ne vedeva le sorti tra le due guerre.
Grazie del suggerimento, me lo segno