«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
SCRITTORI
Antoine Volodine
Traduzione di Didier Contadini e Federica Di Lella
2013 Clichy
Leggere Volodine è un banco di prova. Me ne sto convincendo. Non so esattamente di cosa, ma è un banco di prova, uno strumento per testare la propria resistenza o la propria inconsistenza o quanto buio si riesce a fare dentro la propria testa. Volodine è per notturni, pipistrelli, gente con una immaginazione ipertrofica priva dell’ordine frattale, anzi con una immaginazione fatta come escrescenze purulente, violacee, un po’ schifose. Volodine è scrittore di culto, ma culto negromantico. Credo, e anche di questo me ne sto convincendo, che Volodine sia anche uno dei rari scrittori che rispondono all’arte del narrare definita da Milan Kundera, anzi forse la superano in direzioni e modi che Kundera non aveva ben ponderato. Krasznahorkai è un altro e infatti hanno tratti comuni lui e Volodine, non solo quello di essere scrittori favolosi e oscuri, creature che risuonano delle voci cupe dell’est Europa, se non già della morte bianca di Russia.
Per queste ragioni e altre che non ho la coerenza per esplicitare, mi sto convincendo che Volodine va letto con ostinazione, perché altro modo non c’è. Ostinati bisogna prenderlo e avanzare nel suo immaginario derelitto e folleggiante. Marcia solitaria, faticosa, richiede pause frequenti, sospensioni, rimuginamenti. Riporlo e lasciarlo maturare, macerare, depositare, ammuffire. Poi ricominciare, con ostinazione.
Volodine è inconcepibile secondo i canoni moderni mercantilistici dell’editoria. È narrativa per fissati, per maniaci, per gente intrisa di snobismo e misoginia. Angeli minori è stato un grande affresco narciso e post-umano, Scrittori è un incubo insonne di scritture-mostro. Il Volodine di Angeli minori era immaginifico e barocco, quello di Scrittori è scarnificante e gotico. In entrambi i casi è inutile farlo passare per quel che non è, zuccherarlo, addolcirlo, banalizzarlo, tentare di renderlo gradevole a un buon numero di palati. Non è gradevole per molti palati, così è e così sempre sarà.
La sua è una concezione della scrittura come arte figurativa, fatta di immagini, ritratti, visioni, incubi, paure, manipolazioni della geometria e della prospettiva. Manipolazione di concetti assoluti come la morte, la vita, l’anima, la natura umana, che nelle mani di Volodine diventano colori da spalmare più che stendere, a manate, con getti, a strati. Perdono di senso, acquistano dimensione d’arte. L’uomo è anche un ibrido culturale, sulla radice russa si è innestata la cultura francese, il risultato è polimorfico e abnorme, voci grevi dalla grande pancia russa intarsiate di cinismo francese, un culto per l’estetismo occidentale accavallato al richiamo dell’epica slava.
Scrittori è fatto di racconti che formano episodi di un’unica visione d’arte, gli scrittori personaggi di Scrittori sono già morti quando scrivono oppure sono analfabeti o pazzi, in ogni caso degli scarti umani con i quali Volodine esercita il gioco dell’ironia con la messinscena di una corale di reietti. Post-esotico, post-estetico, post-punk, il mondo di Volodine è in ogni caso successivo alla disfatta di un’epoca di promesse mancate, vive di residui o di assenza.
Lui stesso, Volodine, è un post-narratore e vive di residui o di assenza. Un grande, uno dei pochi, che piacerà a pochi malsani, ma un modello al quale tendere ostinatamente.
Tiene lunghi discorsi sussurrati, che fanno parte del romanzo, ma che a volte preferisce omettere dall’opera e che quindi non riprende quando ricomincia a recitare daccapo l’ampia narrazione che ha intrapreso. In realtà spesso ha dei dubbi su che cosa debba o non debba dire. Si confida con i fucilati, gli dedica il tempo che sarebbe destinato alla scrittura, li tranquillizza e gli esprime tutto il suo affetto, ma certe notti si avventura nell’esame dei loro fascicoli e i interroga, gli chiede se, in fin dei conti, non erano anche loro attivi oppositori della società che stavamo costruendo, che stavamo provando a costruire, alla cui costruzione ci sacrificavamo giorno e notte.
snobismo, follegggiante, polimorfico, abnorme, banco di prova…mi hai convinto e se ce l’ho fatta con Pynchon ce la farò anche con Volodine, infatti ho iniziato con Angeli minori.
Ho amato Scrittori, mentre – pur avendolo terminato – mi sono fatta scivolare addosso Angeli minori, come se non lo avessi letto…
Credo che mi ostinerò con l’ultimo romanzo edito da Clichy, magari l’ambientazione portoghese potrebbe mettermi a mio agio.
Ho apprezzato Angeli minori ma ho mollato dopo duecento pagine Terminus radioso, non ne potevo più. La copertina però è bellissima, magari ci riprovo con questo, le sue atmosfere mi sono congeniali ma il tomo l’ho trovato pesantissimo.
Terminus Radioso ce l’ho in attesa nella pila dal giorno che è arrivato in libreria. Lo so, servirà dotarsi di molta ostinazione.
Cavoli, stavo giusto per acquistare Terminus radioso ma mi sono fermato dopo questo commento. Barboso? Noiso? Difficile? Perché lo hai abbandonato?